Nel giudizio avente ad oggetto la demolizione di un fabbricato non conforme alla disciplina antisismica, l’onere di provare l’esistenza di soluzioni tecniche idonee a mettere in sicurezza il fabbricato stesso, senza necessità di demolirlo, grava sul relativo proprietario, che resista alla domanda di demolizione. (Cassazione civile sez. II, 09/01/2017 n. 198)
Il dirigente competente alla stipulazione di apposita convenzione esecutiva di un piano di utilizzazione aziendale, allorchè nutra perplessità sulla legittimità complessiva della operazione urbanistico -edilizia, ben può svolgere una propria verifica tecnico -amministrativo in ordine all’oggetto del piano e dello schema di convenzione, anche con riferimento alle autorizzazioni ed ai titoli edilizi successivamente da emanarsi (in particolare, nella specie, la delibera del Consiglio comunale, nel ‘delegare’ al dirigente la stipula della convenzione, subordinava il rilascio del permesso di costruire ad essa inerente alla acquisizione di tutte le autorizzazioni). (Consiglio di Stato sez. IV, 03/01/2017, n. 4)
L’ordine di demolizione conseguente all’accertamento della natura abusiva delle opere realizzate, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto: l’ordinanza va emanata senza indugio e, in quanto tale, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche, secondo un procedimento di natura vincolata tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato, che si ricollega ad un preciso presupposto di fatto, cioè l’abuso, di cui peraltro l’interessato non può non essere a conoscenza, rientrando direttamente nella sua sfera di controllo. (T.A.R. Lecce sez. III, 30/12/2016,n. 2024)
Nell’ordinamento vigente, per quanto attiene alle distanze fra costruzioni o di queste con i confini, vige il regime della c.d. doppia tutela per cui il soggetto, che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia, è titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla riduzione in pristino nei confronti dell’autore dell’attività edilizia illecita (con competenza del giudice ordinario) e, dall’altra, dell’interesse legittimo alla rimozione del provvedimento invalido dell’Amministrazione, quando tale attività sia stata autorizzata, consentita e permessa (con competenza del giudice amministrativo). (T.A.R. Lecce sez. III, 30/12/2016, n. 2022)
Costituisce costruzione, agli effetti della disciplina del codice civile sulle distanze legali, ogni manufatto che, per struttura e destinazione, ha carattere di stabilità e permanenza. (T.A.R. Lecce sez. III, 30/12/2016, n. 2022)
Quando si tratta di opere abusivamente concluse da tempo, non vi è necessità che l’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi venga preceduta da un’ordinanza di sospensione delle attività edilizie. (T.A.R. Lecce sez. III, 30/12/2016, n. 2011)
La dichiarazione sostitutiva di notorietà dell’intervenuta ultimazione delle opere edilizie entro la data di scadenza non ha alcuna valenza privilegiata atteso che, ai fini della loro condonabilità, la stessa rappresenta solo un principio di prova potenzialmente idoneo e sufficiente a dimostrare la data di ultimazione delle opere e non preclude all’Amministrazione pubblica, in sede di esame della stessa, la possibilità di raccogliere nel corso del procedimento elementi a contrario e pervenire a risultanze diverse, senza che ciò faccia ricadere su quest’ultima l’onere di fornire la prova dell’ultimazione dei lavori in data successiva a quella dichiarata dall’interessato; prova sulla realizzazione delle opere abusive entro la data fissata, che grava sul richiedente la sanatoria, che può avvalersi – se non vi è contestazione – della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ma a fronte di elementi di prova a disposizione dell’Amministrazione che attestino il contrario, il responsabile dell’abuso è gravato dall’onere di provare, attraverso elementi certi, quali fotografie aeree, fatture, sopralluoghi e così via, l’effettiva realizzazione dei lavori entro il termine previsto dalla legge per poter usufruire del beneficio, non potendo limitarsi a contestare i dati in possesso dell’Amministrazione senza fornire alcun elemento di prova a corredo della propria tesi, in quanto l’Amministrazione, in assenza di elementi di prova contrari, non può che respingere la domanda di sanatoria. (T.A.R. Lecce sez. III, 30/12/2016, n. 2010)
L’esistenza di una precedente diversa previsione urbanistica non comporta per l’Amministrazione la necessità di fornire particolari spiegazioni sulle ragioni delle differenti scelte operate, anche quando queste siano nettamente peggiorative per i proprietari e per le loro aspettative, dovendosi in tali altri casi dare prevalente rilievo all’interesse pubblico che le nuove scelte pianificatorie intendono perseguire; più specificamente, la mera esistenza, nella pianificazione previgente, di una destinazione urbanistica più favorevole al proprietario non è circostanza sufficiente a fondare in capo a quest’ultimo quell’aspettativa qualificata la cui sussistenza imporrebbe all’Amministrazione un obbligo di più puntuale e specifica motivazione rispetto a quella, di regola sufficiente, basata sul richiamo alle linee generali di impostazione del piano; in definitiva, le uniche evenienze, che richiedono una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali, sono date dal superamento degli standards minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, con riferimento alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree, dalla lesione dell’affidamento qualificato del privato, derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi fra il Comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di concessioni edilizie o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione e, infine, dalla modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (1). (Consiglio di Stato sez. IV, 30/12/2016, n. 5547)
Ai sensi dell’art. 16, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il rilascio della concessione edilizia si configura come fatto costitutivo dell’obbligo giuridico del concessionario di corrispondere il relativo contributo per oneri di urbanizzazione, ossia per gli oneri affrontati dall’ente locale per le opere indispensabili affinché l’area acquisti attitudine al recepimento dell’insediamento del tipo assentito e per le quali l’area acquista un beneficio economicamente rilevante, da calcolarsi secondo i parametri vigenti a tale momento; il contributo per oneri di urbanizzazione è quindi dovuto per il solo rilascio della concessione, senza che neanche rilevi, ad esclusione dell’obbligo, la già intervenuta realizzazione di opere di urbanizzazione. (Consiglio di Stato sez. IV, 30/12/2016, n. 5546)
L’adempimento spontaneo di un’obbligazione da parte del terzo ne determina l’estinzione, anche contro la volontà del creditore, ma non attribuisce automaticamente al terzo stesso un titolo per agire direttamente verso il creditore e, verso il debitore, non si configura surrogazione per volontà del creditore, né per volontà del debitore, né legale (nella specie, è stato dichiarato legittimo il diniego del Comune alla richiesta di restituzione degli oneri di urbanizzazione versati dal proprietario dell’immobile e non dall’affittuario, che aveva richiesto la concessione edilizia per lavori interni e modifica di destinazione d’uso a commerciale di un immobile che aveva già ottenuto la destinazione d’uso necessaria per l’attività di vendita). (Consiglio di Stato sez. IV, 29/12/2016, n. 5523)
In sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria, ed ai fini della tutela derivante dall’imposizione di un vincolo di cui all’art. 32, l, 28 febbraio 1985, n.47, la funzione amministrativa deve esercitarsi secondo la norma vigente al tempo in cui essa si esplica. (T.A.R. Torino sez. I, 23/11/2016, n. 1440)
Nell’ipotesi di realizzazione di un manufatto edilizio, la cui volumetria è calcolata sulla base anche di un’area asservita o accorpata, l’intera estensione interessata deve essere considerata utilizzata ai fini edificatori, con l’effetto che anche l’area asservita o accorpata non è più edificabile, anche se è oggetto di un frazionamento o di alienazione separata dall’area su cui insiste il manufatto. (Consiglio di Stato sez. IV, 22/11/2016, n. 4891)
L’ordine di demolizione degli abusi edilizi, oltre alla descrizione dell’abuso commesso ed alla sua identificazione oggettiva, non richiede nessuna specifica motivazione, essendo sufficientemente motivato con l’affermazione dell’accertata abusività del manufatto; in particolare, è sufficiente che nell’ordinanza sia rinvenibile l’individuazione della violazione commessa (interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire) e la puntuale descrizione delle opere abusive. (T.A.R. Torino sez. I, 22/11/2016, n. 1435)
In tema di società cooperativa edilizia, il trasferimento dell’immobile prevede una fattispecie a formazione progressiva, la cui prima fase, presupponente l’acquisizione dello “status” di socio da parte dell’assegnatario e la prenotazione dell’alloggio, deve qualificarsi come contratto preliminare, perché con l’individuazione del bene e del corrispettivo nasce l’obbligo per la società di prestare il proprio consenso al trasferimento, e la cui seconda fase, consistente nella successiva assegnazione dell’alloggio, si identifica con il contratto definitivo; ne consegue che, in caso di fallimento della cooperativa, è in facoltà del curatore, prima dell’assegnazione, di sciogliersi dal contratto preliminare, ai sensi dell’art. 72, comma 4, l. fall. (T.A.R. Torino sez. I, 22/11/2016, n. 1435)
Il contratto deve essere interpretato tenendo conto della sua ratio, della sua ragione pratica, in coerenza con gli interessi che le parti hanno specificatamente inteso tutelare mediante la stipulazione contrattuale, con convenzionale determinazione della regola volta a disciplinare il rapporto contrattuale (fattispecie relativa all’interpretazione del contratto di compravendita intercorso tra le parti, con particolare riferimento alla clausola con cui stabilivano l’alienazione dell’immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava). (Cassazione civile sez. III, 22/11/2016, n. 23701)
L’art. 28 comma 8, d.l. 6 luglio 2011 n.98, recante razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti, nella parte in cui dispone che al fine di incrementare la concorrenzialità, l’efficienza del mercato e la qualità dei servizi nel settore degli impianti di distribuzione dei carburanti, è sempre ammesso in tali impianti l’esercizio della rivendita di tabacchi, a condizione che la disciplina urbanistico-edilizia del luogo consenta all’interno di tali impianti la costruzione o il mantenimento di locali chiusi, diversi da quelli al servizio della distribuzione di carburanti, con una superficie utile minima non inferiore a 30 mq, non ha inteso sancire che nel settore degli impianti di distribuzione dei carburanti deve essere sempre consentita l’installazione di una “rivendita speciale”, ma solo che ivi deve sempre essere consentito lo spaccio, la vendita, di tabacchi, eventualmente a mezzo di rilascio di patentino. (T.A.R. Lecce sez. III, 18/11/2016, n. 1781)
Le valutazioni della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici circa la compatibilità di un traliccio metallico per telecomunicazioni con l’ambiente circostante risultano connotate da ampia discrezionalità a maggior ragione ove l’interessato abbia realizzato l’opera in assenza del necessario titolo autorizzativo e si sia attivato solo in un secondo tempo per l’ottenimento dell’autorizzazione ex artt. 167 e 181, d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42. (T.A.R. Lecce sez. I, 18/11/2016, n. 1751)
E’ legittimo il permesso di costruire per la ristrutturazione edilizia di un edificio residenziale crollato per esplosione dovuta a fuga di gas nel caso in cui il nuovo edificio progettato sia sostanzialmente coincidente, quanto a volume e sagoma, con quello crollato, senza che possa assumere rilevanza che il titolo edificatorio sia stato rilasciato a distanza di anni dal crollo dell’immobile e che sia stata realizzata una modesta traslazione lineare dell’edificio ricostruito, essendo queste circostanze non idonee e insufficienti ad impedire che la ricostruzione dell’edificio possa essere qualificata come ristrutturazione edilizia. (T.A.R. Torino sez. II, 15/11/2016, n. 1410)
Nel processo amministrativo l’impugnazione dei titoli edilizi è consentita in capo a chiunque si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona interessata dalla costruzione assentita, a prescindere da ogni indagine sulla sussistenza e dalla dimostrazione di uno specifico interesse e/o di un concreto pregiudizio, essendo sufficiente la vicinitas quale elemento che distingue la posizione giuridica di un soggetto da quella della generalità dei consociati. (T.A.R. Torino sez. II, 15/11/2016, n. 1407)
E’ legittima la realizzazione di un struttura in legno ad uso pergolato se, nonostante le dimensioni non irrilevanti, la struttura è aperta su più lati e con una copertura in gran parte assicurata da tende amovibili, non costituendo quindi un volume urbanistico e non potendo essere, pertanto, considerata alla stregua di una veranda. (Consiglio di Stato sez. VI, 15/11/2016, n. 4711)
Per gli effetti di cui all’art. 2935 c.c. il termine di prescrizione del diritto dell’acquirente al risarcimento del danno derivante dall’illegittimità edilizia dell’immobile oggetto di vendita, decorre non dalla data in cui si verifica l’effetto traslativo ma dalla manifestazione oggettiva del danno, perché solo da tale momento il danneggiato può conoscerne l’esistenza e le cause. (Cassazione civile sez. II, 15/11/2016, n. 23236)
Lo svolgimento e la conclusione del procedimento amministrativo per il trasferimento in proprietà agli assegnatari di alloggi di edilizia economica e popolare già assegnati in locazione semplice, non determinano l’acquisizione della proprietà dell’alloggio fino alla formale stipulazione del contratto di compravendita. (Cassazione civile sez. III, 15/11/2016, n. 23218)
Non è ravvisabile un fatto illecito, dal quale sia derivato un danno ingiusto risarcibile, nella condotta di un comune che abbia rilasciato concessioni edilizie illegittime e, perciò, disapplicate, sulla base di norme tecniche di attuazione del P.R.G. anch’esse illegittime, siccome adottate in contrasto con l’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 in materia di distanze, non essendo configurabile un interesse pretensivo allo svolgimento di attività edilizia oggettivamente non consentita,né meritando tutela l’interesse al bene della vita correlato alle spese ed agli investimenti sostenuti in conseguenza dell’affidamento riposto nelle illegittime concessioni edilizie conseguite. (Cassazione civile sez. II, 14/11/2016, n. 23136)
Nel Comune l’atto di approvazione del bilancio di previsione si atteggia quale atto necessariamente presupposto rispetto ad un provvedimento che abbia ratificato una variazione al documento finanziario. (T.A.R. Lecce sez. II, 14/11/2016, n. 1711)
L’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività vincolata della Pubblica amministrazione e, pertanto, i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, non devono essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto, trattandosi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche, secondo un procedimento di natura vincolata tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato, che si ricollega ad un preciso presupposto di fatto, cioè l’abuso. (T.A.R. Lecce sez. III, 11/11/2016, n. 1708)
L’ordinanza di demolizione di una costruzione abusiva può legittimamente essere emanata nei confronti del proprietario attuale, anche se non responsabile dell’abuso, in considerazione del fatto che l’abuso edilizio costituisce un illecito permanente e che l’adozione dell’ordinanza, di carattere ripristinatorio, non richiede l’accertamento del dolo o della colpa del soggetto interessato. (T.A.R. Lecce sez. III, 11/11/2016, n. 1708)
L’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività vincolata della Pubblica amministrazione e, pertanto, i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, non devono essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto, trattandosi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche, secondo un procedimento di natura vincolata tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato, che si ricollega ad un preciso presupposto di fatto, cioè l’abuso. (T.A.R. Lecce sez. III, 11/11/2016, n. 1708)
Sul proprietario incolpevole dell’abuso edilizio incombe il preciso dovere di agire, per quanto in suo potere, al fine di eliminare le opere illecitamente realizzate, a far data dal momento in cui ne sia venuto a conoscenza. (T.A.R. Ancona sez. I, 11/11/2016, n. 634)
Il proprietario incolpevole di abuso edilizio commesso da altri, che voglia sfuggire all’effetto sanzionatorio di cui all’art. 31, t.u. dell’edilizia della demolizione o dell’acquisizione come effetto della inottemperanza all’ordine di demolizione, deve provare di aver intrapreso iniziative che, oltre a rendere palese la sua estraneità all’abuso, siano però anche idonee a costringere il responsabile dell’attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’Autorità amministrativa; perché vi siano misure concretanti le azioni idonee ad escludere l’esclusione di responsabilità o la partecipazione all’abuso effettuato da terzi, prescindendo dall’effettivo riacquisto della materiale disponibilità del bene, è necessario un comportamento attivo, da estrinsecarsi in diffide o in altre iniziative di carattere ultimativo nei confronti del conduttore al fine di evitare l’applicazione di una norma che, in caso di omessa demolizione dell’abuso, prevede che l’opera abusivamente costruita e la relativa area di sedime siano, di diritto, acquisite gratuitamente al patrimonio del Comune, non bastando invece a tal fine un comportamento meramente passivo di adesione alle iniziative comunali. (T.A.R. Lecce sez. III, 4/11/2016, n. 1653)
Il proprietario incolpevole di abuso edilizio commesso da altri, che voglia sfuggire all’effetto sanzionatorio di cui all’art. 31, t.u. dell’edilizia della demolizione o dell’acquisizione come effetto della inottemperanza all’ordine di demolizione, deve provare di aver intrapreso iniziative che, oltre a rendere palese la sua estraneità all’abuso, siano però anche idonee a costringere il responsabile dell’attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’Autorità amministrativa; perché vi siano misure concretanti le azioni idonee ad escludere l’esclusione di responsabilità o la partecipazione all’abuso effettuato da terzi, prescindendo dall’effettivo riacquisto della materiale disponibilità del bene, è necessario un comportamento attivo, da estrinsecarsi in diffide o in altre iniziative di carattere ultimativo nei confronti del conduttore al fine di evitare l’applicazione di una norma che, in caso di omessa demolizione dell’abuso, prevede che l’opera abusivamente costruita e la relativa area di sedime siano, di diritto, acquisite gratuitamente al patrimonio del Comune, non bastando invece a tal fine un comportamento meramente passivo di adesione alle iniziative comunali. (T.A.R. Lecce sez. III, 04/11/2016, n. 1653)
L’art. 49, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e l’art. 88, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, in relazione all’art. 47, par. 2 della Direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a un’interpretazione tale da configurare la nullità del contratto di avvalimento in ipotesi in cui una parte dell’oggetto del contratto di avvalimento, pur non essendo puntualmente determinata fosse tuttavia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento, e ciò anche in applicazione degli artt. 1346, 1363 e 1367 cod. civ.; in siffatte ipotesi, neppure sussistono i presupposti per fare applicazione della teorica c.d. del ‘requisito della forma/contenuto’, non venendo in rilievo l’esigenza (tipica dell’enucleazione di tale figura) di assicurare una particolare tutela al contraente debole attraverso l’individuazione di una specifica forma di ‘nullità di protezione’. (Consiglio di Stato ad. plen., 04/11/2016, n. 23)
Nelle gare pubbliche il subappalto è un istituto che attiene alla fase di esecuzione dell’appalto e che rileva, nella gara, solo negli stretti limiti della necessaria indicazione delle lavorazioni che ne formeranno oggetto; di conseguenza il suo mancato funzionamento, per qualsiasi ragione, dev’essere trattato alla stregua di un inadempimento contrattuale, e anche l’indicazione nominativa del subappaltatore, desumibile già in sede di offerta, non può avere l’effetto di vincolare il concorrente alla scelta di quell’impresa come subappaltatrice, impedendogli di indicare una diversa impresa al momento opportuno. (Consiglio di Stato sez. III, 03/11/2016, n. 4617)
In sede di offerta non è necessaria l’indicazione nominativa dell’impresa subappaltatrice, qualora la concorrente sia sprovvista del requisito di qualificazione per alcune categorie scorporabili e abbia manifestato l’intenzione di subappaltare le relative lavorazioni. (Consiglio di Stato sez. III, 03/11/2016, n. 4617)
Nelle gare pubbliche, dell’adeguamento tecnologico dell’offerta, inteso come obbligo di fornire prodotti non obsoleti ma aggiornati, ci si deve far carico al momento di definire il contenuto della prestazione, ma in coerenza con i principi di trasparenza e leale cooperazione ciò può avvenire anche prima dell’aggiudicazione per scongiurare il rischio di contenziosi in fase esecutiva. (Consiglio di Stato sez. III, 03/11/2016, n. 4613)
Il titolo edilizio può essere rilasciato non solo al soggetto che è proprietario dell’immobile ma anche a colui che, pur non essendo tale, abbia comunque un titolo a richiederlo trovandosi in una posizione che non faccia considerare illecita la sua attività costruttiva e, quindi, anche in una situazione di locazione va riconosciuta la legittimazione ad ottenere provvedimenti amministrativi ampliativi finalizzato alla realizzazione di opere indispensabili a rendere l’immobile idoneo allo scopo per il quale gli è stato concesso in locazione. (T.A.R. Lecce sez. I, 03/11/2016, n. 1642)
Non è illegittima l’approvazione di un progetto da sottoporre a VIA qualora sia ancora possibile la successiva sottoposizione di esso alla verifica di assoggettabilità a VIA, che quindi andrà ad incidere sul progetto esecutivo, poiché in questo modo vengono rispettate sia le esigenze acceleratorie del procedimento di approvazione, già insite nella scelta di procedere attraverso la conferenza dei servizi, sia quelle di tutelare le prerogative delle autorità preposte alla tutela dell’ambiente; pertanto, ove la suddetta verifica si rendesse necessaria in ragione della tipologia progettuale, è ancora possibile, nonostante l’avvenuta approvazione del progetto definitivo dell’opera, il completo adeguamento di esso alle ragioni dell’autorità preposta alla tutela ambientale che intervenga nelle successive fasi, purché, in ogni caso, ciò avvenga prima dell’approvazione del progetto esecutivo. (T.A.R. Ancona sez. I, 03/11/2016, n. 614)
Ai sensi dell’art. 33, l. 28 febbraio 1985, n. 47, è espressamente esclusa la possibilità di sanatoria per le opere realizzate in violazione di vincoli di inedificabilità imposti, prima dell’esecuzione delle opere, da leggi statali e ragionali a tutela di interessi paesistici e ambientali ovvero a difesa della coste marine. (T.A.R. Lecce sez. I, 31/10/2016, n. 1628)
L’applicazione della misura ripristinatoria a fronte di opere edilizie abusive è atto dovuto, non potendo il semplice trascorrere del tempo giustificare il legittimo affidamento del contravventore, poiché il potere di ripristino dello status quo non è soggetto ad alcun termine di prescrizione, né è tacitamente rinunciabile. (T.A.R. Ancona sez. I, 31/10/2016, n. 605)
Il presupposto espressamente richiesto dall’art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 per potersi conseguire il permesso di costruire in sanatoria per opere realizzate senza il previo rilascio del necessario titolo edilizio, è che l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda. Corollario di tanto è che il permesso di costruire in sanatoria non può contenere alcuna prescrizione, poiché altrimenti, in contrasto con l’art. 36 citato, postulerebbe non già la “doppia conformità” delle opere abusive richiesta dalla disposizione in parola, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all’esecuzione delle prescrizioni e, quindi, non esistente né al momento della realizzazione delle opere, né al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, bensì eventualmente solo alla data futura e incerta in cui il ricorrente abbia ottemperato a tali prescrizioni. Ulteriore ed ovvia conseguenza del descritto quadro giuridico è, altresì, l’inapplicabilità della normativa posta dall’art. 15, d.P.R. n. 380 del 2001 in tema di termini per l’inizio e il completamento dei lavori assentiti con permesso di costruire, nonché delle conseguenze del loro mancato rispetto (proprio perché, per definizione, non può esservi alcun lavoro ulteriore da farsi). (T.A.R. Napoli sez. VIII, 28/10/2016, n. 5010)
Nell’edilizia l’approvazione di lavori aggiuntivi in variante involge pur sempre aspetti inerenti l’affidamento di lavori pubblici, nella forma di atti di sottomissione ovvero di contratti accessori al contratto di appalto, con conseguente attrazione nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133 comma 1, lett. e), c.p.a. (T.A.R. Perugia sez. I, 28/10/2016, n. 677)
Ai sensi degli artt. 63 comma 1 e 64 comma 1 c.p.a. spetta al ricorrente l’onere della prova in relazione a circostanze che rientrano nella sua piena disponibilità e la prova circa il tempo di ultimazione delle opere edilizie deve essere posta sul privato, dato che solo l’interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto. (T.A.R. Campobasso sez. I, 28/10/2016, n. 442)
Non possono sussistere dubbi sulla presenza dell’interesse a ricorrere quando parte ricorrente vuole fare valere la violazione delle distanze tra la sua proprietà e quella dei controinteressati, atteso che in materia di titoli edilizi la c.d. vicinitas è di per sé sufficiente al fine di configurare l’interesse al ricorso, così come previsto dall’art. 100, c.p.c. (T.A.R. Ancona sez. I, 28/10/2016, n. 597)
L’interesse all’accoglimento del ricorso proposto avverso l’ordine di demolizione di un fabbricato abusivo permane anche nel caso di presentazione della domanda di sanatoria. (T.A.R. Ancona sez. I, 28/10/2016, n. 596)
Il programma di fabbricazione ha natura di atto normativo regolatore a carattere generale, integrativo del regolamento edilizio a decorrere dalla sua pubblicazione mediante affissione nell’albo pretorio, e, fino all’approvazione del piano regolatore generale, rappresenta lo strumento tipico e normale di sistemazione urbanistica e del territorio, sicchè i vincoli imposti dallo stesso perimetrano il piano di lottizzazione che, ove se ne discosti, risulta adottato in deroga del primo, senza il rispetto delle modalità di approvazione cui quest’ultimo soggiace. (Cassazione civile sez. II, 27/10/2016, n. 21755)
Lo strumento dell’emendamento è tipicamente utilizzato per la proposizione di modifiche allo schema di strumento urbanistico (Piano o sua variante) nel corso della seduta di adozione e/o approvazione consigliare del medesimo. Il ricorso allo stesso, dunque, risulta illegittimo solo nel caso in cui le modalità della sua proposizione siano tali da non consentire una piena e consapevole partecipazione alla votazione dei consiglieri, mediante puntuale descrizione della modifica proposta o allegazione, laddove necessario, di documentazione cartografica atta a garantire la comprensibilità della proposta. (T.A.R. Brescia sez. I, 27/10/2016, n. 1403)
Nelle procedure delle gare di appalto l’istituto del soccorso istruttorio non può essere utilizzato per supplire a carenze dell’offerta, sicché non può essere consentita al concorrente la possibilità di completare l’offerta successivamente al termine finale stabilito dal bando. (T.A.R. Firenze sez. III, 25/10/2016, n. 1541)
Nelle gare pubbliche la stazione appaltante, in attuazione dei principi di tempestività ed efficacia contemplati dall’art. 2 comma 1, d.lg. 12 aprile 2006, n. 163, può anche prestabilire nella lex specialis di gara un termine perentorio per la presentazione dei documenti, necessari alla stipula del contratto, la cui violazione viene sanzionata con la decadenza dall’aggiudicazione e l’escussione della cauzione provvisoria, quando tale clausola risulta finalizzata all’interesse sostanziale della stazione appaltante di procedere celermente alla conclusione del lungo e complesso procedimento di evidenza pubblica mediante la stipula del contratto. (T.A.R. Potenza sez. I, 29/10/2016, n. 967)
Le ragioni di convenienza poste alla base della decisione di non trasformare l’aggiudicazione provvisoria in aggiudicazione definitiva devono essere precisate dalla stazione appaltante in modo da esplicitare l’interesse pubblico e gli elementi concreti e obiettivi giustificanti tale decisione. In difetto di siffatta motivazione, si realizzano i presupposti della responsabilità precontrattuale. (T.A.R. Firenze sez. I, 28/10/2016, n. 1556)
La partecipazione di enti pubblici, affidatari diretti di contratti di servizio pubblico e beneficiari di finanziamenti pubblici, a procedure selettive in competizione con operatori privati non è di per sé fattore distorsivo di concorrenza, salvo verificare caso per caso se il finanziamento pubblico non si sia tradotto in un aiuto di Stato che abbia consentito la formulazione di un’offerta anormalmente bassa. (T.A.R. Firenze sez. I, 28/10/2016, n. 1548)
Qualora il bando di gara non disponga l’obbligo di rendere la dichiarazione concernente i precedenti penali in capo al “procuratore speciale-amministratore di fatto” a pena di esclusione, quest’ultima può essere disposta non già per la mera omessa dichiarazione, ma soltanto laddove è effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito; tuttavia se la “lex specialis”contiene una previsione che, con un riferimento onnicomprensivo, inequivoco e di tipo sostanzialistico a “tutti” gli amministratori muniti del potere di rappresentanza, è tale da valorizzare la centralità dei poteri rappresentativi conferiti ai soggetti che abbiano poteri decisori – di diritto o di fatto –, l’esclusione può essere disposta anche per la sola omessa dichiarazione da parte del procuratore speciale. In un appalto di servizi, non può essere di ostacolo alla domanda di subentro nel contratto del ricorrente vittorioso la durata solo triennale dell’appalto se non è ancora intervenuta alcuna stipula da cui far decorrere detto termine, ma i servizi oggetto dell’appalto sono stati affidati in via d’urgenza all’aggiudicatario, pena la frustrazione dell’interesse principale al subentro nel contratto. (Consiglio di Stato sez. III, 27/10/2016, n. 4514)
Non osta all’applicazione dell’art. 122 c.p.a. la circostanza che i servizi oggetto dell’appalto siano stato affidati in via d’assoluta urgenza all’aggiudicatario in conseguenza dei disservizi della precedente gestione, posto che, diversamente ragionando, il ricorrente vittorioso vedrebbe frustrato il proprio interesse principale ad ottenere l’aggiudicazione dell’appalto e la stipula del contratto tutte le volte in cui l’Amministrazione disponga l’affidamento provvisorio in via d’urgenza, instaurando prassi illegittime contrarie ad una tutela giurisdizionale piena ed effettiva, pure riconosciuta dall’art. 124 c.p.a. al ricorrente vittorioso in via di principio, salvi i limiti e i temperamenti degli artt. 121 e 122 c.p.a. (Consiglio di Stato sez. III, 27/10/2016, n. 4514)
Gli artt. 38 comma 2-bis e 46, comma 1-ter, d.lg. 12 aprile 2006, n. 163, come introdotti dal d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito nella l. n.144 del 2014, consentono la regolarizzazione – testualmente, prescindendo dagli stati soggettivi del concorrente relativi all’imputabilità o meno dell’omissione o della irregolarità – in ogni ipotesi di “mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando e al disciplinare di gara”, sicchè è autorizzata la sanzione espulsiva quale conseguenza della sola osservanza, da parte dell’impresa concorrente, dell’obbligo di integrazione documentale. (Consiglio di Stato sez. III, 27/10/2016, n.4528)
La riduzione della clausola penale può essere chiesta anche in appello e, anzi, può essere disposta anche d’ufficio. (Cassazione civile sez. lav., 26/10/2016, n. 21646)
Per le gare d’appalto bandite anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara e non sia in contestazione che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla Stazione Appaltante nel doveroso esercizio del potere di soccorso istruttorio. (T.A.R. Roma sez. II, 25/10/2016, n. 10572)
L’accertamento della conferma di quanto dichiarato dai concorrenti, esclusivamente in forza della disposizione di cui all’art. 46 comma 1, Codice dei contratti pubblici, può comportare la concessione di una proroga al termine assegnato ai concorrenti per completare o fornire chiarimenti in ordine alla documentazione presentata. E’, quindi, onere della Stazione Appaltante valutare e contemperare gli interessi della P.A. alla perfetta e regolare esecuzione dell’appalto, con quelli del privato relativi alla partecipazione dei concorrenti alle gare, in condizioni di parità, e alla corretta verifica della documentazione rilevante per la dimostrazione del possesso dei requisiti prescritti. (T.A.R. Roma sez. II, 25/10/2016, n. 10565)
L’esclusione dell’impresa che non comprova il possesso dei requisiti di capacità economico – finanziaria e tecnico – organizzativa è prevista dalla norma generale di cui all’art. 48, d.lg. n. 163 del 2006, secondo cui, ove tale prova non sia fornita ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta, le Stazioni Appaltanti procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, all’escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorità per i provvedimenti di cui all’art. 6 comma 11. (T.A.R. Roma sez. II, 25/10/2016, n. 10565)
Il soccorso istruttorio, c.d. rinforzato, di cui all’art. 46 comma 1 ter, d.lg. n. 163 del 2006, riguarda la sola fase della verifica delle dichiarazioni relative al possesso dei requisiti per l’ammissione alla gara ma non anche la fase del controllo dei requisiti di capacità economico – finanziaria e tecnico – organizzativa, il cui possesso sia stato dichiarato nel segmento procedimentale anzidetto. In altri termini, esso attiene alla fase della verifica delle dichiarazioni relative al possesso dei requisiti generali e speciali, non anche alla fase della comprova della loro sussistenza. (T.A.R. Roma sez. II, 25/10/2016, n. 10565)
L’escussione della cauzione costituisce una conseguenza della violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente, tenuto conto che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, sottoscrivono e si impegnano ad osservare le regole della relativa procedura, delle quali hanno piena contezza. Conseguentemente, ai fini dell’applicazione della suddetta sanzione, il presupposto determinante (e quindi assorbente) è rappresentato dall’esclusione. Ciò che, quindi, è possibile censurare, dinanzi al giudice amministrativo, è la legittimità dell’esclusione non – una volta che questa sia intervenuta (e sia ritenuta legittima) – l’adozione dei conseguenti atti di incameramento della cauzione e di segnalazione, essendo questi conseguenze automatiche, previste ex lege. (T.A.R. Roma sez. II, 25/10/2016, n. 10565)
Nel caso in cui la Stazione Appaltante assegni un nuovo termine all’aggiudicatario per l’integrazione della documentazione presentata, tale termine non deve ritenersi idoneo a consentire all’impresa di procurarsi la documentazione di cui è sprovvista, ma solo a compiere quelle operazioni materiali di completamento che possono essere eseguite dal soggetto interessato in qualunque momento a semplice richiesta del soggetto aggiudicatore, posto che fin dal momento della partecipazione alla gara l’impresa conosce, attraverso la lex specialis, i documenti che le verranno richiesti in caso di verifica a campione, e quindi a maggior ragione deve già disporre della documentazione necessaria nel successivo momento dell’aggiudicazione. (T.A.R. Roma sez. II, 25/10/2016, n. 10565)
All’accertamento dell’abuso scaturisce con carattere vincolato l’ordine di demolizione, che per tale sua natura non esige né una speciale motivazione sull’interesse pubblico (che è in re ipsa ) né la comparazione con quello del privato. (Consiglio di Stato sez. VI, 24/10/2016, n. 4447)
Fra i contributi per spese di urbanizzazione e i contributi dovuti per monetizzazione di aree standard vi è una profonda diversità sul piano dei rispettivi fini, sicchè in sede di convenzione di lottizzazione non vi è alcuna giustificazione a scomputare dai primi l’importo dei secondi, trattandosi di distinti e ugualmente necessari costi che la Pubblica amministrazione deve sopportare per la sostenibilità dell’intervento. (Consiglio di Stato sez. V, 24/10/2016, n. 4417)
Nei procedimenti preordinati all’emanazione di ordinanze di demolizione di opere edili abusive non trova applicazione l’obbligo di comunicare l’avvio dell’iter procedimentale, in ragione della natura vincolata del potere repressivo esercitato, che rende di per sé inconfigurabile l’apporto partecipativo, come peraltro previsto dall’ipotesi legislativa recata dall’art. 21-octies, l. 7 agosto 1990, n. 241. (T.A.R. Potenza sez. I, 24/10/2016, n. 951)
Il Comune, prima di procedere all’annullamento del permesso di costruire, è obbligato ad esaminare la situazione dell’area interessata dalla concessione e sulla base di essa motivare circa la necessità di annullare il provvedimento di concessione edilizia. (Consiglio di Stato sez. IV, 24/10/2016, n. 4411)
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 3, 81, 117 commi 2 lett. a), e) ed l) e 3 e 119 Cost. – dell’art. 21 comma 1 lett. d), l.rg. Umbria 3 novembre 2004, n. 21 che, escludendo dal condono edilizio straordinario i nuovi edifici, salvo quanto previsto dall’art. 20 comma 1 lett. b), della medesima legge regionale, ridurrebbe l’ambito delle fattispecie passibili di sanatoria, in contrasto con i principi fondamentali posti dall’art. 32 comma 25 d.l. 30 settembre 2003, n. 269. (Consiglio di Stato sez. IV, 24/10/2016, n. 4408)
L’art. 32 comma 2, l. n. 47 del 1985 subordina il condono delle opere abusive eseguite su aree assoggettate a vincolo di rispetto stradale al parere favorevole dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo stesso. Ne discende che, ove gli abusi siano stati realizzati – come nel caso di specie – in epoca successiva all’imposizione del vincolo stradale, l’Anas legittimamente esprime parere negativo all’accoglimento dell’istanza di condono, trovandosi gli interventi all’interno della fascia di rispetto stradale ed essendo del tutto irrilevante la circostanza della scarsa visibilità degli stessi dalla strada e dell’assenza di accessi direttamente sulla sede stradale, in quanto entrambi gli interventi sono evidentemente in contrasto con le finalità del vincolo. (T.A.R. Napoli sez. VII, 21/10/2016, n. 4826)
Se la revoca per mancato inizio dell’attività aziendale, quale sanzione per l’inadempimento agli obblighi d’assegnazione del diritto di superficie, ex artt 50 e 50 bis l. prov. B. n. 13/1997, è incontestata e addirittura scaturisce da una pervicace iniziativa dell’interessata, che, sovvertendo la logica sanzionatoria dell’istituto, l’ha pretesa per se stessa, come atto dovuto da parte dell’amministrazione, con l’evidente fine di perseguire il proprio interesse di uscire senza troppi danni da un investimento ritenuto non più interessante, non può essere contestato quello che costituisce un effetto automatico della revoca medesima, ossia l’applicazione dell’ulteriore sanzione pecuniaria della decurtazione del 30% del prezzo di restituzione conseguente alla revoca, facendo valere il difetto di un elemento costitutivo, quello soggettivo della volontarietà dell’obbligato inadempiente, che interessa in realtà la revoca medesima, fortemente invocata. Così facendo, infatti, l’interessata incorre in un comportamentocontra factum propriumche sfocia nell’evidente abuso del diritto e che non merita, pertanto, positivo riscontro. (T.A.R. Bolzano sez. I, 21/10/2016, n. 293)
L’annullamento dell’aggiudicazione e la cessazione di efficacia degli eventuali contratti conclusi con l’aggiudicataria, considerata la possibilità della ricorrente, seconda classificata, di ottenere l’affidamento, costituiscono, già di per sé, modalità di risarcimento in forma specifica dei danni subiti in quanto satisfattive dell’interesse azionato, riservandosi all’Amministrazione ogni ulteriore esercizio del potere. (T.A.R. Napoli sez. V, 20/10/2016, n. 4802)
Ai sensi dell’art. 21 quinquies comma 1, l. 7 agosto 1990 n. 241, è pienamente legittima la revoca di un provvedimento di aggiudicazione definitiva di appalto pubblico motivata – come nella fattispecie – da ragioni di sopravvenienze fattuali o giuridiche. (T.A.R. Roma sez. I, 20/10/2016, n. 10465)
Il giudizio di inattendibilità dell’offerta può legittimamente investire specifiche voci di costo quando le stesse assumano, come nel caso di specie, una rilevanza tale da inficiare, di per sé, la serietà dell’offerta, tanto più nel caso in cui riguardino gli oneri di sicurezza aziendale, trattandosi di segmento dell’offerta che ha ricevuto dal legislatore una peculiare e specifica regolazione (art. 87, comma 4, d. lg. n. 163 del 2006), che implica un’autonoma rilevanza della relativa voce, a protezione delle incomprimibili esigenze pubblicistiche tutelate dal regime normativo di riferimento. (T.A.R. Napoli sez. V, 20/10/2016, n. 4804)
Il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni compiute in sede di verifica di anomalia delle offerte deve ritenersi circoscritto ai soli casi di manifesta e macroscopica erroneità e irragionevolezza, in considerazione della discrezionalità che connota dette valutazioni, come tali riservate alla Stazione Appaltante, cui compete il più ampio margine di apprezzamento dell’interesse pubblico nel caso concreto. In tale prospettiva si è anche ripetutamente affermato che il giudizio di anomalia ha natura globale e sintetica e deve risultare da un’analisi di carattere tecnico delle singole componenti di cui la proposta si compone e della relativa incidenza sull’offerta considerata nel suo insieme, al fine di valutare se l’anomalia delle dette componenti si traduca nell’inattendibilità dell’offerta complessiva stessa. (T.A.R. Napoli sez. V, 20/10/2016, n.4804)
Nelle gare pubbliche la Commissione aggiudicatrice non può in alcun modo esercitare il soccorso istruttorio a fronte di un’offerta tecnica carente, in radice, di un essenziale requisito previsto a pena di esclusione. In caso di incompletezza originaria dell’offerta tecnica, la Commissione non può operare una sorta di soccorso istruttorio implicito, stante l’inammissibilità di qualsivoglia integrazione o chiarimento. (T.A.R. Napoli sez. V, 20/10/2016, n. 4802)
L’istituto del soccorso istruttorio, previsto dall’art. 46, d.lg. n. 163 del 2006, si riferisce al completamento e chiarimento del contenuto di certificati, documenti e dichiarazioni prodotti dalle imprese concorrenti per dimostrare il possesso dei requisiti di ammissione e non è estensibile ad altri atti richiesti per la partecipazione alla gara comportanti un impegno negoziale, come l’offerta tecnica o quella economica, pena la violazione del principio della par condicio competitorum. (T.A.R. Napoli sez. V, 20/10/2016, n. 4802)
Non è mai consentito, nemmeno facendo ricorso all’istituto del soccorso istruttorio di cui all’art. 46, d.lg. n. 163 del 2006, proporre modifiche postume al contenuto dell’offerta tecnica, tali da consentire di porre sostanzialmente rimedio all’inadeguatezza dell’originaria proposta. Posto infatti che l’effettiva e concreta individuazione del prodotto offerto e delle sue caratteristiche tecniche non può che avvenire per il tramite delle schede tecniche che, in questo modo, integrano l’offerta diventandone parte integrante, è evidente che qualsiasi possibilità di integrazione delle stesse, contravvenendo alla perentorietà del termine e alla par condicio deve ritenersi inammissibile. (T.A.R. Napoli sez. V, 20/10/2016, n. 4802)
Il verbale della riunione preliminare del Nucleo di valutazione durante la quale sarebbe stata valutata la conformità alle prescrizioni di gara del prodotto offerto costituisce un atto endoprocedimentale presupposto, impugnabile solo congiuntamente all’aggiudicazione definitiva, unica direttamente lesiva nella quale è necessariamente confluito, comunque, censurato, sebbene non nominativamente individuato, quale atto concernente, unitamente agli altri, l’indebita riammissione dell’impresa controinteressata. (T.A.R. Napoli sez. V, 20/10/2016, n. 4802)
La delibera con cui il Comune, per sopravvenuti motivi d’interesse pubblico o comunque per una diversa valutazione di adeguatezza dell’accordo suggerita dai risultati conseguiti medio tempore, decide di recedere dall’accordo avente ad oggetto l’affidamento della gestione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti a un consorzio fra Comuni e riappropriarsi di una funzione amministrativa a contenuto discrezionale (quale la potestà di determinazione dei costi del servizio pubblico di asporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e delle modalità di riscossione delle relative tariffe) ha natura di atto autoritativo: trattasi di un vero e proprio provvedimento amministrativo, al cospetto del quale vi sono interessi legittimi, e non di un mero atto paritetico dinanzi al quale si scorgono diritti soggettivi; pertanto, va impugnato entro i termini decadenziali di cui agli artt. 29 e 41 c.p.a. e non è dovuto l’indennizzo per il recesso. (T.A.R. Venezia sez. III, 20/10/2016, n. 1165)
I chiarimenti di carattere immediatamente lesivo resi dalla stazione appaltante, tali da precludere la partecipazione della ricorrente alla gara, tradotti in una clausola escludente devono essere immediatamente impugnati, poiché il provvedimento di mancata ammissione alla gara rappresenta atto meramente ricognitivo della disposizione contestata. In tale prospettiva, quando la risposta recante i suddetti chiarimenti è tardivamente impugnata (unitamente all’atto di esclusione) con il ricorso originario, questo deve essere dichiarato (non inammissibile, bensì) irricevibile. (T.A.R. Venezia sez. I, 20/10/2016, n. 1161)
Il Comune non può, mediante il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia e/o urbanistica, adottare misure, le quali – nella sostanza – costituiscano una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente, il divieto generalizzato di installare stazioni radio base per telefonia cellulare in intere zone territoriali omogenee, ovvero l’introduzione di distanze fisse da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone, quali scuole, asili, case di cura e di riposo, edifici di rilevante utilità socio sanitaria, risultando, a ben vedere, tali disposizioni funzionali, non già al governo del territorio, bensì alla tutela della salute dai rischi dell’elettromagnetismo, trasformandosi esse in una illegittima misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l’art. 4 della l. n. 36/2000 riserva allo Stato. (T.A.R. Catania sez. I, 19/10/2016, n. 2585)
Il proprietario di un’area o di un fabbricato, sulla cui sfera giuridica incide dannosamente il mancato esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi relativi ad abusi edilizi da parte dell’organo preposto, è titolare di un interesse legittimo all’esercizio di detti poteri e può pretendere, se non vengono adottate le misure richieste, un provvedimento che ne spieghi le ragioni. (T.A.R. Campobasso sez. I, 19/10/2016, n. 426)
Ai sensi dell’art. 85, disp. att., c.p.p. l’esistenza di un sequestro penale su un manufatto abusivo oggetto di ingiunzione di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi non rientra tra gli impedimenti assoluti, tali da non consentire di dare esecuzione all’ingiunzione stessa; pertanto, il soggetto che intenda evitare l’effetto del provvedimento dell’acquisizione gratuita legato ope legis alla scadenza del termine per ottemperare all’ordine di demolizione, ove il manufatto sia stato sottoposto a sequestro penale, deve tenere un comportamento attivo volto ad eliminare l’abuso perpetrato o comunque a sollecitare il dissequestro all’autorità giudiziaria, allo scopo di poter provvedere direttamente alla sua eliminazione. (T.A.R. Ancona sez. I, 18/10/2016, n. 566)
E’ legittimo l’annullamento in autotutela degli atti di gara che sia adeguatamente motivato dall’esistenza di un vizio di legittimità degli stessi atti che, prescrivendo a pena di esclusione un requisito di partecipazione, ha indebitamente ristretto la partecipazione delle potenziali imprese concorrenti, in modo irragionevole e non proporzionato alle finalità perseguite, in violazione del principio comunitario di concorrenza e dei principi costituzionali di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. (Consiglio di Stato sez. III, 18/10/2016, n. 4344)
In tema di contratti per i quali la legge richiede forma scritta “ad substantiam”, la produzione in giudizio della scrittura da parte del contraente che non l’ha sottoscritta realizza un equivalente della sottoscrizione, con conseguente perfezionamento del contratto con effetti “ex nunc” e non “ex tunc”, essendo necessaria la formalizzazione delle dichiarazioni di volontà che lo creano ed a nulla rilevando a tal fine la ricorrenza di atti di esecuzione del contratto stesso da parte di chi non l’abbia ancora sottoscritto, in quanto la natura formale del contratto non ammette la sua stipula per atti concludenti. (Tribunale Ragusa, 17/10/2016, n. 1104)
L’omessa verifica del possesso dei requisiti in capo all’aggiudicataria non determina di per se l’invalidità del provvedimento conclusivo della procedura di gara,poiché non costituisce requisito di legittimità dell’aggiudicazione, ma soltanto condizione della sua efficacia al cui avveramento è subordinata la stipula del contratto. (Consiglio di Stato sez. V, 17/10/2016, n. 4272)
Nel caso di annullamento giurisdizionale del titolo edilizio, l’applicabilità della sanzione alternativa pecuniaria, prevista dall’art. 38, comma 1 del D.P.R. n. 380/2001, può riguardare solo le ipotesi di vizi formali e procedurali e non sostanziali, o quelle in cui soltanto una parte del fabbricato risulti abusiva e nel contempo sia obiettivamente verificato che la demolizione di tale parte esporrebbe a serio rischio la residua parte legittimamente assentita, dovendo altrimenti adottarsi l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi, in quanto unico atto idoneo ad arrecare una piena soddisfazione all’interesse pubblico alla rimozione delle opere in contrasto con la disciplina urbanistica. (T.A.R. Napoli sez. II, 17/10/2016, n. 4731)
In caso di zona classificata come bianca, ossia non pianificata, per intervenuta decadenza del corrispondente vincolo espropriativo (a seguito del decorso del periodo quinquennale di efficacia), l’Amministrazione comunale è tenuta, anche a prescindere dall’impulso della parte privata, ad avviare tempestivamente il procedimento finalizzato alla riqualificazione dell’area mediante una specifica ed appropriata destinazione urbanistica, con la conseguenza che un prolungato soprassedere in tal senso consente al privato di attivare i consueti rimedi avverso il silenzio. (T.A.R. Napoli sez. II, 17/10/2016, n. 4729)
L’errata o insufficiente rappresentazione di circostanze di fatto esposte dall’istante – non importa se dolosamente o colposamente – nella domanda di permesso di costruire costituisce ragione determinante e sufficiente a giustificare un provvedimento di annullamento del rilasciato titolo edilizio, in quanto ogni provvedimento amministrativo è legittimo solo se fondato sulla situazione di fatto e di diritto realmente esistente al momento della sua adozione: di conseguenza, non occorre una specifica ed espressa motivazione sull’interesse pubblico sotteso all’annullamento. (T.A.R. Napoli sez. II, 17/10/2016, n. 4737)
La L.R. Campania n. 19/2009 (cd. Piano Casa) prevede la possibilità di deroga agli strumenti urbanistici e non anche ai vincoli prescritti da piani paesaggistici, pertanto, al di là dei casi espressi di esclusione disciplinati dall’art. 3 della L.R. in questione, occorre verificare in concreto, di volta in volta, se l’intervento sia compatibile con i vincoli paesaggistici di inedificabilità relativa, potendo ammettersi il medesimo intervento laddove il vincolo paesaggistico vieti la sola nuova costruzione e non anche la ristrutturazione con aumento di volumetria. (T.A.R. Napoli sez. II, 17/10/2016, n. 4735)
Nel settore edilizio solo le opere agevolmente rimuovibili e funzionali a soddisfare una esigenza oggettivamente temporanea – destinata a cessare dopo il tempo, normalmente breve, entro cui si realizza l’interesse finale – possono ritenersi di minima entità ovvero di carattere precario e, in quanto tali, non richiedenti il previo rilascio di un titolo edilizio. (T.A.R. Ancona sez. I, 17/10/2016, n. 562)
L’art. 3, d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”) qualifica, alla lett. b), gli ” interventi di manutenzione straordinaria ” come ” le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologiche, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche della destinazione d’uso “. Il successivo articolo 6 riconduce nella “attività edilizia libera” gli interventi di manutenzione straordinaria, ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio”. Per cui, lo spostamento del servizio igienico e l’eliminazione di un precedente ambiente (avvenuto evidentemente anch’esso mediante demolizione di una preesistente tramezzatura) non interessando parti strutturali dell’edificio, ma unicamente una diversa distribuzione degli ambienti interni dell’unità abitativa mediante eliminazione e spostamenti di tramezzature (in tale ambito rientra anche lo spostamento del servizio igienico), possono certamente ricondursi alla categoria della “manutenzione straordinaria” e non anche della ristrutturazione edilizia. Pertanto, considerando che lo spostamento del servizio igienico costituisce mera opera interna, soggetta al regime edilizio della manutenzione straordinaria (nella specie l’attività edilizia libera di cui all’articolo 6, d.p.r. n. 380/2001 cit.), non è possibile sanzionare la minore altezza dello stesso rispetto al regolamento edilizio con una ingiunzione di demolizione che trova il suo fondamento provvedimentale nell’applicazione dell’art. 33, d.p.r. n. 380/2001 cit. e dell’art. 16, l. reg. Lazio n. 15/2008, i quali sanzionano non il contrasto dell’opera con la normativa urbanistica, ma unicamente il dato “formale” della realizzazione dell’opera senza il prescritto titolo abilitativo. Infatti, l’art. 33 cit. si riferisce a interventi che portino ad un organismo del tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifica della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, non bastando una mera modifica dei prospetti, ma occorrendo, quale elemento indefettibile, che il risultato dell’intervento sia la realizzazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. (Consiglio di Stato sez. VI, 14/10/2016, n. 4267)
La presentazione dell’istanza di sanatoria successivamente all’impugnazione dell’ordinanza di demolizione produce l’effetto di rendere inefficace tale provvedimento e, quindi, improcedibile l’impugnazione stessa per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che a seguito dell’istanza di sanatoria l’ordinanza di demolizione deve essere sostituita o dalla concessione in sanatoria o da un nuovo provvedimento sanzionatorio. (T.A.R. Torino sez. I, 13/10/2016, n. 1284)
Ai sensi dell’art. 5 comma 1-bis, d.l. 28 marzo 2014, n. 47, i soggetti che occupano abusivamente alloggi di edilizia residenziale pubblica non possono partecipare alle procedure di assegnazione di alloggi della medesima natura per i cinque anni successivi alla data di accertamento dell’occupazione abusiva. (Consiglio di Stato sez. V, 13/10/2016, n. 4235)
I contratti degli enti pubblici devono essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta, la quale assolve una funzione di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, permettendo d’identificare con precisione il contenuto del programma negoziale, anche ai fini della verifica della necessaria copertura finanziaria e dell’assoggettamento al controllo dell’autorità tutoria. (Cassazione civile sez. I, 13/10/2016, n. 20690)
La fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale e alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione, indirizzata all’altra parte, di fatti concernenti un rapporto già costituito, sicché, quando tale rapporto sia contestato, non può costituire valido elemento di prova ma, al più, un mero indizio. In tema di appalto di opere pubbliche, tuttavia, è esclusa anche la possibilità di riconoscere la predetta portata alle fatture trasmesse alla pubblica amministrazione, sul presupposto che, l’onere della forma scritta, imposto ad substantiam per i contratti degli enti pubblici, impedisce non solo di ritenere provata la stipulazione, in assenza dell’atto dotato del predetto requisito, ma anche di attribuire alla produzione delle fatture l’efficacia di comportamento processuale ammissivo del diritto sorto dal contratto; tale principio è applicabile anche al contratto di appalto stipulato in economia, con il sistema del cottimo fiduciario, non essendo sufficiente che da atti scritti risultino comportamenti attuativi di un accordo meramente verbale, come l’esecuzione della prestazione a opera del privato, documentata dalle fatture trasmesse all’amministrazione. (Cassazione civile sez. I, 13/10/2016, n. 20690)
Non si possono considerare gestioni in essere ai fini dei limiti quantitativi della normativa di cui al d.l. n. 40/2010, anche per ragioni di certezza giuridica, le attività di definizione dei rapporti pendenti derivanti da precedenti gestioni ormai esaurite, sì da escludersi che nel conteggio dei Comuni e delle popolazioni da considerare ai fini di legge concorrano le gestioni per le quali il termine contrattuale di affidamento del servizio risulta comunque scaduto, ancorché permangano accessori adempimenti finali a chiusura della gestione. (T.A.R. Napoli sez. VIII, 13/10/2016, n. 4707)
La decadenza di un contratto in essere per riduzione del capitale sociale non ricade nella fattispecie di cui all’art. 38, lett. f), d.lg. n. 163 del 2006, sicché l’omessa dichiarazione di detta decadenza non è causa di esclusione dalla gara d’appalto. (T.A.R. Napoli sez. VIII, 13/10/2016, n. 4707)
Ciò che rileva in sede di gara, ai fini dell’attribuzione del punteggio corrispondente, è l’avvenuta valorizzazione dell’elemento impatto ambientale e non la precisa collocazione della descrizione della voce corrispondente. La valutazione dell’elemento da parte della Commissione, poi, integra attività discrezionale, sottratta all’esame del giudice amministrativo, tanto più che non risultano evidenziati vizi logici o procedurali relativi alla fase di attribuzione del punteggio nella misura massima. (T.A.R. Roma sez. I, 13/10/2016, n. 10205)
La mancata o anche la sola tardiva produzione delle giustificazioni dell’offerta e degli eventuali chiarimenti non possono comportare l’automatica esclusione dell’offerta sospettata di anomalia, essendo in ogni caso l’Amministrazione Appaltante obbligata alla valutazione della stessa, ovviamente sulla sola scorta della documentazione posseduta, per accertarne l’idoneità e l’adeguatezza ai fini della corretta esecuzione dell’appalto, giacchè i termini indicati nell’art. 88, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163 (rispettivamente di quindici giorni per la presentazione delle giustificazioni e di cinque giorni per fornire le precisazioni o i chiarimenti richiesti) non sono perentori, ma sollecitatori, avendo lo scopo di contemperare gli interessi del concorrente a giustificare l’offerta e quelli dell’Amministrazione alla rapida conclusione del procedimento di gara. (T.A.R. Roma sez. I, 13/10/2016, n. 10205)
Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della revoca in autotutela dell’aggiudicazione di una gara di appalto di lavori per la realizzazione di un raccordo stradale, anche nel caso in cui il provvedimento di secondo grado sia stato adottato dalla stazione appaltante successivamente al verbale di consegna delle aree di cantiere per l’effettuazione delle attività preliminari, ma comunque prima della formale stipula inter partes del contratto di appalto. (Consiglio di Stato sez. V, 12/10/2016, n. 4218)
È illegittimo, per carenza di motivazione, il diniego di permesso di costruire fondato su un generico contrasto dell’opera progettata con leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, dovendo il diniego soffermarsi sulle disposizioni normative e/o sulle previsioni di riferimento contenute negli strumenti urbanistici che si assumano ostative al rilascio del titolo, in modo da consentire all’interessato, da un lato, di rendersi conto degli impedimenti che si frappongono alla realizzazione dell’opera e, dall’altro, di confutare in giudizio, in maniera pienamente consapevole ed esaustiva, la legittimità del provvedimento impugnato. (T.A.R. Napoli sez. II, 12/10/2016, n. 4693)
Affinché la d.i.a. possa ritenersi formata alla scadenza del termine previsto per l’inizio dei lavori è necessario che vi sia la ricorrenza di tutti i presupposti di completezza e veridicità delle autocertificazioni, nonché degli altri documenti prescritti ivi comprese – ove necessarie – le autorizzazioni paesaggistiche richieste. (T.A.R. Cagliari sez. II, 12/10/2016, n. 756)
L’avvenuto frazionamento di un locale seminterrato in tre unità abitative comporta di per sé un cambio di destinazione d’uso e incremento del carico urbanistico residenziale in contrasto con il divieto di incremento del medesimo recato dalla l. reg. n. 21 del 2003 per i Comuni, quale è pacificamente il Comune di Somma Vesuviana, rientranti nella c.d. zona rossa vesuviana ad elevato rischio vulcanico. (T.A.R. Napoli sez. III, 12/10/2016, n. 4679)
Il vincolo paesaggistico imposto ai sensi della l. n. 1497 del 1939 con d.m. 26 ottobre 1961 impone il divieto di rilascio di titoli edilizi o che consentano il mutamento di destinazione d’uso a fini residenziali relativamente agli immobili ricadenti nei Comuni della fascia vesuviana, per la quale la citata legge mira a disincentivare e delocalizzare la presenza antropica a cagione del rischio vulcanico incombente. Basta a tal riguardo richiamare il disposto dell’art. 6 comma 2, l. reg. n. 21 del 2003 in forza del quale “nei comuni di cui all’art. 1 è vietato, in deroga alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti, ogni mutamento di destinazione d’uso che comporta l’utilizzo a scopo abitativo”. (T.A.R. Napoli sez. III, 12/10/2016, n. 4679)
Quando l’addebito mosso al pubblico dipendente è tale da danneggiare gravemente l’immagine e l’onore dell’ufficio di appartenenza, da compromettere irrimediabilmente il rapporto di fiducia con la Pubblica amministrazione e da motivare, quindi, il più estremo dei provvedimenti sanzionatori, qual è la cessazione dal servizio, assumono un rilievo del tutto recessivo eventuali elementi afferenti i procedenti di carriera, la sua personalità, l’assenza di altre condanne, potendo invece assumere un maggior peso a fronte di fatti disciplinari, che rendano compatibile la permanenza del dipendente nei ranghi dell’Amministrazione di appartenenza. (T.A.R. Torino sez. I, 12/10/2016, n. 1274)
Il parere negativo reso dalla commissione edilizia integrata sulla domanda di condono è un atto endoprocedimentale inidoneo, in quanto tale, ad essere oggetto di una autonoma impugnazione, servendo esso all’Autorità ai fini dell’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento, ma solo quest’ultimo provvedimento è impugnabile, eventualmente insieme al parere, se quest’ultimo è sfavorevole al privato. (Consiglio di Stato sez. IV, 12/10/2016, n. 4208)
Al fine di verificare se una determinata opera ha carattere precario, che è condizione per l’accertamento della non necessarietà del rilascio della relativa concessione edilizia, occorre verificare la destinazione funzionale e l’interesse finale al cui soddisfacimento essa è destinata; pertanto, solo le opere agevolmente rimuovibili, funzionali a soddisfare un’esigenza oggettivamente temporanea, destinata a cessare dopo il tempo, normalmente non lungo, entro cui si realizza l’interesse finale, possono dirsi di carattere precario e, in quanto tali, non richiedenti il permesso di costruire; infatti, la precarietà o meno di un’opera edilizia va valutata con riferimento non alle modalità costruttive, bensì alla funzione cui essa è destinata, con la conseguenza che non sono manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelle destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante, ed è legittima l’ordinanza di demolizione di opere che, pur difettando del requisito dell’immobilizzazione rispetto al suolo (c.d. case mobili), consistano in una struttura destinata a dare una utilità prolungata nel tempo, dovendo in tal caso escludersi la precarietà del manufatto, che ne giustificherebbe il non assoggettamento a concessione edilizia, posto che la stessa non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall’uso al quale il manufatto è destinato e va, quindi, valutata alla luce dell’obiettiva e intrinseca destinazione naturale dell’opera, a nulla rilevando la temporanea destinazione data alla stessa dai proprietari. (T.A.R. Napoli sez. VI, 11/10/2016, n. 4659)
Nelle zone di completamento, invece, il rilascio del titolo non è, di regola, subordinato alla approvazione di un piano esecutivo in quanto il disegno dei singoli lotti è già presente nella realtà delle cose o, comunque, è previsto con sufficiente dettaglio dal piano regolatore generale. Ciò non significa, però, che in tali zone debbano essere per definizione presenti tutte le infrastrutture di urbanizzazione primaria necessarie affinché possano erigersi le volumetrie di completamento astrattamente consentite dal p.r.g. Ed è proprio in questi casi che opera l’art. 31 della legge urbanistica, il quale consente il rilascio del titolo edilizio solo se negli strumenti di programmazione del comune sia prevista la realizzazione delle opere mancanti nel successivo triennio oppure, in difetto di tale previsione, qualora gli istanti di impegnino a realizzarle a proprie spese. (T.A.R. Firenze sez. III, 11/10/2016, n. 1451)
E’ irrilevante il fatto che l’immobile abusivo sia stato acquistato da una procedura fallimentare, atteso che i commi 5 e 6 dell’art. 40 della L. 47 del 1985 non esentano gli immobili abusivi trasferiti in base a procedure concorsuali dalla necessità di ottenere la sanatoria edilizia. (T.A.R. Firenze sez. III, 11/10/2016, n. 1450)
Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la domanda avente ad oggetto il pagamento del corrispettivo della concessione del diritto di superficie, ai sensi dell’art. 10, della l. n. 167 del 1962, come sostituito dall’art. 35, della l. n. 865 del 1971, su aree comprese nei piani per l’edilizia economica e popolare e, in particolare, la quantificazione di tale corrispettivo, nonché l’individuazione del soggetto debitore, allorché non siano in contestazione questioni relative al rapporto di concessione e in ordine alla determinazione del predetto corrispettivo non sussista alcun potere discrezionale della P.A. (Cassazione civile sez. un., 11/10/2016, n. 20419)
Ai sensi dell’art. 39, l. 23 dicembre 1994, n. 724 la possibilità di rilascio della concessione edilizia in sanatoria, già prevista dalla l. 28 febbraio 1985, n. 47, deve intendersi limitata alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993, data nella quale deve essere avvenuto il completamento funzionale della struttura, per esso intendendosi uno stato di avanzamento, nella sua realizzazione, tale da consentirne potenzialmente, e salve le sole finiture, la fruizione; in altri termini, l’immobile condonabile deve consistere in un organismo edilizio con una sua configurata stabilità e adeguata consistenza planovolumetrica per il quale sia intervenuto alla predetta data l’ultimazione al rustico e cioè la intelaiatura, la copertura e i muri di tompagno. (Consiglio di Stato sez. IV, 11/10/2016, n. 4178)
Non è assolutamente incerta la provenienza dell’offerta del concorrente che, nell’ambito di una procedura di gara per l’affidamento di un appalto di fornitura, si sia dichiarato “distributore” di alcuni prodotti offerti, e nell’offerta tecnica siano stati comunque indicati sia il nominativo del produttore, sia il luogo di produzione, sia i codici identificativi di ogni singolo prodotto, da cui è possibile evincere anche il nominativo degli effettivi distributori italiani ed esteri. (T.A.R. Venezia sez. III, 11/10/2016, n. 1121)
In tema di nullità dei contratti di subappalto di opere pubbliche non autorizzati dalla p.a. committente, il contrato concluso in contrarietà ad una norma imperativa è nullo ai sensi dell’art. 1418 comma 1 c.c.. in tale ipotesi, in via di principio si può proporre l’azione ex art. 2041 c.c. però occorre evitare che con l’azione di arricchimento si o si frodi la legge (art. 1344 c.c.). (Tribunale Lecce sez. II, 11/10/2016, n. 4237)
Nel processo amministrativo l’onere di immediata impugnazione del bando o del disciplinare di gara sussiste solo in caso di clausole escludenti, tra cui quelle che impediscono la partecipazione alla gara, altrettanto non potendo sostenersi per le previsioni di lex specialis che invece disciplinano la fase di valutazione delle offerte, atteso che la lesività di queste ultime si manifesta solo per effetto della successiva applicazione da parte della commissione di gara, per cui nessun onere di immediata impugnativa è configurabile prima di questo momento, sia che per effetto di tali clausole l’aggiudicazione sia disposta in favore di altri, sia che, in ragione delle medesime, una concorrente non raggiunga la soglia di sbarramento per la successiva valutazione delle offerte. (Consiglio di Stato sez. V, 11/10/2016, n. 4184)
L’onere d’immediata impugnazione del bando di gara pubblica è circoscritto al caso della contestazione di clausole escludenti, riguardanti requisiti di partecipazione, che siano ex se ostative all’ammissione dell’interessato o, al più, impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, dovendo invece le rimanenti clausole essere ritenute lesive ed impugnate insieme con l’atto di approvazione della graduatoria definitiva, che definisce la procedura concorsuale ed identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva; invero, a fronte di una clausola illegittima della lex specialis di gara, ma non impeditiva della partecipazione, il concorrente non è ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione, poiché non sa se l’astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva che solo da tale esito può derivare. (Consiglio di Stato sez. IV, 11/10/2016, n. 4180)
Ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.lg. n. 276 del 2003 non è applicabile alle pubbliche amministrazioni la responsabilità solidale prevista dall’art. 29, comma 2, del richiamato decreto. L’art. 9 del d.l. n. 76 del 2013, nella parte in cui prevede la inapplicabilità dell’art. 29 ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 del d.lg. n. 165 del 2001, non ha carattere di norma di interpretazione autentica, dotata di efficacia retroattiva, ma lo stesso non ha innovato il quadro normativo previgente, avendo solo esplicitato un precetto già desumibile dal testo originario del richiamato art. 29 e dalle successive integrazioni. (Cassazione civile sez. lav., 10/10/2016, n. 20327)
La presentazione dell’istanza di partecipazione ad una gara d’appalto non conforme alla previsione del bando su aspetti ritenuti essenziali dalla Stazione Appaltante e richiesti a pena di esclusione, non suscettibili di soccorso istruttorio, comporta necessariamente l’esclusione del concorrente. (T.A.R. Roma sez. I, 10/10/2016, n. 10125)
In caso di decesso dell’originario assegnatario, hanno diritto al subentro nell’assegnazione di alloggi di IACP, solo i componenti del nucleo familiare originariamente assegnatario o ampliato presupponendosi che questi siano già inclusi nel nucleo familiare di appartenenza del defunto, ne consegue che per poter usufruire del beneficio previsto dalla legge, la presenza di un soggetto nella casa popolare concessa in locazione deve essere comunicata in modo tempestivo alla p.a. che potrà autorizzare il subentro dopo aver riscontrato la costituzione di una convivenza stabile e duratura caratterizzata dalla solidarietà reciproca e dall’assistenza economica ed affettiva tra le parti. (Tribunale Salerno sez. I, 10/10/2016, n. 4551)
In base al d.P.R. n. 445 del 2000, al cittadino è attribuito il potere di attestare, sotto la propria responsabilità, la sussistenza dei presupposti per l’ottenimento della sanatoria edilizia, fermo restando la responsabilità penale per l’ipotesi di mendacio, nonché l’obbligo della P.A. di revocare il provvedimento ottenuto e di presentare le denunce previste dalla legge. (T.A.R. Napoli sez. I, 10/10/2016, n. 4636)
Ai fini della sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 43 comma 5, l. n. 47 del 1985 per l’ottenimento della sanatoria, per opere non ultimate devono intendersi quelle completate almeno al rustico, ossia mancanti solo delle finiture, ma necessariamente comprensive delle tamponature esterne che realizzino in concreto i volumi rendendoli individuabili ed esattamente calcolabili; per lavori attinenti alle strutture realizzate e che siano strettamente necessari alla loro funzionalità si intendono, quindi, i soli lavori necessari per assicurare la funzionalità di quanto già costruito in modo tale da aver già acquistato una fisionomia tale da renderne riconoscibile il disegno progettuale e la destinazione e non lavori destinati ad integrare le opere con interventi edilizi che danno luogo di per sé a nuove strutture. Pertanto, la realizzazione della sola struttura portante in travi e pilastri non risulta, di per sé, sufficiente ai rilevati fini, mancando il completamento delle strutture necessarie a definire la volumetria edilizia. (T.A.R. Napoli sez. IV, 10/10/2016, n. 4636)
Ai fini dell’individuazione del requisito del ricadere la farmacia “in un centro abitato con una popolazione non superiore a 5.000, o, per le farmacie sussidiate, 3.000 abitanti”, necessario perchè una farmacia possa essere qualificata come rurale e con diritto all’indennità di residenza ed agli altri benefici economici, la perimetrazione del centro abitato ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 e 3, comma 1, n. 8, del nuovo codice della strada avviene, per espressa previsione normativa, ai soli fini dell’attuazione della disciplina della circolazione stradale e non può dunque assumere rilievo ai fini della classificazione delle farmacie rurali, eventualmente più sensibile alla disciplina urbanistico-edilizia, e comunque soprattutto affidata ad un criterio fattuale; tale è quello più idoneo a descrivere la continuità/discontinuità degli abitati rispetto alla città, in quanto evidentemente una zona separata ed isolata rispetto ai restanti centri abitati, costituente zona disagiata dal punto di vista dell’impresa farmaceutica, deve essere valutata in sé e per sé, a prescindere dalle esigenze della circolazione stradale ed anche da quelle del governo del territorio. (T.A.R. Perugia sez. I, 07/10/2016, n. 690)
Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la domanda avente ad oggetto la determinazione e il pagamento del corrispettivo della concessione del diritto di superficie in relazione ad aree comprese nei piani per l’edilizia economica e popolare e, in particolare, la quantificazione di tale corrispettivo che si assuma inferiore a quello determinato dal Comune, atteso che in siffatte ipotesi non vengono in contestazione questioni relative al rapporto di concessione e che, fra l’altro, in ordine alla quantificazione del predetto corrispettivo non sussiste alcun potere discrezionale della P.A.. (T.A.R. Catania sez. I, 06/10/2016, n. 2406)
La mancata indicazione dell’area di sedime non inficia la legittimità dell’ordine demolitorio, attenendo tale aspetto a quello successivo, dell’esecuzione dell’ordinanza gravata. (T.A.R. Napoli sez. IV, 06/10/2016, n. 4574)
Mentre l’ingiunzione di demolire costituisce la prima ed obbligatoria fase del procedimento repressivo, in quanto ha natura di diffida e presuppone solo un giudizio di tipo analitico – ricognitivo dell’abuso commesso, il giudizio sintetico – valutativo, di natura discrezionale, circa la rilevanza dell’abuso e la possibilità di sostituire la demolizione con la sanzione pecuniaria (art. 33 comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001) può essere effettuato solo in un secondo momento, cioè quando il soggetto privato non ha ottemperato spontaneamente alla demolizione e l’organo competente emana l’ordine (indirizzato ai competenti uffici dell’Amministrazione) di esecuzione in danno delle ristrutturazioni realizzate in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire o delle opere edili costruite in parziale difformità dal permesso di costruire. Solo nella predetta seconda fase, non può ritenersi legittima l’ingiunzione a demolire sprovvista di qualsiasi valutazione intorno all’entità degli abusi commessi, alla loro incidenza sulla statica del fabbricato e alla possibile sostituzione della demolizione con la sanzione pecuniaria, sempre se vi sia stata la richiesta dell’interessato in tal senso. (T.A.R. Napoli sez. IV, 06/10/2016, n. 4574)
La progressiva e crescente edificazione interessante una data zona nell’ultimo trentennio non appare di per sé decisiva, dovendosi evidenziare che la nuova destinazione impressa alle aree in questione non può essere ritenuta illogica o richiedente una particolare motivazione solo per il fatto della contiguità delle medesime a lotti edificati, sia perché tale ubicazione non giustifica da sé sola la (ulteriore) estensione dell’urbanizzazione, sia perché la contestata scelta urbanistica costituisce applicazione del principio ispiratore di interesse pubblico, palesemente espresso, preordinato alla salvaguardia dei valori ambientali ed è finalizzata al riequilibrio del rapporto tra aree edificate e spazi liberi ovvero, in definitiva, a migliorare le condizioni di vivibilità della popolazione e sostenibilità ambientale, assicurando una quota di valori naturalistici “compensativa” della (già intervenuta) espansione dei tessuti urbani. Nella divisione in zone del territorio comunale, operata dallo strumento urbanistico generale, la destinazione agricola di una zona ha, infatti, spesso proprio la finalità di evitare ulteriori espansioni degli insediamenti edilizi, a tutto beneficio del mantenimento di un equilibrio ottimale tra aree edificate ed aree libere. (T.A.R. Trieste sez. I, 06/10/2016, n. 421)
La presentazione di un’osservazione in relazione alle scelte urbanistiche effettuate dall’Amministrazione non comporta, in caso di rigetto o di accoglimento parziale, un particolare onere motivazionale in capo all’Amministrazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ragionevolmente ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del Piano Regolatore o della sua variante. (T.A.R. Trieste sez. I, 06/10/2016, n. 421)
Il giudizio di anomalia o di incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica di esclusiva pertinenza dell’Amministrazione ed esula dalla competenza del giudice amministrativo, che può sindacare le valutazioni della P.A. solo in caso di macroscopiche illegittimità, quali gravi e plateali errori di valutazione, abnormi o inficiati da errori di fatto; in tal caso, il giudice di legittimità esercita il proprio sindacato, ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell’Amministrazione e di procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci che costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera della P.A.. La valutazione, inoltre, deve essere globale e sintetica e non concentrata esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo, dal momento che l’obiettivo dell’indagine è l’accertamento dell’affidabilità dell’offerta nel suo complesso e non già delle singole voci che lo compongono. (T.A.R. Napoli sez. IV, 06/10/2016, n. 4619)
La valutazione della colpa nell’inadempimento ha carattere unitario e l’inadempimento deve essere addebitato esclusivamente a quel contraente che, con il proprio comportamento colpevole prevalente, abbia alterato il nesso di reciprocità che lega le obbligazioni assunte con il contratto, per cui si deve procedere ad una disamina al fine di stabilire quale sia il comportamento inadempiente prevalente, tenendo conto dell’elemento cronologico e, soprattutto, degli apporti di causalità e proporzionalità esistenti tra le prestazioni inadempiute, e della incidenza di queste sulla funzione economico-sociale del contratto (nella specie: nel contratto di compravendita di un’immobile l’obbligazione prevalente nell’ottica dell’esecuzione del contratto preliminare stipulato tra le parti è quella gravante sui promissari venditori che si erano assunti l’obbligo di trasferire la proprietà di un immobile costruito integralmente e a regola d’arte, privo di pesi e di iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli). (Tribunale Salerno sez. II, 06/10/2016, n. 4475)
Il diritto ad ottenere la restituzione delle prestazioni rimaste senza causa a seguito della pronuncia di risoluzione del contratto, pur sorgendo “ipso iure” per effetto della pronuncia risolutoria, soggiace al principio della domanda, cosicché rimane preclusa al giudice la possibilità di pronunciare d’ufficio la condanna alla restituzione delle dette prestazioni. (Tribunale Monza sez. I, 06/10/2016, n. 2610)
Nei contratti bancari è nulla la clausola di applicazione della commissione di massimo scoperto, poiché non è possibile ravvisare in essa il corrispettivo destinato a remunerare la specifica prestazione della banca consistente nell’immediata e integrale messa a disposizione dei fondi di cui all’apertura di credito; tale prestazione, difatti, non può considerarsi autonoma o accessoria rispetto a quella principale consistente nell’erogazione delle somme, ma è ad essa intrinseca. (Tribunale Monza sez. I, 06/10/2016, n. 2619)
La Pubblica amministrazione che, benché non obbligata da una disposizione nazionale o comunitaria all’utilizzo di sistemi di scelta del contraente mediante gara pubblica, vi abbia comunque fatto ricorso, è tenuta all’osservanza dei moduli propri della formazione pubblica della volontà contrattuale e deve rispettare i principi di imparzialità, parità di trattamento e concorrenzialità, di cui la procedura di gara prescelta è l’espressione di diritto positivo, senza che le sia consentito, pena l’elusione dei principi richiamati, la previsione di deroghe che si risolvano di fatto nell’ingiustificata restrizione della concorrenza. (Consiglio di Stato sez. V, 06/10/2016, n. 4129)
Nella gara pubblica la nuova aggiudicazione, se non è meramente confermativa della prima, già oggetto d’impugnazione, ma ha autonoma efficacia lesiva, va autonomamente impugnata pena, l’improcedibilità del gravame originario. (Consiglio di Stato sez. V, 06/10/2016, n. 4131)
Se i principi che regolano la materia dei contratti esprimono il criterio della solidarietà passiva tra proprietario e comodatario, a condizione che entrambi esercitino poteri di gestione e di ingerenza sul bene, nondimeno la disciplina della cooperazione nel delitto colposo impone l’accertamento di indici significativi del potere di ingerenza del comodatario o, quantomeno, della consapevolezza che egli abbia in merito alle attività di gestione poste in essere dal proprietario (nella specie, l’imputato comodatario, che aveva concesso in locazione l’immobile goduto in comodato, era accusato della morte dei due inquilini, avvelenati dalle esalazioni dei fumi di scarico di una caldaia). (Cassazione penale sez. IV, 06/10/2016, n. 43861)
La norma dell’art. 1189 c.c., ispirata al principio dell’apparenza, non può trovare applicazione nel caso in cui sia stato eseguito un pagamento per effetto della forza cogente di una pronuncia esecutiva del giudice. (Cassazione civile sez. III, 06/10/2016, n. 20010)
La pattuizione, inserita in un preliminare di vendita immobiliare, che preveda la risoluzione “ipso iure” qualora il bene, che ne costituisce l’oggetto, non venga condonato sotto il profilo urbanistico entro una determinata data, per fatto non dipendente dalla volontà delle parti, deve qualificarsi come condizione risolutiva propria, piuttosto che come clausola risolutiva espressa, determinando l’effetto risolutivo di quel contratto evidentemente consistente nella sua sopravvenuta inefficacia, in conseguenza dell’avverarsi di un evento estraneo alla volontà dei contraenti (sebbene specificamente dedotto pattiziamente) nonché dello spirare del termine, pure ritenuto nel loro interesse comune, e non quale sanzione del suo inadempimento. (Tribunale Salerno sez. II, 04/10/2016, n. 4426)
In tema di contratti di appalto aventi ad oggetto la costruzione di immobili eseguiti in difformità rispetto alla concessione edilizia, occorre distinguere a seconda che tale difformità sia totale o parziale: nel primo caso – che si verifica quando è stato realizzato un edificio radicalmente diverso per caratteristiche tipologiche e volumetriche – l’opera è da equiparare a quella costruita in assenza di concessione, con la conseguenza che il relativo contratto di appalto è nullo per illiceità dell’oggetto e violazione delle norme imperative in materia urbanistica; detta nullità invece non sussiste nel secondo caso che si verifica quando la modifica concerne parti non essenziali del progetto. (Tribunale Salerno sez. II, 04/10/2016, n. 4419)
Rientra nella discrezionalità della Pubblica amministrazione e, nel caso specifico, delle stazioni appaltanti disporre i contenuti dei servizi da affidare mediante gara pubblica, quale aspetto caratteristico del merito amministrativo e, all’interno di queste scelte, è rimessa alla stessa stazione appaltante la scelta dei requisiti da richiedere, rispondente ad una ferrea logica di correlazione tra requisiti da indicare e prestazioni da appaltare, perché in caso contrario il principio del favor partecipationis ne risulterebbe gravemente sminuito ed in conclusione la legge di gara sarebbe stata emanata in assoluta violazione del principio di concorrenza. (Consiglio di Stato sez. V, 04/10/2016, n. 4109)
La risoluzione per inadempimento di un contratto d’appalto di lavori stipulato con altra stazione appaltante a causa gravi ritardi nell’adempimento delle opere commissionate integra un grave errore professionale che legittima la risoluzione del contratto, l’annotazione nel casellario ANAC e la successiva esclusione da altre gare, tenuto conto, altresì, che l’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 comprende anche le gravi negligenze e l’inadempienza dovuta a ritardo nel comportamento dei lavori. (Consiglio di Stato sez. V, 04/10/2016, n. 4108)
L’art. 1303 comma 1 c.c. stabilisce che Se nella medesima persona si riuniscono le qualità di creditore e di debitore in solido, l’obbligazione degli altri debitori si estingue per la parte di quel condebitore. La particolare obbligazione solidale fra autore dell’illecito e assicurazione deve considerarsi, ai fini dell’art. 1298 c.c., contratta nell’interesse del solo danneggiante, nel senso che la compagnia ha assunto il rischio della responsabilità civile di quel veicolo nell’interesse del suo proprietario, così che nei rapporti interni fra assicuratore e assicurato/danneggiante, l’estinzione della obbligazione del secondo esaurisce tutta l’obbligazione risarcitoria, perché la parte di quel condebitore indicata dall’art. 1303 comma 1 c.c. si estende qui all’intera obbligazione. (Tribunale Arezzo, 04/10/2016, n. 1099)
La legittimità dell’operato della Pubblica amministrazione non può essere inficiata dall’eventuale illegittimità dalla stessa compiuta in altra situazione. (T.A.R. Potenza sez. I, 04/10/2016, n. 935)
Le previsioni di cui al d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, essendo state emanate su delega effettuata da una norma di rango primario – e cioè l’art. 41 quinquies, l. 17 agosto 1942, n.1150 – hanno esse stesse valore di legge e, come tali, sono in grado di sostituire automaticamente le disposizioni contenute negli strumenti urbanistici e nei regolamenti edilizi comunali che siano entrate in vigore in epoca successiva al succitato d.m. e che risultino difformi da questo ultimo, con conseguente possibilità per il giudice di procedere ad una sostanziale disapplicazione delle norme e prescrizioni contenute negli strumenti urbanistici comunali, nella misura in cui esse deroghino alle inderogabili previsioni contenute nel cit. d.m. n. 1444 del 1968, le quali vanno automaticamente a sostituire, in parte qua, le norme difformi. (T.A.R. Torino sez. II, 05/10/2016, n. 1224)
L’ordinanza di demolizione di fabbricato illegittimamente realizzato può essere legittimamente rivolta nei confronti di un solo comproprietario, restando salva la possibilità che gli altri proprietari pretermessi impugnino autonomamente il provvedimento entro i termini decorrenti dalla piena conoscenza. (T.A.R. Torino sez. II, 05/10/2016, n. 1223)
In tema di contratti di appalto aventi ad oggetto la costruzione di immobili eseguiti in difformità rispetto alla concessione edilizia, occorre distinguere a seconda che tale difformità sia totale o parziale: nel primo caso – che si verifica quando è stato realizzato un edificio radicalmente diverso per caratteristiche tipologiche e volumetriche – l’opera è da equiparare a quella costruita in assenza di concessione, con la conseguenza che il relativo contratto di appalto è nullo per illiceità dell’oggetto e violazione delle norme imperative in materia urbanistica; detta nullità invece non sussiste nel secondo caso che si verifica quando la modifica concerne parti non essenziali del progetto. (Tribunale Salerno sez. II, 04/10/2016, n. 4419)
Il PTCP ha il contenuto di cui all’art. 15, l. reg. Lombardia 11 marzo 2005 n. 12 ed è approvato con le modalità procedimentali del successivo art. 17, il quale prevede l’intervento della Giunta Regionale ai fini della valutazione della conformità alla legge e della compatibilità con gli atti di programmazione regionale. Quanto al contenuto, il medesimo PTCP ha in parte funzione di programmazione e indirizzo e in parte efficacia vincolante e prevalente per i Comuni, che possono in tal caso apportare solo precisazioni e miglioramenti, dovendo altrimenti conformarsi alla scelta provinciale. (T.A.R. Milano sez. II, 04/10/2016, n. 1803)
La ratio dell’art. 8 comma 2, l. reg. Lombardia n. 12/2005 non può che essere individuata, quanto ai bisogni abitativi, nel richiedere una specifica motivazione e ponderazione sul punto laddove il Comune intenda prevedere nuovi interventi edilizi: ipotesi non sussistente nel caso di specie, dove, al contrario, l’ente locale – perseguendo l’intento di ridurre ulteriormente il consumo del territorio – ha escluso la realizzazione di nuova cubatura. (T.A.R. Brescia sez. I, 04/10/2016, n. 1282)
La circostanza che le aree della ricorrente siano interessate da precedenti attività antropiche non impone alla Provincia di escluderle dalla Rete verde di ricomposizione paesaggistica provinciale, la quale – in base all’art. 31 comma 1 delle N.T.A. – ha anche valenza di rete ecologica. (T.A.R. Milano sez. II, 04/10/2016, n. 1803)
Il piano di recupero edilizio ed il vincolo stradale costituiscono entrambi varianti al piano regolatore generale e, anche se adottati contestualmente, mantengono la loro autonomia logico-giuridica: il primo, infatti, ha finalità di recupero del patrimonio edilizio esistente, piuttosto che quella di determinare una complessiva trasformazione del territorio, sicché non è possibile assimilarlo al piano per l’edilizia economica e popolare, che conferisce il requisito dell’edificabilità a tutte le aree in esso inserite; il secondo, ove non imposto a titolo particolare, comporta di regola un vincolo di inedificabilità delle parti del territorio interessato e non ha carattere espropriativo. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il motivo di impugnazione, evidenziando che la natura agricola dell’area oggetto di espropriazione, per come correttamente ritenuta dal giudice di merito, non fosse incisa né dall’adozione di un piano di recupero, né dall’esistenza di un vincolo stradale comportante limitazioni di ordine generale). (Cassazione civile sez. I, 03/10/2016, n. 19687)
L’ordine di demolizione è un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né tantomeno una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non essendo configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente che il tempo non può legittimare in via di fatto. (T.A.R. Bari sez. III, 03/10/2016, n. 1173)
In caso di impugnazione da parte del vicino di un permesso di costruire rilasciato a terzi, il termine di impugnazione inizia a decorrere in linea di principio dal completamento dei lavori o, comunque, dal momento in cui la costruzione realizzata è tale che non si possono avere dubbi in ordine alla portata dell’intervento. Tuttavia, il principio di certezza delle situazioni giuridiche e di tutela di tutti gli interessati comporta che non si possa lasciare il soggetto titolare di un permesso di costruire edilizio nell’incertezza circa la sorte del proprio titolo oltre una ragionevole misura, poiché, nelle more, il ritardo dell’impugnazione si risolverebbe in un danno aggiuntivo connesso all’ulteriore avanzamento dei lavori che, ex post, potrebbero essere dichiarati illegittimi. (T.A.R. Bari sez. III, 03/10/2016, n. 1172)
Sono illegittimi l’ordinanza di demolizione e il provvedimento di diniego di permesso di costruire in sanatoria privi di una motivazione esauriente, in quanto i provvedimenti negativi in materia edilizia, sia pure a natura vincolata, devono essere motivati in modo esauriente, nel rispetto dell’art. 3, l. n. 241 del 1990, in modo da rendere palese al destinatario, prima, e al giudice, poi, l’ iter logico – giuridico seguito dall’Amministrazione procedente. (T.A.R. Trieste sez. I, 03/10/2016, n. 410)
Qualunque intervento o costruzione non autorizzati, pur se realizzati in tempi diversi, che siano idonei a stravolgere l’assetto del territorio, rendendone impraticabile la programmazione, integra gli estremi della lottizzazione abusiva, sicché anche la sola realizzazione di una strada, comportando un mutamento del precedente assetto del territorio, costituisce opera di trasformazione urbanistica che necessita di un titolo abilitativo, tanto più qualora essa sia destinata a permettere il transito da e verso singoli lotti. (T.A.R. Bari sez. III, 03/10/2016, n. 1168)
L’omessa predisposizione della relazione di cui all’art. 34 comma 20, d.l. n. 179 del 2012, al momento della determinazione circa la scelta del modello gestionale da parte dell’ente competente, lungi dal costituire una mera omissione formale o una discrasia temporale, testimonia l’assenza di un elemento essenziale nel processo decisionale dell’ente. In altri termini, non può avere alcuna concreta portata – sotto il profilo dei necessari elementi di valutazione – la relazione di cui all’art. 34 comma 20, d.l. n. 179 del 2012 predisposta quando la scelta della forma di gestione è già stata compiuta, potendo al più giustificare a posteriori la manifestazione di volontà. (T.A.R. Milano sez. III, 03/10/2016, n. 1781)
L’art. 192 comma 2, d.lg. n. 50 del 2016 testimonia una linea di tendenza dell’ordinamento ad ammettere quale forma di gestione dei servizi pubblici l’affidamento diretto alla società in house, previa dimostrazione che tale scelta, preferita rispetto a quelle del ricorso al mercato, sia supportata da ragioni di convenienza sotto il profilo dei benefici per la collettività. (T.A.R. Milano sez. III, 03/10/2016, n. 1781)
La relazione che supporta la scelta di operare mediante affidamento in house, di cui all’art. 34 comma 20 del d.l. n. 179 del 2012, è finalizzata a rendere trasparenti e conoscibili agli interessati tanto le operazioni di riscontro delle caratteristiche che fanno dell’affidataria una società in house, quanto il processo di individuazione del modello più efficiente ed economico alla luce di una valutazione comparativa di tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti. (T.A.R. Milano sez. III, 03/10/2016, n. 1781)
L’art. 5 comma 2, d.P.R. n. 447 del 1998 – delineando i requisiti affinchè, eccezionalmente, si possa adottare la procedura semplificata di variante urbanistica – prescrive che trova applicazione nei soli casi di “Comuni che siano privi di aree per insediamenti produttivi”, perché la ratio è evidentemente quella di agevolare i progetti destinati a tale tipologia di realizzazione, consentendo, in deroga, il mutamento della destinazione di un’area da altra tipologia di edificazione, versus destinazione “zona D” (nel caso di specie, l’oggetto finale dell’autorizzanda attività era un’iniziativa “parte commerciale” e “parte abitativa” e non collimava con quello che rappresentava il risultato finale necessitato previsto dalla norma). (T.A.R. Napoli sez. VIII, 03/10/2016, n. 4527)
L’ordinanza di demolizione, pur costituendo atto dovuto della P.A., riconducibile ad esercizio di potere vincolato, in mera dipendenza dell’accertamento dell’abuso e della riconducibilità del medesimo ad una delle fattispecie di illecito previste dalla legge, richiede pur sempre la chiara rappresentazione del carattere illecito dell’opera realizzata. L’ordine di demolizione di uno o più manufatti abusivi non può, in definitiva, essere generico e gli edifici o le parti di edificio da abbattere devono essere indicati in modo puntuale. (T.A.R. Trieste sez. I, 03/10/2016, n. 410)
La possibilità, da parte del giudice, di sindacare sotto il profilo della disparità di trattamento l’esercizio del potere di pianificazione territoriale è contenuta entro limiti rigorosi. E ciò in considerazione della circostanza che, di per sé, il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento è configurabile solo nel caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità di trattamento riservato alle stesse. Inoltre, l’Amministrazione dispone di una ampia discrezionalità nel compimento delle scelte pianificatorie, le quali comportano necessariamente, per loro stessa natura, la differenziazione del trattamento dei suoli (nel caso di specie, non è stata dimostrata l’assoluta identità di situazioni rispetto ad altre e, per altro verso, risulta comprovata la sussistenza di profili di pregio ambientale del compendio, i quali di per sé stessi rendono non manifestamente illogica o arbitraria la scelta di limitare o escludere l’edificazione). (T.A.R. Milano sez. II, 30/09/2016, n. 1766)
La scelta di attribuire all’area una destinazione agricola non può ritenersi in contrasto con la finalità generale di promozione dello sviluppo delle attività turistico – ricettive, atteso che, in ogni caso, il Comune non può reputarsi onerato a riconoscere e promuovere l’attività precedentemente svolta sul fondo dei ricorrenti e, da tempo cessata, mediante l’attribuzione di appositi indici di edificabilità. (T.A.R. Milano sez. II, 30/09/2016, n. 1766)
Non costituisce posizione di affidamento tutelabile in sede giurisdizionale quella del soggetto che veda semplicemente assegnata alla sua area una disciplina peggiorativa rispetto a quella dettata dai previgenti atti di pianificazione. (T.A.R. Milano sez. II, 30/09/2016, n. 1766)
Le scelte urbanistiche non necessitano, di regola, di apposita motivazione, oltre a quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico – discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano. Le evenienze, nelle quali, nondimeno, sussiste un onere di motivazione più incisivo sono state consolidate da un costante indirizzo giurisprudenziale che le ha ravvisate: a) nella lesione dell’affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, da accordi di diritto privato intercorsi fra il Comune e i proprietari delle aree, da aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi del titolo edilizio o di silenzio rifiuto su domanda di rilascio del permesso di costruire; b) nel caso in cui l’autorità intenda imprimere destinazione agricola ad un lotto intercluso da fondi legittimamente edificati; c) nel caso in cui lo strumento urbanistico effettui un sovradimensionamento delle aree destinate ad ospitare attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale (c.d. aree standard), quantificandone in misura maggiore rispetto ai parametri minimi fissati dall’art.3, d.m. n. 1444 del 1968 e dall’art. 9 comma 3, l. reg. Lombardia n. 12 del 2005. (T.A.R. Milano sez. II, 30/09/2016, n. 1766)
Rispetto alle ordinarie strutture alberghiere e para – alberghiere, il “rifugio” si differenzia radicalmente, in quanto si trova in alta montagna e in un contesto ove, sostanzialmente, non vi è alcuna alternativa di “riparo”; per questo deve essere garantito l’accesso invernale da parte degli alpinisti, anche in stagioni di chiusura, con parziale utilizzo libero e gratuito. Le disposizioni regionali risultano ragionevoli e condivisibili nel loro contenuto, sancendo “autonomia” e “alleggerimento” delle prescrizioni costruttive, con consistente attenuazione dei relativi parametri (requisiti minimi imposti, ben più favorevoli e meno rigidi). L’esistenza stessa della struttura (oltremodo di difficile edificazione, proprio in considerazione della peculiare abitazione) è diretta a conseguire un risultato peculiare, connotato anche da inequivocabile interesse pubblico, assolutamente non compatibile ed assimilabile con le altre strutture edilizie “ricettive ordinarie”, aventi finalità di utilizzo solo lucrativo (alberghiere e similari). (T.A.R. Aosta sez. I, 30/09/2016, n. 41)
Non è necessario acquisire il parere della Commissione Edilizia Integrata nell’ipotesi di demolizione laddove, come nella fattispecie, non occorra procedere a valutazioni tecniche del progetto per avvalorare la conformità dell’opera alle prescrizioni normative, ma debba farsi applicazione di valutazioni di natura giuridica. (T.A.R. Napoli sez. IV, 29/09/2016, n. 4495)
Mentre l’ingiunzione di demolizione costituisce la prima ed obbligatoria fase del procedimento repressivo, in quanto ha natura di diffida e presuppone solo un giudizio di tipo analitico – ricognitivo dell’abuso commesso, il giudizio sintetico – valutativo, di natura discrezionale circa la rilevanza dell’abuso e la possibilità di sostituire la demolizione con la sanzione pecuniaria può essere effettuato solo in un secondo momento, cioè quando il soggetto privato non ha ottemperato spontaneamente alla demolizione e l’organo competente emana l’ordine (indirizzato ai competenti uffici dell’Amministrazione) di esecuzione in danno delle ristrutturazioni realizzate in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire e delle opere edilizie costruite in parziale difformità dallo stesso; soltanto nella predetta seconda fase non può ritenersi legittima l’ingiunzione a demolire sprovvista di qualsiasi valutazione intorno all’entità degli abusi commessi e alla possibile sostituzione della demolizione con la sanzione pecuniaria sempre che vi sia stata la richiesta dell’interessato in tal senso. (T.A.R. Napoli sez. IV, 29/09/2016, n. 4495)
La nozione di pertinenza edilizia è divergente – e più ristretta – dalla corrispondente accezione civilistica, circoscrivendola a quei manufatti che non alterno in modo significativo l’assetto del territorio – cioè di dimensioni modeste e ridotte rispetto alla cosa cui ineriscono – preordinati ad una esigenza necessaria dell’edificio principale, considerando tali le opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad es. i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto al manufatto principale e siano fornite di un autonomo valore di mercato e non valutabili in termini di cubatura (o comunque dotate di volume minimo e trascurabile) in modo da non poter essere utilizzate autonomamente e separatamente dal manufatto cui accedono. (T.A.R. Brescia sez. I, 27/09/2016, n. 1264)
La circostanza che una sanzione pecuniaria edilizia sia stata emessa a seguito della segnalazione di un terzo, non rende questo controinteressato al ricorso, atteso che l’autore di un esposto o di una segnalazione all’Amministrazione non assume necessariamente la veste di controinteressato nel giudizio contro l’annullamento di un provvedimento amministrativo, anche se all’esposto e al suo autore la Pubblica amministrazione faccia esplicito riferimento nel provvedimento impugnato; vanno quindi considerati estranei al processo amministrativo i soggetti autori di esposti o di segnalazioni, i quali possono semmai intervenire volontariamente ad opponendum nel giudizio non quali titolari di un interesse sostanziale alla conservazione dell’atto impugnato, ma quali portatori di un interesse di mero fatto, mediato e riflesso. (T.A.R. Ancona sez. I, 27/09/2016, n. 533)
Rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, di cui all’art. 133 lett. f), c.p.a., le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle Pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernenti tutti gli aspetti dell’uso del territorio, e fra esse rientrano anche i giudizi relativi alla contestazione dell’ an e del quantum di una sanzione pecuniaria edilizia. (T.A.R. Ancona sez. I, 27/09/2016, n. 533)
Un’area di proprietà pubblica non costituisce un’opera di urbanizzazione primaria, né un bene strumentale all’esercizio delle funzioni istituzionali dell’ente proprietario fino a quando su di essa non siano state realizzate concrete opere di trasformazione volte a renderla fruibile da parte della collettività, imprimendo al bene una destinazione di fatto conforme a quella astrattamente prevista dal piano; solo in presenza di tali opere il bene acquista carattere strumentale rispetto ai fini dell’ente e rientra a far parte del patrimonio indisponibile, ai sensi dell’art. 826 ultimo comma, c.c., in quanto bene di proprietà pubblica concretamente destinato ad un pubblico servizio, e l’effettiva ed attuale destinazione a pubblico servizio implica la realizzazione, da parte dell’Amministrazione pubblica, delle opere necessarie a rendere il bene funzionale all’esercizio di un pubblico servizio, e non sarebbe sufficiente la mera manifestazione di volontà dell’ente pubblico di destinarlo ad un pubblico servizio, ma è necessario che a quella manifestazione di volontà abbiano fatto seguito concrete opere di trasformazione dirette ad imprimere al bene un’effettiva funzionalizzazione ad un pubblico servizio. (T.A.R. Torino sez. II, 26/09/2016, n. 1165)
Il rapporto di vicinitas, ossia di stabile collegamento con l’area interessata dall’intervento edilizio contestato, è idoneo e sufficiente a fondare la legittimazione a ricorrere in presenza di una lesione concreta e attuale provocato dal provvedimento amministrativo impugnato. (T.A.R. Torino sez. II, 26/09/2016, n. 1165)
La realizzazione di un soppalco non rientra nell’ambito degli interventi di restauro o risanamento conservativo, ma nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, qualora determini una modifica della superficie utile dell’appartamento, con conseguente aggravio del carico urbanistico, a nulla rilevando la destinazione soggettivamente impressa al soppalco stesso (nel caso di specie, il ricorrente sosteneva che la destinazione a deposito fosse indifferente ai fini dell’incidenza sul piano volumetrico e delle superfici). (T.A.R. Napoli sez. II, 26/09/2016, n. 4433)
La realizzazione di lavori edili di ristrutturazione in difformità della concessione edilizia che comportino la modifica della sagoma ed aumenti di volumetria e superficie integrano il reato di cui all’art. 44 lett.b d.P.R. n. 380/2001. (Nel caso di specie, vi era stato un aumento dell’altezza del fabbricato realizzato tramite un arretramento di una parete esterna che avrebbe dovuto essere a filo del tetto che ha determinato un aumento di volumetria a fini abitativi e di uno sporto esterno calpestabile della lunghezza di circa cinque metri, oltre alla realizzazione di due abbaini invece di tre). (Tribunale Napoli Nord sez. I, 26/09/2016, n. 1822)
Ai sensi degli artt. 28 bis, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 e 17, d.l. n. 133 del 2014 la possibilità di rilascio di un permesso di costruire c.d. convenzionato, cioè non preceduto dall’approvazione di uno strumento urbanistico di dettaglio, sussiste per tutte le situazioni nella quali le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata. (T.A.R. Torino sez. II, 26/09/2016, n. 1165)
La normativa regionale (l. reg. Lombardia n. 12 del 2005) ha introdotto un nuovo modello, secondo il quale i diversi strumenti di pianificazione si rapportano fra loro non più secondo il principio di gerarchia; il Piano Territoriale Regionale e i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale hanno efficacia di orientamento, indirizzo e coordinamento, fatte salve le previsioni che, ai sensi della l. reg. n. 12 del 2005, abbiano efficacia prevalente e vincolante. Le prescrizioni contenute nei Piani sovraordinati possono essere, in particolari casi, derogate dalla disciplina puntuale dettata dallo strumento di pianificazione contenente disposizioni di maggior dettaglio. (T.A.R. Milano sez. II, 23/09/2016, n. 1696)
Le scelte urbanistiche costituiscono espressione di un ampio potere discrezionale e non necessitano di particolare motivazione, se non al ricorrere di particolari ipotesi, per lo più accomunate dalla presenza di un giustificato affidamento in capo agli amministrati. L’assenza dell’obbligo di fornire una motivazione specifica in merito alle decisioni riguardanti le singole aree trova ovviamente conferma nel caso in cui l’ente preposto alla pianificazione intenda conformarsi alle prescrizioni di indirizzo impartite dagli strumenti sovraordinati, sussistendo semmai un onere motivazionale aggravato nel caso contrario e cioè nel caso in cui l’ente, nel dettare le prescrizioni di maggiore dettaglio, intenda discostarsi dagli indirizzi impartiti dagli strumenti sovraordinati (nel caso di specie, la Provincia di Monza e Brianza, con il P.T.C.P in questione, ha inteso adeguarsi agli indirizzi forniti dalla Regione, per cui la decisione non richiedeva particolare motivazione). (T.A.R. Milano sez. II, 23/09/2016, n. 1696)
La prova della data del commesso reato edilizio è evincibile dai rilievi aerofotogrammetrici e dal rilievo satellitare. (Tribunale Napoli Nord, 22/09/2016, n. 1782)
La filosofia invalsa nella legislazione urbanistica statale e regionale è favorire per quanto possibile il recupero edilizio come strumento per contenere il consumo di suolo (art. 5, comma 9, del d.l. n. 70/2011, convertito nella legge n. 106/2011; d.l. n. 133/2014; art. 74 bis della L.R. n. 1/2005; art. 4, comma 8, della L.R. n. 65/2014). (T.A.R. Firenze sez. I, 22/09/2016, n. 1381)
In tema di rilascio del permesso di costruire, pur essendo previsto che il soggetto che richiede il permesso di costruire, a scomputo totale o parziale della quota dovuta a titolo di contributo di costruzione, possa obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, sia primarie che secondarie, con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune, tale iniziativa è sempre subordinata ad una valutazione del Comune. In tal senso, l’ammissione allo scomputo costituisce oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell’amministrazione (che ben può optare per soluzioni diverse senza obbligo di specifica motivazione) ed un vero e proprio diritto sorge in capo al privato proponente allorché, a fronte della realizzazione da parte sua di opere di urbanizzazione ovvero dell’impegno a realizzarle, vi sia stato un espresso atto di “accettazione” consensuale da parte della stessa amministrazione. (T.A.R. Genova sez. I, 22/09/2016, n. 955)
La concessione edilizia è normalmente onerosa, tranne le tassative ipotesi di gratuità che, nella specie, non sussistono. Gli oneri di urbanizzazione sono previsti, infatti, a carico del costruttore, quale prestazione patrimoniale, a titolo di partecipazione di al costo delle opere di urbanizzazione connesse alle esigenze della collettività che scaturiscono dagli interventi di edificazione e dal maggior carico urbanistico che si realizza per effetto della costruzione. Detti oneri prescindono dall’esistenza o meno delle opere di urbanizzazione e vengono determinati indipendentemente sia dall’utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio, sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare siffatte opere. La partecipazione del privato a tali spese, quando ottiene la concessione a costruire, si atteggia quindi come assunzione di una quota dei costi della vocazione edificatoria impressa al territorio, e trova giustificazione nel beneficio, economicamente rilevante in termini di valore del suolo, che il privato medesimo riceve per effetto della concreta attuabilità del suo progetto di costruzione. (T.A.R. Genova sez. I, 22/09/2016, n. 955)
La norma di principio di cui all’art. 16 comma 2 t.u. edilizia consente al privato di eseguire direttamente le opere di urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi oneri, con possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo da quanto deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, ma – come reso chiaro dal senso e dalla lettera della norma – tale facoltà ha effetto soltanto se la proposta del privato sia accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie dettate dal medesimo e previste in una convenzione o in un atto unilaterale d’obbligo. (T.A.R. Genova sez. I, 22/09/2016, n. 955)
In tema di edilizia residenziale pubblica, l’azione proposta contro l’ordine di rilascio dell’immobile per occupazione senza valido titolo, spetta alla cognizione del giudice ordinario, in applicazione delle regole generali sul riparto della giurisdizione, giacché la domanda non incide sul procedimento pubblicistico di assegnazione, ma mira a contrapporre all’atto amministrativo di autotutela una posizione di diritto soggettivo di cui occorre soltanto riscontrare la fondatezza nel merito. (Tribunale Bari sez. III, 21/09/2016, n. 4716)
I gazebo non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati manufatti alteranti lo stato dei luoghi, con sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie, posto che il gazebo non precario non è deputato ad un uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo per soddisfare esigenze durature nel tempo e rafforzate dal carattere permanente e non stagionale dell’attività svolta; in effetti la « precarietà » dell’opera, che esonera dall’obbligo del possesso del permesso di costruire, postula un uso specifico e temporalmente limitato del bene, e non la sua stagionalità, la quale non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo, tali per cui lo stesso è riconducibile nell’ipotesi prevista alla lett. e.5) del comma 1 dell’art. 3 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, che include tra le nuove costruzioni le installazioni di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere che siano usati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee. (T.A.R. Campobasso sez. I, 21/09/2016, n. 353)
Il manufatto costituito da una struttura stabile composta da una copertura a carattere permanente della superficie esterna infissa da un lato al muro portante esterno dell’edificio e all’altra estremità ad una struttura anch’essa portante e permanente costituita da elementi metallici fissati alla base della pedana in legno, peraltro nella loro porzione inferiore tamponati mediante apposizione perimetrale di strutture grigliate in alluminio e teli di plastica rigida, comporta una trasformazione edilizia dal carattere permanente e stabile suscettibile di esecuzione, ai sensi degli artt. 3 e 10, d.P.R. n. 380 del 2001, previo rilascio di apposito permesso di costruire. (T.A.R. Roma sez. I, 21/09/2016, n. 9881)
Ai sensi dell’art. 3 comma 1, lett. e), d.P.R. n. 380 del 2001, sono assoggettabili al previo rilascio del permesso di costruire i c.d. manufatti leggeri anche prefabbricati e le strutture di qualunque genere allorquando non siano diretti a soddisfare esigenze non meramente temporanee. Ai fini della valutazione della necessità o meno di munirsi di titolo abilitativo, in sede di applicazione della predetta disposizione, va attribuita significativa valenza non tanto alle caratteristiche dei materiali utilizzati o alle modalità di ancoraggio al suolo quanto piuttosto alle esigenze di natura stabile o temporanea che le opere o i manufatti siano destinati a soddisfare, ossia in altri termini riguardo all’elemento di tipo funzionale connesso al carattere di utilizzo degli stessi. (T.A.R. Roma sez. I, 21/09/2016, n. 9881)
In materia di tutela dei terzi, l’Amministrazione deve considerarsi onerata del solo accertamento della sussistenza del titolo astrattamente idoneo da parte del richiedente alla disponibilità dell’area oggetto dell’intervento edilizio, senza che si possa pretendere che questa assuma il compito di risolvere eventuali conflitti di interesse tra le parti private in ordine all’assetto proprietario. Ai fini del rilascio di un titolo abilitativo edilizio, il Comune è, dunque, obbligato a verificare il rispetto dei limiti privatistici solo a condizione che essi siano agevolmente conoscibili ovvero effettivamente conosciuti e non contestati, di modo che il controllo da parte dell’ente locale si traduca in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi, senza necessità di procedere ad una accurata e approfondita disamina dei rapporti civilistici. (T.A.R. Roma sez. I, 21/09/2016, n. 9879)
Il meccanismo dell’affitto del ramo d’azienda non consente il passaggio del requisito economico pregresso dal concedente all’affittuario, al fine di integrare il requisito economico richiesto dal bando. Difatti, la cessione comporta il trasferimento degli elementi oggettivi che compongono l’azienda stessa, non le caratteristiche soggettive dell’imprenditore. Di conseguenza, con l’affitto d’azienda il cessionario gestisce la medesima e dalla gestione ottiene le qualificazioni professionali che ne derivano. Fra le suddette qualificazioni rientra il fatturato specifico realizzato dall’azienda nel periodo nel quale è stata nella sua disponibilità, e quindi l’affidabilità professionale che ne deriva. Il fatturato maturato negli anni precedenti la cessione costituisce invece titolo professionale di chi ha in precedenza gestito l’azienda, e non viene trasferito al cessionario. (T.A.R. Reggio Calabria sez. I, 19/09/2016, n. 935)
Una volta accertata l’esecuzione di opere in assenza del prescritto permesso di costruire l’Amministrazione Comunale deve disporne senz’altro la demolizione, non essendo tenuta a valutare preventivamente la sanabilità delle stesse. (T.A.R. Napoli sez. VI, 14/09/2016, n. 4280)
In sede di emanazione dell’ordine di demolizione di opere edilizie abusive su area vincolata non è necessario acquisire il parere della Commissione Edilizia Integrata ovvero della Commissione Edilizia, della sezione urbanistica compartimentale o di altra autorità. (T.A.R. Napoli sez. VI, 14/09/2016, n. 4280)
Anche in presenza di vincoli di natura ambientale, in forza del disposto di cui all’art. 27 comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001 compete al Comune in proprio e non quale autorità subdelegata dalla Regione l’esercizio della vigilanza sull’attività urbanistico – edilizia che si svolge nel territorio comunale. (T.A.R. Napoli sez. VI, 14/09/2016, n. 4280)
Per effettuare lavori su un immobile oggetto di un’istanza condonistica, pur risalente, ma non culminata nell’ottenimento del titolo abilitativo in sanatoria, si deve seguire la procedura regolamentata dall’art. 35 comma 13, l. n. 47 del 1985. Gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicchè non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione. Ciò non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono, ma solo affermare che, a pena di assoggettamento alla medesima sanzione prevista per l’immobile abusivo cui ineriscono, ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell’art. 35, l. n. 47 del 1985. (T.A.R. Napoli sez. VI, 14/09/2016, n. 4280)
Anche quando decorre un lungo periodo di tempo tra la realizzazione dell’opera abusiva e il provvedimento sanzionatorio, tale circostanza non rileva ai fini della legittimità di quest’ultimo, sia in rapporto al preteso affidamento circa la legittimità dell”opera, che il protrarsi del comportamento inerte del Comune avrebbe ingenerato nel responsabile dell’abuso edilizio, sia in relazione ad un presunto ulteriore obbligo, per l’Amministrazione procedente, di motivare specificamente il provvedimento in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico attuale a far demolire il manufatto, poiché la lunga durata nel tempo dell’opera priva del necessario titolo edilizio ne rafforza il carattere abusivo (trattandosi di illecito permanente), il che preserva il potere – dovere dell’Amministrazione di intervenire nell’esercizio dei suoi poteri sanzionatori, tanto più che il provvedimento demolitorio non richiede una congrua motivazione in ordine all’attualità dell’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso, che è in re ipsa. (T.A.R. Napoli sez. VI, 14/09/2016, n. 4279)
L’ordine di demolizione non deve essere necessariamente preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di atto dovuto e rigorosamente vincolato, con riferimento al quale non sono richiesti apporti partecipativi del destinatario, e il cui presupposto è costituito unicamente dalla constatata esecuzione dell’opera in totale difformità o in assenza del titolo abilitativo. Né, per lo stesso motivo, si richiede una specifica motivazione che dia conto della valutazione delle ragioni di interesse pubblico alla demolizione o della comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, senza che sussista alcuna violazione dell’art. 3, l. n. 241 del 1990. Ciò in quanto, ricorrendo i predetti requisiti, il provvedimento deve intendersi sufficientemente motivato con l’affermazione dell’accertata abusività dell’opera, essendo in re ipsa l’interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione. (T.A.R. Napoli sez. VI, 14/09/2016, n. 4279)
Ogni attribuzione del Sindaco deve intendersi venuta meno in virtù delle disposizioni legislative che hanno inteso separare, anche negli Enti locali, la funzione di indirizzo politico da quella di gestione amministrativa, riservando ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione di atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’Amministrazione verso l’esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservino agli organi di governo dell’ente. Tale modello, che risponde ad una tendenza irretrattabile di organizzazione dei poteri pubblici secondo l’apicale esigenza di distinzione fra livello politico e livello burocratico di gestione amministrativa, risulta riprodotto nello stesso schema delineato dall’art. 27, d.P.R. n. 380 del 2001 che espressamente radica la competenza dei dirigenti comunali ancorché l’abuso risulti consumato in aree soggette a vincoli paesistico – ambientali. (T.A.R. Napoli sez. VI, 14/09/2016, n. 4279)
In ordine ai presupposti legittimanti la formazione del silenzio – assenso sulle domande di condono edilizio, presentate ai sensi delle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994, la domanda di condono deve essere corredata dalla necessaria documentazione indicata dalla legge, essendo la produzione di tale documentazione indispensabile proprio al fine del riscontro dei requisiti soggettivi ed oggettivi. Sul piano oggettivo, poi, la formazione del silenzio – assenso richiede, quale presupposto essenziale, oltre al completo pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione, anche che siano stati integralmente dimostrati gli ulteriori requisiti sostanziali per usufruire del beneficio ivi inclusa la documentazione a comprova del tempo di ultimazione dei lavori (nella specie, mancata). (T.A.R. Napoli sez. VI, 14/09/2016, n. 4279)
In presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori ripetono in ogni caso le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale cui strumentalmente ineriscono. (T.A.R. Napoli sez. VI, 14/09/2016, n. 4279)
L’onere della prova in ordine all’ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere la sanatoria grava sul richiedente, in quanto, mentre l’Amministrazione non è, normalmente, in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul punto, l’interessato può fornire atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza in ordine all’epoca di realizzazione dell’abuso; al riguardo, non può ritenersi sufficiente la sola allegazione della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, la quale deve essere supportata da ulteriori riscontri documentali, eventualmente indiziari, purchè altamente probanti, quali ad esempio le fatture, le ricevute relative all’esecuzione dei lavori o all’acquisto dei materiali, rilievi aereo fotogrammetrici. (T.A.R. Napoli sez. VI, 14/09/2016, n. 4279)
L’art. 2, comma 1, lett. n ) della legge regionale Veneto n. 11 del 2013 (che concerne la disciplina del settore turistico veneto), nel definire il concetto di ” titolare della struttura ricettiva ” fa riferimento al ” titolare di impresa che organizza, nella struttura ricettiva, l’offerta di alloggio temporaneo e di servizi durante il soggiorno del cliente, con facoltà di affidare la gestione di uno o più servizi durante il soggiorno a terzi “. Da tale definizione discende che solo chi è ” titolare di impresa “, in presenza degli ulteriori requisiti, può essere qualificato come ” titolare di struttura ricettiva “, ma non è possibile affatto argomentare, che tutti i titolari di strutture ricettive debbano sempre e comunque essere titolari di imprese, anche alla luce del fatto che la lett. e ) dell’art. 2 della medesima l.r., nel definire il concetto di impresa turistica, rimanda alla vigente legislazione statale e, pertanto, alle vigenti disposizioni civilistiche che, senza operare alcuna presunzione, definiscono la nozione e lo statuto dell’imprenditore commerciale. (T.A.R. Venezia sez. III, 12/09/2016, n. 1025)
Legittimato alle azioni giudiziali relative al rapporto concessorio, in particolare all’azione risarcitoria per i danni causati dalla revoca illegittima di concessione edilizia è esclusivamente il titolare originario della concessione e, in difetto del formale atto di volturazione della medesima, la legittimazione non può trasmettersi ad alcun terzo, neppure se titolare del terreno o avente causa dal concessionario, sicchè i rapporti tra questi ultimi restano confinati, rispetto a quello con la P.A., in un ambito privato. (T.A.R. Napoli sez. III, 12/09/2016, n. 4238)
La qualificazione di un’area quale zona bianca, soggetta alle rigide prescrizioni edilizie di cui all’art. 4 ultimo comma, l. n. 10 del 1977 – poi confluito nell’art. 9, d.P.R. n. 380 del 2001 – e in Campania, all’art. 4, l. reg. n. 17 del 1982, vale in conseguenza della decadenza per decorso del termine quinquennale del vincolo preordinato all’esproprio previsto dal P.R.G.. La menzionata disciplina legislativa si dirige nei confronti delle aree nelle quali si verifichi la mancanza di qualsiasi programmazione d’uso del territorio, nella considerazione che, in assenza di norme urbanistiche attuative e di dettaglio, finisce con il riespandersi ad libitum lo ius aedificandi insito nel diritto di proprietà e, quindi, senza alcuna considerazione dell’interesse pubblico ad uno sviluppo organico del territorio comunale a fini edificatori che rimarrebbe totalmente privo di tutela. Proprio per fronteggiare siffatto rischio, la citata normativa introduce un istituto specifico, le c.d. “zone bianche”, la cui ratio è di introdurre uno strumento di salvaguardia – di carattere provvisorio – laddove non sia altrimenti desumibile la volontà degli organi pubblici preposti alla pianificazione urbanistica, di orientare e governare l’interesse pubblico alla razionale gestione del territorio. (T.A.R. Napoli sez. III, 12/09/2016, n. 4237)
In caso di presentazione di una SCIA, decorso senza esito il termine per l’esercizio del potere inibitorio, si forma il silenzio – assenso che, per espresse disposizioni legislative, equivale a provvedimento di accoglimento. Pertanto, per rimuoverne gli effetti, devono essere esperiti i poteri di autotutela, preceduti dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento, purchè vi siano i presupposti e, quindi, entro un ragionevole lasso di tempo – attualmente fissato in diciotto mesi, ai sensi del combinato disposto tra l’art. 19 comma 4, e 21 nonies, comma 1, l. n. 241 del 1990 – dopo aver valutato gli interessi in conflitto e sussistendone le ragioni di pubblico interesse, qualora l’Amministrazione avesse ravvisato ragioni di fatto e di diritto tali da imporre il ritiro del titolo abilitativo. (T.A.R. Napoli sez. III, 12/09/2016, n. 4237)
Nelle controversie in materia edilizia alla totale carenza probatoria non può supplire la consulenza tecnica di ufficio, la quale ha la funzione di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto di cognizioni tecniche non possedute, ma non è certo destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti dalla stessa dedotti e posti a base delle proprie richieste (T.A.R. Potenza sez. I, 12/09/2016, n. 877)
Nelle controversie in materia edilizia possono essere risarciti per il mero ritardo soltanto i danni che si verificano nel periodo successivo alla scadenza del termine procedimentale ex art. 2, l. 7 agosto 1990, n. 241 e che consistono nelle spese sostenute in tale periodo da chi ha presentato un’istanza ad un’Amministrazione, nell’attesa della relativa decisione. (T.A.R. Potenza sez. I, 12/09/2016, n. 877)
Ai sensi dell’art. 1226, c.c., nelle controversie in materia edilizia possono essere liquidati in via equitativa soltanto i danni asseritamente subiti, ma che non possono essere provati nel loro preciso ammontare. (T.A.R. Potenza sez. I, 12/09/2016, n. 877)
Nelle controversie in materia edilizia e relative alle domande risarcitorie trova applicazione il generale principio dell’onere della prova, secondo cui il soggetto, che deduce di aver subito un danno, ai fini del riconoscimento del suo risarcimento deve fornire la prova del danno subito in ordine sia all’ an che al quantum. (T.A.R. Potenza sez. I, 12/09/2016, n. 877)
La decadenza, per scadenza, di un piano particolareggiato non rende automaticamente l’area priva di regolamentazione urbanistica, assimilabile ad una c.d. zona bianca, ma comporta la riespansione del piano regolatore generale per la medesima zona. (T.A.R. Potenza sez. I, 12/09/2016, n. 877)
Nell’edilizia per sagoma s’intende la conformazione planovolumetrica della costruzione ed il suo perimetro, inteso in senso sia verticale che orizzontale, cioè il contorno che viene ad assumere l’edificio, con ogni punto esterno e non solamente le superfici verticali con particolari requisiti di continuità quali le pareti chiuse, essendo escluse le sole aperture che non prevedano sporgenze. (T.A.R. Potenza sez. I, 12/09/2016, n. 871)
Nell’esercizio del suo potere pianificatorio il Comune compie scelte altamente discrezionali, in linea di principio non bisognose di particolari motivazioni diverse dai criteri contenuti nella relazione al piano stesso; è però tenuto a motivare in modo più approfondito in una serie di casi eccezionali e, in particolare, allorquando vada a contrastare un affidamento qualificato dei privati, ravvisabile in primo luogo allorquando la posizione del privato si è consolidata in un titolo formale, perfetto ed efficace, ad esempio una convenzione di lottizzazione, o un accordo di diritto privato, già conclusi, ovvero nel caso in cui, a fronte di un giudicato di annullamento del diniego di permesso di costruire, l’Amministrazione non intende comunque rilasciarlo in quanto contrastante con gli strumenti urbanistici sopravvenuti in corso di giudizio; oppure ancora quando il comportamento dell’Amministrazione, anche senza stipula di atti, ha comunque ingenerato nel privato precisi affidamenti sull’edificabilità dell’area, come nel classico caso della trasformazione in agricola di un’area limitata, interclusa tra fondi già edificati in modo non abusivo. (T.A.R. Torino sez. I, 12/09/2016, n. 1137)
A differenza della nozione civilistica, ai fini edilizi, il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad una oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta un cosiddetto carico urbanistico. (T.A.R. Napoli sez. IV, 08/09/2016, n. 4196)
La valutazione dell’interesse pubblico alla demolizione è irrilevante in presenza di manufatti privi di titolo edilizio e che alterano lo stato dei luoghi, contravvenendo irrimediabilmente alla lesione della normativa urbanistica ed edilizia. (T.A.R. Napoli sez. IV, 08/09/2016, n. 4196)
In presenza di un abuso edilizio, la vigente normativa urbanistica non pone alcun obbligo in capo all’autorità comunale, prima di emanare l’ordinanza di demolizione, di verificarne la sanabilità ai sensi dell’art. 36, T.U. n. 380 del 2001. Infatti, in base al combinato disposto degli artt. 27 e 31, d.P.R. n. 380 del 2001, l’ufficio è obbligato a reprimere l’abuso e l’eventuale sanatoria è solo ad istanza di parte. (T.A.R. Napoli sez. IV, 08/09/2016, n. 4196)
Per il principio dell’onere della prova, pacificamente operante nel processo amministrativo, a fronte di elementi, forniti dal ricorrente, convergenti nel corroborare la tesi difensiva e nell’assoluta assenza di prove idonee a dimostrare il contrario, non può che ritenersi che il provvedimento impugnato non sia assistito da una idonea istruttoria atta a comprovare l’effettuazione dell’attività contestata, posto che su questo si è basato l’ordine di ripristino. In altre parole, quando la demolizione e la riduzione in pristino ha ad oggetto non un manufatto abusivo, ma la realizzazione di uno stato dei luoghi non consentito dalla legge, la parte pubblica, se investita della contestazione della parte privata, è onerata di dimostrare con qualsiasi mezzo la situazione prima e dopo l’attività asseritamente abusiva (nel caso di specie, ciò non è avvenuto, in quanto dai rilievi fotografici come confermato dalla Procura è dimostrata l’esistenza della vegetazione poi divelta ma non era assolutamente possibile capire se vi fosse o meno il dislivello tra i due terreni). (T.A.R. Napoli sez. IV, 08/09/2016, n. 4194)
È illegittimo il Piano Urbanistico Comunale (PUC) che comporti la variazione della classificazione delle aree in proprietà di soggetti privati, inserite prima in una zona la cui disciplina ammetteva l’edificazione (sia pure subordinata all’approvazione di un piano urbanistico attuativo), e poi in zona agricola, nel caso in cui tale modificazione sia motivata dalla necessità di considerare le previsioni del Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP), ma quest’ultimo non fosse stato neanche adottato all’epoca della formazione del PUC. (T.A.R. Napoli sez. II, 08/09/2016, n. 4191)
La perimetrazione del porticato non può essere ricompresa nelle attività di manutenzione straordinaria di cui alla lettera a) dell’art. 6, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 laddove trattasi di attività che altera la sagoma dell’edificio. Nella fattispecie, emerge che l’opera realizza una trasformazione edilizia poiché viene a dotare di una superficie supplementare l’immobile situato a piano terra del fabbricato (in difformità dell’originario permesso a costruire). Trattasi, peraltro, di un’opera di non facile rimozione in quanto è ancorata stabilmente al suolo per mezzo di assi di acciaio che sostengono i pannelli trasparenti che fungono da recinzione. (T.A.R. Reggio Calabria sez. I, 08/09/2016, n. 899)
L’atto notarile con il quale sono trasferiti diritti di proprietà non ha l’attitudine a certificare la natura privata o demaniale di un bene in quanto il pubblico ufficiale che riceve l’atto ha soltanto l’onere di verificare la regolarità delle trascrizioni che hanno determinato la legittimazione del soggetto dante causa. Nella fattispecie, dalla lettura dei titoli di provenienza della proprietà dell’immobile, invero, non è dato di rilevare elementi che con certezza depongano nel senso della natura privata del suolo. In ogni caso, l’ordinanza di demolizione si fonda essenzialmente sulla circostanza che sul detto suolo i manufatti sono stati realizzati in assenza di titoli edilizi e tanto è sufficiente a legittimare il potere sanzionatorio esercitato dalla amministrazione la quale, accertata la nauta abusiva di un’opera, deve ordinarne sempre la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi. (T.A.R. Reggio Calabria sez. I, 08/09/2016, n. 898)
In sede di procedimento per rilascio di titolo edilizio in sanatoria deve formare oggetto di valutazione, da parte del Comune, la sussistenza di tutti i presupposti cui la legge condiziona il suddetto rilascio e, fra essi, anche la circostanza che l’istanza di sanatoria provenga da un soggetto qualificabile come proprietario dell’edificio oggetto degli interventi della cui sanatoria giuridica si tratti e che abbia l’intera proprietà del bene, e non solo una parte o quota di esso; non può invece riconoscersi la legittimazione al semplice proprietario pro quota ovvero al comproprietario di un immobile, atteso che il contegno tenuto da quest’ultimo potrebbe pregiudicare i diritti e gli interessi qualificati dei soggetti con cui condivida la propria posizione giuridica sul bene oggetto di provvedimento; di conseguenza, in caso di pluralità di proprietari del medesimo immobile, la domanda di rilascio di titolo edilizio, sia esso o non titolo in sanatoria di interventi già realizzati, deve necessariamente provenire congiuntamente da tutti i soggetti con un diritto di proprietà sull’immobile, potendosi ritenere legittimato alla presentazione della domanda il singolo comproprietario solo ed esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul bene consenta di supporre l’esistenza di una sorta di cd. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari; segue da ciò che il titolo edilizio, volto alla realizzazione o al consolidamento dello stato realizzativo di operazioni (incidenti su parti non rientranti nell’esclusiva disponibilità del richiedente), non può essere né richiesto, non avendo il soggetto titolo per proporre tale istanza né, ovviamente, rilasciato in modo legittimo dalla Pubblica amministrazione. (Consiglio di Stato sez. IV, 07/09/2016, n. 3823)
E’ illegittimo il provvedimento con il quale l’Amministrazione comunale, intervenendo sul piano regolatore vigente, ha diviso un’area di proprietà privata in due zone, una parte Eb a pericolosità elevata e una parte Ee a pericolosità molto elevata, secondo una direttrice est-ovest che non risulta giustificata dalla conformazione delle aree e senza indicare le differenze morfologiche delle due zone, che comporterebbero anche una radicale diversa disciplina edilizia. (T.A.R. Torino sez. I, 07/09/2016, n. 1135)
E’ legittima l’ordinanza comunale di demolizione della pavimentazione di area demaniale effettuata da privati non in possesso di titolo abilitativo edilizio. (T.A.R. Ancona sez. I, 07/09/2016, n. 501)
A fronte dell’ottenimento di un titolo edilizio, la sussistenza di circostanze qualificabili come factum principis non determina automaticamente l’effetto sospensivo del termine di esecuzione dei lavori, poiché l’interessato è pur sempre onerato a chiederne la proroga. L’eventuale proroga, peraltro, deve essere accordata con espresso provvedimento dell’amministrazione la quale, a tal fine, deve accertare le circostanze dedotte dal privato e valutare se esse costituiscano un evento oggettivamente impeditivo alla prosecuzione dell’edificazione. (T.A.R. Genova sez. I, 31/08/2016, n. 922)
Se è vero che l’istituto del condono edilizio (nel caso in esame la fattispecie riguarda una sanatoria straordinaria ai sensi delle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994) non può essere utilizzato per legittimare attività edilizia nuova ed ulteriore rispetto a quella oggetto di richiesta di sanatoria, da porre in essere in epoca successiva al limite temporale che la legge prende di volta in volta in considerazione quale precondizione perché possa farsi in concreto applicazione dell’istituto clemenziale, è pur vero che non può radicalmente escludersi che il provvedimento di sanatoria possa congiuntamente abilitare l’interessato alla realizzazione di interventi di mero completamento del fabbricato abusivo, senza incrementi volumetrici o di superfici, che possano renderne possibile la sua ordinaria utilizzazione, conformemente alla sua destinazione d’uso, ovvero possano contribuire a mitigare l’impatto paesaggistico del manufatto, rendendolo maggiormente coerente con il contesto ambientale. Tal genere di interventi (normalmente di natura edilizia, ma non solo, ove si pensi, ad esempio, alla semplice piantumazione di nuove essenze arboree quale prescrizione condizionante il rilascio del titolo paesaggistico) non potrebbero essere scissi, già sul piano logico-funzionale, dal titolo in sanatoria, che anzi viene rilasciato solo a condizione che detti interventi siano realizzati, conformemente al progetto presentato. (Consiglio di Stato sez. VI, 28/06/2016, n. 2860)
Il Comune ha diritto di richiedere il contributo di costruzione per la realizzazione del green perché le opere ‘di modellamento’ dell’area verde possono essere considerate rientranti tra quelle per cui è dovuto il contributo ex art. 16 del TU, pur non essendo propriamente ‘edilizie’. (Consiglio di Stato sez. IV, 28/06/2016, n. 2915)
L’agevolazione “prima casa”, nel caso di acquisto effettuato da due coniugi, sussiste se entrambi risiedono nel Comune ove è ubicata l’abitazione oggetto di acquisto oppure se vanno a risiedervi entro 18 mesi dalla data del rogito. Essa spetta inoltre, se essi risiedono in due comuni diversi a condizione che: a) l’immobile acquistato sia ubicato in uno di questi Comuni; b) in tale Comune la famiglia (considerata nel suo insieme) abbia la sua residenza; c) si tratti di un acquisto compiuto in regime di comunione legale dei beni. (Cassazione civile sez. trib., 28/06/2016, n. 13334)
L’urbanistica concerne la disciplina dell’uso del territorio e non solo quel particolare uso consistente nella edilizia, con la conseguenza che in essa rientrano tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali di salvaguardia e di trasformazione del suolo, nonchè la protezione dell’ambiente; ne consegue ancora che, mentre per le opere di trasformazione di tipo fondiario non è normalmente richiesta la concessione, l’atto concessorio di tipo urbanistico è, invece, necessario allorchè la morfologia del territorio venga alterata in conseguenza di rilevanti opere di scavo, sbancamenti, livellamenti finalizzati ad usi diversi da quelli agricoli, compresi quelli turistici o sportivi e in applicazione di questo principio la concessione urbanistica è ritenuta necessaria anche per la realizzazione di un campo da golf. (Consiglio di Stato sez. IV, 28/06/2016, n. 2915)
Le opere “di modellamento” dell’area verde possono essere considerate rientranti tra quelle per cui è dovuto il contributo ex art. 16 d.P.R. n. 380 del 2001, pur non essendo propriamente “edilizie”; infatti, la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio (rilevante ai sensi dell’art. 16, cit.) comprende non solo le attività di edificazione, ma anche quelle consistenti nella modificazione rilevante e duratura dello stato del territorio e nell’alterazione della conformazione del suolo. (Consiglio di Stato sez. IV, 28/06/2016, n. 2915)
Ai fini del regime premiale di cui all’art. 17, comma 3, lett. c), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (esonero dal contributo di costruzione per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici) è indispensabile accertare la sussistenza di due profili, uno di carattere soggettivo, l’altro oggettivo. Il primo profilo sussiste anche in caso di soggetti privati (imprenditori individuali, società per azioni) che esercitino un’attività pubblicisticamente rilevante; per la sussistenza del secondo è necessario dimostrare che l’opera sia, per le sue oggettive caratteristiche e peculiarità, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo dell’intera collettività, non essendo sufficiente che la stessa sia legata a un interesse generale da un nesso di mera strumentalità. (Consiglio di Stato sez. IV, 28/06/2016, n. 2394)
L’azione volta alla declaratoria di insussistenza o diversa entità del debito contributivo per oneri di urbanizzazione può essere intentata a prescindere dall’impugnazione o esistenza dell’atto con il quale viene richiesto il pagamento, trattandosi di un giudizio di accertamento di un rapporto obbligatorio pecuniario, e quindi avente a oggetto diritti soggettivi, proponibile nel termine prescrizionale dinanzi al giudice amministrativo attesa la sua cognizione esclusiva ex art. 133, comma 1, lett. f), c.proc.amm. (Consiglio di Stato sez. IV, 28/06/2016, n. 2394)
La trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comprende non le sole attività di edificazione, ma anche quelle consistenti nella modificazione rilevante e duratura dello stato del territorio e nell’alterazione della conformazione del suolo che, per ciò solo, rappresenti un “intervento di nuova costruzione”, assoggettato al previo rilascio del permesso di costruire. (Consiglio di Stato sez. IV, 28/06/2016, n. 2915)
L’oblazione non è un semplice adempimento pecuniario, ma consiste in un negozio giuridico unilaterale, processuale o extraprocessuale, produttivo di effetti di diritto pubblico, nel senso che il relativo pagamento implica il riconoscimento dell’illecito con conseguente rinuncia irretrattabile alla garanzia giurisdizionale, con la conseguenza che la somma pagata non è ripetibile ed è irrilevante qualunque riserva fatta a tal fine, essendo semmai onere dell’interessato quello di far valere le proprie ragioni di fronte al giudice amministrativo prima di corrispondere la somma richiesta sicché, una volta pagata la somma determinata a titolo di oblazione, si ottiene la sanatoria e la conseguente estinzione del reato; a tal punto non è più possibile contestare innanzi al giudice amministrativo l’ammontare della somma in questione, atteso che, da un punto di vista prettamente giuridico, il procedimento di sanatoria presuppone l’adesione volontaria del soggetto interessato, che presta la propria acquiescenza alla determinazione dell’Amministrazione. (T.A.R. Bologna sez. I, 28/06/2016, n. 654)
Non sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo in caso di esecuzione anticipata dell’appalto e revoca dell’aggiudicazione quando il petitum si incentra su questioni risarcitorie e di pagamento di penali riferite sostanzialmente a inadempienze contrattuali dell’aggiudicataria e le censure dedotte non investono l’esercizio di prerogative pubblicistiche della stazione appaltante ma piuttosto l’esecuzione del rapporto contrattuale. Ciò in quanto, secondo il consolidato orientamento della Cassazione, occorre valorizzare il carattere sostanziale della natura intrinseca delle posizioni soggettive coinvolte in giudizio, con la conseguenza che non si può reputare dirimente il dato formale della mancata stipulazione del contratto, sicché il dispositivo del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione deve essere qualificato come anticipata risoluzione contrattuale motivata dall’inadempimento dell’appaltatore. (T.A.R. Firenze sez. I, 27/06/2016, n. 1088)
La ripetuta esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione dell’equilibrio psico-fisico, la cui prova può essere fornita dal danneggiato mediante presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza. (Cassazione civile sez. III, 27/06/2016, n. 13208)
Il regolamento urbanistico, laddove demanda al futuro « catasto delle aree per servizi pubblici o di interesse comune » l’individuazione delle aree soggette ad esproprio e delle aree sottoposte ad interventi di iniziativa privata, sancisce la possibilità di futura adozione di un atto istitutivo di un vincolo espropriativo. In tal modo il regolamento urbanistico istituisce non un vincolo espropriativo, ma la possibilità di un vincolo espropriativo di durata indeterminata (a differenza del vincolo espropriativo vero e proprio), possibilità che, secondo le NTA, condiziona da sé sola la disciplina edilizia delle aree coinvolte, limitata alla manutenzione ordinaria e straordinaria. Il vincolo viene pertanto introdotto sulla base di un atto e di un procedimento atipici, non previsti dall’ordinamento e non rientrante nell’ambito di previsione degli artt. 9 e seguenti del d.p.r. n. 327/2001, i quali non prevedono il regime urbanistico alternativo (o iniziativa privata o esproprio) risultante dalle NTA del regolamento urbanistico. Parimenti atipica, e quindi non ammessa dall’ordinamento, è la misura di salvaguardia (di durata indefinita) contemplata dal regolamento urbanistico, in forza della quale nelle more della redazione del catasto delle aree (la cui adozione è incerta nell’an e nel quando) sono consentiti solo interventi di manutenzione. In tal modo il Comune ha condizionato il regime edilizio ad una istruttoria futura e di incerta realizzazione, connessa all’approvazione di un atto (il catasto) la cui scelta, nell’an e nel quando, è demandata al libero e imprevedibile apprezzamento dell’amministrazione e non appare rispondente ai caratteri di tipicità e nominatività che contraddistinguono necessariamente i provvedimenti amministrativi. (T.A.R. Firenze sez. I, 27/06/2016, n. 1094)
Il piano strutturale è uno strumento di indirizzo programmatico che detta le linee generali e i principi ispiratori della pianificazione urbanistica comunale con una durata tendenzialmente indeterminata. Esso soggiace ad un obbligo di conformazione al piano regionale, dovendo recepire le direttive promananti dai piani sovraordinati, restando poi al regolamento urbanistico il compito di sviluppare nel dettaglio le sue previsioni. Qualora il PIT sopravvenga al piano strutturale, ben potrà il regolamento urbanistico recepire quest’ultimo con gli adattamenti suggeriti dalle direttive del primo, tenendo conto che l’art. 48, ultimo comma, della L.R. n. 1/2005 pone la regola di conformità degli strumenti di pianificazione territoriale al PIT. (T.A.R. Firenze sez. I, 27/06/2016, n. 1090)
Le verifiche imposte dalle norme liberalizzatrici operano su due piani: il primo riguarda la verifica dei requisiti per l’esercizio di un’attività economica, il secondo riguarda la verifica dei contenuti della pianificazione territoriale; in ordine al primo aspetto, con riferimento alle medie e grandi strutture di vendita, il regime autorizzatorio è stato confermato dal D.Lgs. n. 147 del 2012, recante disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. n. 59 del 2010, mentre, in ordine al secondo aspetto, si tratta di verificare se i limiti imposti degli atti di pianificazione urbanistica possano ritenersi correlati e proporzionati a effettive esigenze di tutela dell’ambiente urbano o afferenti all’ordinato assetto del territorio sotto il profilo della viabilità, della necessaria dotazione di standard o di altre opere pubbliche, dovendosi, in caso contrario, reputare che le limitazioni in parola non siano riconducibili a motivi imperativi di interesse generale e siano, perciò, illegittime (nella fattispecie, l’Amministrazione fondava la propria decisione su esigenze di contenimento del carico urbanistico prescindendo da valutazioni di natura prettamente economica circa la sufficienza e adeguatezza della rete distributiva alimentare e non alimentare a soddisfare la domanda e tali valutazioni, in quanto attinenti a profili urbanistici, non potevano — ad avviso del Collegio — ritenersi incompatibili con i principi in materia di liberalizzazione del mercato dei servizi sanciti dalla direttiva 123/2006/CE e dai provvedimenti legislativi che vi hanno dato attuazione. La Sezione, confermando la propria giurisprudenza, non condivideva in questo modo l’assolutezza del principio di stabilimento, nei termini invocati dalla ricorrente, sostenendo al contrario che la disciplina comunitaria in materia di liberalizzazione non potesse arrivare a travolgere in toto il potere di pianificazione urbanistica degli insediamenti, in capo all’Autorità comunale). (T.A.R. Parma sez. I, 27/06/2016, n. 199)
Mentre per le disposizioni appartenenti alla prima categoria s’impone, in relazione all’immediato effetto conformativo dello ius aedificandi dei proprietari dei suoli interessati che ne deriva, ove se ne intenda contestare il contenuto, un onere di immediata impugnativa in osservanza del termine decadenziale a partire dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio, a diversa conclusione deve pervenirsi con riguardo alle prescrizioni di dettaglio contenute nelle norme di natura regolamentare destinate a regolare la futura attività edilizia, che sono suscettibili di ripetuta applicazione ed esplicano effetto lesivo nel momento in cui è adottato l’atto applicativo e, dunque, possono essere oggetto di censura in occasione della sua impugnazione. (T.A.R. Venezia sez. III, 27/06/2016, n. 682)
Ove sussista questo indispensabile nesso di strumentalità tra struttura destinata a usi produttivi e residenza, potranno giustificarsi anche opere pertinenziali (come la piscina), in quanto funzionali a rendere più comoda o gradevole la residenza dell’imprenditore o artigiano. In definitiva, si deve ritenere che anche nelle zone destinate ad attività produttive siano consentite opere edilizie strumentali alla relativa attività, comprese le loro eventuali pertinenze. (T.A.R. Cagliari sez. II, 27/06/2016, n. 535)
Ove sia stata proposta una domanda di concessione edilizia, il vicino del richiedente o il soggetto legittimato possono intervenire nel procedimento ed impugnare il provvedimento che accoglie l’istanza, ma non hanno titolo a ricevere l’avviso di avvio del procedimento. (T.A.R. Cagliari sez. II, 27/06/2016, n. 534)
La realizzazione di un’opera pertinenziale, come la piscina, è ammissibile anche in una zona destinata ad attività produttive e artigianali, qualora l’opera sia funzionale a rendere più comoda o gradevole la residenza dell’imprenditore o artigiano, che svolga la sua attività nello stesso stabile o edificio in cui vive. (T.A.R. Cagliari sez. II, 27/06/2016, n. 535)
La costruzione di un ascensore, con la realizzazione dei relativi vani di accesso, integra la realizzazione di semplici volumi tecnici, esclusi dal calcolo della volumetria sia degli edifici a uso abitativo, sia, in assenza di esplicite disposizioni di segno contrario, degli edifici commerciali. (T.A.R. Cagliari sez. II, 27/06/2016, n. 534)
Nella Regione Puglia il divieto, previsto dall’art. 51 lett. f), l. rg. n.56 del 1980 fino all’entrata in vigore dei piani territoriali, di qualsiasi opera di edificazione entro la fascia di 300 metri dal confine del demanio marittimo o dal ciglio più elevato sul mare, è un vincolo assoluto ma con carattere di temporaneità, essendo destinato ad essere sostituito dai piani territoriali di volta in volta approvati. (T.A.R. Lecce sez. I, 24/06/2016, n. 1032)
Nella edilizia i ruoli di progettista destinato a firmare il progetto e di incaricato del coordinamento delle prestazioni devono essere obbligatoriamente assegnati ad un architetto o ad un ingegnere. (T.A.R. Torino sez. II, 24/06/2016, n. 928)
Tra gli abusi edilizi c.d. “maggiori”, gli unici che a priori non possono ritenersi condonabili, se commessi in zona assoggettata a vincolo, sono quelli che, nella Tabella A allegata al d.l. 30 settembre 2003, n. 269, sono indicati come abusi di tipologia 1, che per definizione sono gli abusi non conformi alla normativa edilizia ed urbanistica. (T.A.R. Torino sez. II, 24/06/2016, n. 900)
Il diniego di condono edilizio contiene la puntuale enucleazione dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto che ne giustificano l’adozione. (T.A.R. Perugia sez. I, 24/06/2016, n. 521)
Ai sensi dell’ art. 31, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 l’ordinanza di demolizione ha come destinatari il proprietario ed il responsabile dell’abuso, in forma non alternativa, ma congiunta e simultanea, così rendendo palese che entrambi questi soggetti sono chiamati a ripristinare il corretto assetto edilizio violato dall’abuso. (T.A.R. Perugia sez. I, 24/06/2016, n. 521)
È inammissibile il ricorso proposto avverso l’atto dell’Area Tecnica del Comune di accertamento di inottemperanza ad un’ordinanza di demolizione, attesa la sua natura eminentemente dichiarativa, accentuata dalla ulteriore qualificazione dello stesso quale atto di avvio del procedimento demolitorio d’ufficio. (T.A.R. Napoli sez. II, 24/06/2016, n. 3242)
In tema di determinazione dell’indennità di esproprio, l’art. 5 bis, comma 3, del d.l. n. 333 del 1992, conv., con modif., dalla l. n. 359 del 1992 (ora recepito negli artt. 32 e 37 del d.P.R. n. 327 del 2001), ha prescelto, quale unico criterio per individuare la destinazione urbanistica del terreno espropriato, quello dell’edificabilità legale, sicché un’area va ritenuta edificabile solo ove risulti classificata come tale dagli strumenti urbanistici vigenti al momento della vicenda ablativa, e non anche quando la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità ecc.), che comporta un vincolo di destinazione preclusivo ai privati di tutte le forme di trasformazione del suolo riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, quale estrinsecazione dello “ius aedificandi” connesso con il diritto di proprietà ovvero con l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area, come tali, soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia. Ne consegue l’esclusione della natura edificatoria di un suolo che, nel relativo piano regolatore, ricada in zona destinata a servizi ospedalieri-parcheggio. (Cassazione civile sez. I, 24/06/2016, n. 13172)
La dimostrazione della doppia conformità delle opere abusive implica un estremo rigore nel fornire gli elementi idonei a vagliarne la sussistenza, trattandosi appunto di conservare opere edilizie realizzate abusivamente. (T.A.R. Roma sez. II, 24/06/2016, n. 7354)
La carenza di motivazione non inficia il rigetto silenzioso della domanda di sanatoria edilizia, essendo l’obbligo di motivazione imposto solo per il caso in cui il Comune intenda accogliere la domanda di conservazione, e ciò allo scopo di tutelare la collettività e gli eventuali controinteressati rispetto alla determinazione di sanare un abuso edilizio. L’obbligo di adeguata motivazione, infatti, non può che riguardare l’ipotesi in cui l’Amministrazione ritenga di accogliere la richiesta di accertamento di conformità; l’imposizione di siffatto obbligo, in tale caso, appare altresì coerente con la ragione dell’istituto, trattandosi di sanare ex post un abuso edilizio. (T.A.R. Roma sez. II, 24/06/2016, n. 7354)
Il silenzio serbato dall’Amministrazione in relazione all’istanza di accertamento di conformità non può essere qualificato quale silenzio – inadempimento, bensì, stante il chiaro disposto di cui all’art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001, deve essere ritenuto un provvedimento tacito di rigetto. Il silenzio dell’Amministrazione protratto oltre il termine di sessanta giorni, a fronte di un’istanza di accertamento di conformità urbanistica presentata ai sensi dell’art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001, costituisce un’ipotesi di silenzio significativo al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento di rigetto dell’istanza, così determinandosi una situazione del tutto simile a quella che si verificherebbe in caso di un provvedimento espresso di diniego, impugnabile per il contenuto reiettivo dell’atto. (T.A.R. Roma sez. II, 24/06/2016, n. 7354)
La presentazione dell’istanza volta all’accertamento di conformità delle opere abusive prima che sia impugnata l’ordinanza di demolizione, rende inammissibile l’impugnazione, per carenza di interesse, in quanto l’istanza comporta la perdita di efficacia del provvedimento ripristinatorio. (T.A.R. Genova sez. I, 22/06/2016, n. 642)
Il potere di sospensione dei lavori edili in corso, attribuito all’Autorità comunale dall’art. 27 comma 3, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, ha natura cautelare, in quanto è teso ad evitare che la prosecuzione dei lavori determini un aggravio del danno urbanistico, e dalla natura interinale e provvisoria del relativo provvedimento discende che, allo spirare del termine di 45 giorni dalla sua adozione, laddove l’amministrazione non abbia emanato alcun provvedimento sanzionatorio definitivo, l’ordine in questione perde ogni efficacia; tutto ciò nella considerazione che l’ordinanza di sospensione dei lavori è un provvedimento eccezionale, con efficacia strettamente limitata nel tempo, avente il solo scopo (cautelare) di impedire il procedere della costruzione, in modo da consentire alla Pubblica amministrazione di potersi determinare con una misura sanzionatoria (ordine di demolizione, ovvero applicazione di una sanzione pecuniaria), non potendosi consentire che il destinatario possa essere esposto sine die all’incertezza circa la sussistenza del proprio jus aedificandi. (Consiglio di Stato sez. IV, 22/06/2016, n. 2758)
Per i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico tutelati dalla legge sussiste l’obbligo legislativo di ottenere la preventiva autorizzazione della Soprintendenza competente per territorio per il progetto degli interventi che intendono intraprendere; in effetti la preventiva autorizzazione della competente Soprintendenza non può ritenersi alla stregua di un incombente puramente formale, inidoneo di per sé a modificare le conclusioni dell’Amministrazione comunale, essendo il preventivo rilascio dell’autorizzazione della Soprintendenza essenziale per le zone in cui emerge un rilevante interesse paesaggistico, culturale ed ambientale. (Consiglio di Stato sez. IV, 22/06/2016, n. 2755)
I provvedimenti sanzionatori sono legittimamente adottati nei confronti dei proprietari catastali degli immobili dovendosi prescindere dagli eventuali rapporti interprivati tra gli autori degli abusi e i proprietari l’ordine di demolizione è legittimamente notificato al proprietario catastale dell’area il quale fino a prova contraria è quanto meno corresponsabile dell’abuso. (Consiglio di Stato sez. IV, 22/06/2016, n. 2747)
Ricorre il vizio di omesso esame di un fatto decisivo e controverso di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (nel testo attualmente vigente, all’esito delle modiche apportate dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012), quando venga preclusa alla parte la possibilità di assolvere l’onere probatorio su lei gravante, sulla base di motivazioni apparenti o perplesse. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, a fronte di una domanda di risoluzione, per inadempimento dell’affittuario, di un contratto di affitto agrario, aveva per un verso onerato l’affittuario della prova dell’adempimento, negando nel contempo ingresso, con asserzione d’ininfluenza, sia alle prove orali dirette a dimostrare fatti incompatibili con le condotte inadempienti allegate dal concedente e contestate dal convenuto, sia ad una consulenza tecnica d’ufficio percipiente volta a valutare l’effettiva situazione del fondo pretesamente alterata dall’affittuario). (Cassazione civile sez. III, 22/06/2016, n. 12884)
In materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario, la posizione di quest’ultimo può ritenersi neutra rispetto alle sanzioni previste dal D.P.R. n. 380 del 2001, e ciò con particolare riguardo all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene quando risulti, in modo inequivocabile, l’estraneità del proprietario stesso rispetto al compimento dell’opera abusiva ovvero risulti che, essendone venuto a conoscenza, il proprietario si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall’ordinamento, poiché, pur in assenza di ogni coinvolgimento nella realizzazione delle opere non autorizzate, la legge pone a carico del proprietario non una responsabilità — che sarebbe oggettiva e, come tale, contraria ai principi dell’ordinamento — bensì un obbligo di cooperazione nella rimozione delle opere abusive il cui mancato adempimento può anche comportare la sanzione dell’acquisizione gratuita del terreno. (T.A.R. Bologna sez. II, 21/06/2016, n. 613)
In linea generale, non può essere detto in astratto in cosa debba consistere la cooperazione del proprietario nella rimozione degli abusi edilizi e urbanistici, in quanto il contenuto della cooperazione dipende dalle singole fattispecie: è chiaro, infatti, che il proprietario che non abbia riacquisito la detenzione del fondo non potrà materialmente provvedere alla demolizione delle opere ivi insistenti ma solo diffidare il conduttore al ripristino dello status quo ante; mentre, diversamente, qualora egli al momento della notifica dell’ordinanza che ingiunge la demolizione abbia riacquisito la materiale disponibilità dell’area dovrà farsi carico della demolizione delle opere, con possibilità di rivalsa sui responsabili in base ai principi civilistici. (T.A.R. Bologna sez. II, 21/06/2016, n. 613)
In tema di motivazione delle scelte urbanistiche espresse con l’approvazione dello strumento urbanistico generale, costituiscono apprezzamenti largamente discrezionali, sottratti al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità. Anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali seguiti nell’impostazione del piano stesso, risultanti dalla relazione di accompagnamento al progetto di piano regolatore generale. (T.A.R. Cagliari sez. II, 21/06/2016, n. 524)
Può considerarsi un semplice pergolato, non comportante aumento di volumetria o superficie utile, solo quel manufatto realizzato in struttura leggera di legno che funge da sostegno per piante rampicanti o per teli, idonea a realizzare in tal modo una ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni, destinate ad un uso del tutto momentaneo, con la conseguenza che perché possa qualificarsi come mero arredo di uno spazio esterno, che non comporta realizzazione di superfici utili o volume, è necessario che l’opera consista in una struttura precaria, facilmente rimovibile, non costituente trasformazione urbanistica del territorio, laddove – al contrario – va qualificata come un intervento di nuova costruzione la realizzazione di una struttura di importanti dimensioni, ancorché contraddistinta da materiali leggeri quali legno e ferro, che rendono la stessa solida e robusta e che fanno desumere una permanenza prolungata nel tempo del manufatto stesso. (T.A.R. Bologna sez. II, 21/06/2016, n. 612)
È illegittima l’ordinanza di demolizione ex art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 emanata in pendenza dell’esame dell’istanza di condono, in quanto, ai sensi degli artt. 38, 43 e 44 della Legge n. 47/1985 (richiamati dall’art. 32, comma 25 del D.L. n. 269/2003), la presentazione dell’istanza di condono edilizio determina l’obbligo per l’Amministrazione comunale di procedere in primo luogo al suo esame, paralizzando il corso dei procedimenti per l’applicazione delle misure repressive fino alla definizione della domanda di sanatoria. (T.A.R. Napoli sez. II, 21/06/2016, n. 3128)
In caso di acquisizione gratuita al patrimonio comunale a seguito di inottemperanza all’ordinanza di demolizione, mentre per l’area di sedime l’automatismo dell’effetto acquisitivo rende superflua ogni motivazione sul punto, l’individuazione di un’area ulteriore da acquisire (oltre a dover essere precisata con apposite indicazioni relative alla sua estensione) deve essere giustificata dall’esplicitazione delle opere necessarie ai fini urbanistico-edilizi, che siano destinate ad occupare l’intera zona di terreno che il Comune intende acquisire. (T.A.R. Napoli sez. II, 21/06/2016, n. 3118)
Nel caso di beni soggetti a vincolo paesaggistico la denuncia di inizio attività in assenza dell’autorizzazione paesaggistica non produce effetti e le opere costruite in relazione ad essa possono ritenersi al pari di opere realizzate in assenza di titolo abilitativo. (T.A.R. Ancona sez. I, 18/06/2016, n. 409)
Deve essere riconosciuta portata autonomamente lesiva all’atto consiliare di adozione di una variante al piano regolatore generale, con riferimento alle posizioni giuridiche dei proprietari delle aree dalla stessa interessate i quali, pertanto, sono legittimati all’immediata impugnazione; ciò, in quanto la delibera comunale di adozione di una variante allo strumento urbanistico, pur costituendo un elemento della fattispecie complessa che si completa con il successivo atto di approvazione nell’ordinamento vigente, ha acquisito anche un’efficacia imperativa diretta e propria, che ne fa uno strumento di governo del territorio, che impedisce gli interventi edilizi ed urbanistici contrastanti con esso ed impone l’applicabilità delle misure di salvaguardia. (T.A.R. Torino sez. I, 17/06/2016, n. 868)
Lo speciale canone previsto dall’art. 13 della l. n. 497 del 1978 per la locazione degli alloggi di servizio destinati al personale militare si applica, a far data dal 10 gennaio 1999, subordinatamente al verificarsi delle condizioni previste dall’art. 4, comma 12, della stessa legge, che ha previsto l’anticipazione degli effetti reali delle permute concluse per la realizzazione degli alloggi ad una data anteriore alla stipulazione definitiva purché, al 31 dicembre 1998, fossero state avviate le trattative tra Ministero della Difesa ed enti locali finalizzate alla conclusione dei contratti di permuta e, prima di questi, vi fosse stata la destinazione degli immobili ceduti dal Ministero al soddisfacimento degli interessi delle comunità residenti nel relativo ambito territoriale, nonché delle esigenze abitative del personale militare degli alloggi di servizio realizzati con le risorse finanziarie dell’ente locale, in base ad intese (non necessariamente scritte) fra gli enti stessi. (Cassazione civile sez. III, 17/06/2016, n. 12538)
L’accordo preliminare di cessione di cubatura non necessita della forma scritta “ad substantiam”, poiché esso non ha effetto traslativo, ma solo obbligatorio, impegnando il proprietario cedente a consentire che la cubatura spettantegli in base agli strumenti urbanistici sia attribuita dalla P.A. al cessionario, proprietario di un fondo compreso nella medesima zona urbanistica. (Cassazione civile sez. II, 17/06/2016, n. 12631)
Il diritto di credito nascente dalla cessione di cubatura attiene alla qualità fondiaria oggetto del rapporto obbligatorio e non alla persona dei suoi titolari, sicché, non avendo carattere strettamente personale, esso può essere trasferito senza il consenso del debitore a norma dell’art. 1260 c.c. (Cassazione civile sez. II, 17/06/2016, n. 12631)
Sia l’Amministrazione comunale nell’evadere le richieste di permesso di costruire sia il giudice, nel valutarne l’operato, devono tener conto della strumentazione urbanistica così come è nella realtà, e non certo come si vorrebbe che fosse nei desiderata del richiedente. (Consiglio di Stato sez. IV, 17/06/2016, n. 2694)
Qualora un titolo ad aedificandum non venga eseguito a causa del crollo dell’edificio – anche se dovuto a cause esterne e non imputabili ai lavori intrapresi dal concessionario – esso perde efficacia e non può essere invocato per legittimare, neanche parzialmente, un successivo intervento di integrale demolizione e ricostruzione dell’edificio medesimo. (Consiglio di Stato sez. IV, 17/06/2016, n. 2693)
Nel caso in cui sia oggetto di trasferimento a titolo oneroso una quota di fondo rustico, condotto in affitto da un coltivatore diretto che, contemporaneamente, sia anche coerede con l’alienante di quel fondo, il diritto di prelazione previsto in suo favore dall’art. 8 della l. n. 590 del 1965 concorre, senza escluderlo, con il diritto di prelazione di cui all’art. 732 c.c., sicché il titolare può esercitare in giudizio i due diritti di prelazione, l’uno in via principale e l’altro in via subordinata, senza che la proposizione dell’uno implichi rinuncia all’altro. (Cassazione civile sez. III, 17/06/2016, n. 12520)
In tema di rapporti agrari, la scelta del locatore di non giovarsi della facoltà di chiedere la risoluzione in forza di una clausola risolutiva espressa che preveda, tra le cause della risoluzione di diritto, la violazione dell’obbligo di non eseguire opere non autorizzate, non comporta anche la rinuncia ad avvalersi dell’ulteriore clausola contrattuale che riconosca, al locatore medesimo, la facoltà di decidere, al termine dell’affitto, tra l’acquisizione gratuita dei miglioramenti eseguiti dal conduttore ovvero la riduzione in pristino, totale o parziale. (Cassazione civile sez. III, 17/06/2016, n. 12518)
La pertinenza può essere riconosciuta, ai fini edilizi, se vi è un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra la cosa accessoria e quella principale, cioè un nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso pertinenziale durevole, e (soprattutto) se l’opera pertinenziale ha una dimensione ridotta e modesta rispetto alla cosa cui esso inerisce, tale da rendere l’opera priva di un autonomo valore di mercato e non comportante un carico urbanistico o una alterazione significativa dell’assetto del territorio. (Consiglio di Stato sez. VI, 16/06/2016, n. 2658)
Possono considerarsi volumi tecnici solo quei volumi che sono realizzati per esigenze tecnico-funzionali della costruzione (per la realizzazione di impianti elettrici, idraulici, termici o di ascensori), che non possono essere ubicati all’interno di questa e che sono del tutto privi di propria autonoma utilizzazione funzionale, anche potenziale. (Consiglio di Stato sez. VI, 16/06/2016, n. 2658)
Sebbene per realizzare un’opera edilizia nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico occorra sia l’assenso a fini edilizi sia l’assenso a fini paesaggistici, con la conseguenza che in tali aree non si può realizzare un’opera edilizia se non sono presenti entrambi i titoli abilitativi, tuttavia i due atti di assenso operano su piani diversi, essendo posti a tutela di interessi pubblici che sono solo parzialmente coincidenti. Pertanto, il possibile rilascio di uno dei due atti di assenso non comporta il necessario rilascio anche dell’altro e la mancanza del necessario titolo edilizio non consente la realizzazione di un’opera anche se per la stessa è stato rilasciato l’assenso a fini paesaggistici. (Consiglio di Stato sez. VI, 16/06/2016, n. 2658)
La natura strettamente vincolata delle determinazioni in materia di abusi edilizi esclude la possibilità di apporti partecipativi dei soggetti interessati e, conseguentemente, di un obbligo di previa comunicazione di avvio del procedimento. (T.A.R. Napoli sez. VI, 16/06/2016, n. 3027)
Le opere edilizie abusive realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico si considerano eseguite in totale difformità dalla concessione e, anche ove costituenti pertinenze o volumi tecnici, non sono suscettibili di autorizzazione in luogo della concessione; fermo che in materia urbanistica, a differenza che nella materia civilistica, possono costituire pertinenza solo manufatti inidonei ad alterare in modo significativo l’assetto del territorio, ove vi sia alterazione dell’aspetto esteriore, le stesse risultano soggette alla previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica. Il che comporta che, quand’anche si ritenessero le opere pertinenziali o precarie, l’applicazione della sanzione demolitoria è, comunque, doverosa ove non sia stata ottenuta alcuna previa autorizzazione paesistica. (T.A.R. Napoli sez. VI, 16/06/2016, n. 3027)
La presentazione dell’istanza di condono comporta l’obbligo, nella specie non assolto, per l’Amministrazione di pronunciarsi espressamente sulla stessa prima di dare ulteriore corso al procedimento repressivo, tant’è che, a norma degli artt. 38 e 44, l. n. 47 del 1985, si verifica la sospensione dei procedimenti amministrativi sanzionatori, con la conseguenza che i provvedimenti repressivi adottati in pendenza di istanza di condono sono illegittimi perché in contrasto con l’art. 38, l. n. 47 del 1985, il cui disposto impone all’Amministrazione di astenersi, sino alla definizione del procedimento attivato per il rilascio della concessione in sanatoria, da ogni iniziativa repressiva che vanificherebbe a priori il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria. Detto principio trova applicazione anche quando, come nel caso di specie, gli immobili per i quali è chiesto il condono ricadano in zona vincolata, essendo comunque l’Amministrazione tenuta, a fronte della domanda, ad esprimersi anche in senso negativo circa la sussistenza dei presupposti per la sanabilità dell’intervento, ai sensi dell’art. 32 comma 27, l. n. 269 del 2003, convertito dalla l. n. 326 ddl 2003. (T.A.R. Napoli sez. VI, 16/06/2016, n. 3027)
La determinazione della volumetria consentita in un’area deve pur sempre tener conto del dato reale, di come, cioè, gli immobili si trovano e delle relazioni che intrattengono con l’ambiente circostante in virtù del complesso degli effetti riconducibili ad atti di soggetti pubblici e privati nonché a fatti della più varia natura, ma idonei, in ogni caso, ad incidere sull’edificabilità (4). (T.A.R. Milano sez. II, 15/06/2016, n. 1191)
Nel computo della volumetria assentibile in ciascuna zona di Piano Regolatore sono da ricomprendere anche gli edifici preesistenti, in quanto le previsioni degli strumenti urbanistici sui limiti entro i quali è consentita l’edificazione devono essere riferite non solo all’edificazione ulteriore rispetto a quella già esistente al momento della loro approvazione, ma piuttosto all’edificazione complessivamente realizzabile sull’area. (T.A.R. Milano sez. II, 15/06/2016, n. 119)1
L’annullamento giurisdizionale del permesso di costruire provoca la qualificazione di abusività delle opere edilizie realizzate in base ad esso, per cui il Comune, stante l’efficacia conformativa, oltre che costitutiva e ripristinatoria, della sentenza del giudice amministrativo, è obbligato a dare esecuzione al giudicato, adottando i provvedimenti consequenziali; questi, peraltro, non devono necessariamente avere ad oggetto la demolizione delle opere realizzate: l’art. 38, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 prevede invece una gamma articolata di possibili soluzioni, della valutazione delle quali l’atto conclusivo del nuovo procedimento dovrà ovviamente dare conto. (Consiglio di Stato sez. IV, 15/06/2016, n. 2631)
Nelle gare pubbliche l’onere della prova in ordine all’ultimazione delle opere abusive in data utile per fruire del condono edilizio spetta al privato richiedente e non all’Amministrazione pubblica, poiché solo l’interessato può fornire inconfutabili documenti che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione dell’abuso; inoltre tale prova deve essere alquanto rigorosa, e in particolare non risultano sufficienti mere dichiarazioni sostitutive di atto notorio, richiedendosi invece documentazione certa e univoca, sull’evidente presupposto che nessuno meglio di chi richiede la sanatoria e ha realizzato l’opera può fornire elementi chiari sulla data di realizzazione dell’abuso; in difetto di tali prove, resta pertanto integro il potere dell’Amministrazione di negare la sanatoria dell’abuso. (Consiglio di Stato sez. IV, 15/06/2016, n. 2626)
Tra le controversie attribuite dagli artt. 21 e 447 bis c.p.c. alla competenza territoriale inderogabile del giudice in cui si trova l’immobile sono comprese le controversie in materia di affitto di azienda, dovendo il giudice competente individuarsi con riferimento al luogo in cui è posta l’azienda del cui affitto si discute. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto competente il giudice del luogo in cui si trovavano i beni strumentali all’esercizio dell’azienda, a nulla rilevando la sede legale della società conduttrice). (Cassazione civile sez. VI, 15/06/2016, n. 12371)
La giurisdizione del giudice amministrativo di cui all’art. 133 comma 1, lett. b), c.p.a., si estende al rapporto derivante dal provvedimento di assegnazione, ogni volta che questo attenga alla tutela degli interessi pubblici connessi all’individuazione dei soggetti che hanno titolo per accedere alle assegnazioni di alloggi di servizio, mentre le controversie relative ad aspetti patrimoniali (quali le indennità, canoni e altri corrispettivi) scaturenti dal rapporto tra concedente ed assegnatario rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario. In ragione di ciò, le controversie come quella di specie – nella quale formano oggetto di contestazione esclusivamente questioni patrimoniali connesse al godimento di un alloggio demaniale – rientrano nell’ambito di giurisdizione del giudice ordinario. (T.A.R. Trento sez. I, 14/06/2016, n. 253)
È legittimo il provvedimento comunale di decadenza del titolo concessorio, relativo a costruzione di un fabbricato in cemento armato, basato sulla illegittimità della denuncia di inizio lavori per l’assenza del direttore dei lavori. Difatti, nel sistema del d.P.R. n. 380/2001 (cfr. gli art. 64, 65 e 67) emerge la non eludibile presenza della figura del direttore dei lavori, quale imprescindibile elemento di validità del rilasciato titolo concessorio (nella fattispecie, il direttore dei lavori nominato non ha mai svolto le funzioni delle quali era stato officiato, atteso che ha comunicato la rinuncia alla direzione per motivi di salute, nonché di non aver mai iniziato tale prestazione). (T.A.R. Reggio Calabria sez. I, 14/06/2016, n. 677)
È illegittimo, per difetto di motivazione, il parere ministeriale che, nell’ambito del procedimento per una sanatoria edilizia di un intervento in zona vincolata, faccia generico riferimento all’incompatibilità dell’intervento in quanto costitutivo di superfici utili e volumi, senza tuttavia individuarli in concreto e senza tenere conto degli apporti consultivi favorevoli resi dalla Regione nell’ambito del procedimento, indicando, anche succintamente, le ragioni per cui intende discostarsene. (T.A.R. Cagliari sez. II, 14/06/2016, n. 512)
La clausola compromissoria contenuta nello statuto di una cooperativa edilizia avente per oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci si applica alle sole controversie endosocietarie, sicché, in assenza di espressa previsione statutaria ovvero di autonoma clausola nell’atto di prenotazione o di assegnazione ovvero in quello di trasferimento immobiliare, non si estende alla controversia relativa al trasferimento di proprietà, giacché il socio di una cooperativa edilizia è titolare di due distinti, seppur collegati, rapporti, uno di carattere associativo, derivante dall’adesione al contratto sociale, l’altro originante dal contratto bilaterale di scambio, la cui causa è del tutto omogenea a quella della compravendita. (Cassazione civile sez. VI, 13/06/2016, n. 12124)
L’ordine di demolizione degli abusi edilizi non presuppone l’accertamento dell’elemento soggettivo integrante responsabilità a carico del suo destinatario, non è un provvedimento diretto a sanzionare un comportamento illegittimo da parte del trasgressore, ma ha natura di atto ripristinatorio, con la funzione di eliminare le conseguenze della violazione edilizia, attraverso la riduzione in pristino dello stato dei luoghi che consegue alla rimozione delle opere abusive. (T.A.R. Roma sez. I, 13/06/2016, n. 6732)
L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile abusivo, del sedime e della relativa area di pertinenza costituisce effetto automatico della mancata ottemperanza all’ordinanza di ingiunzione della demolizione, ha natura meramente dichiarativa e non implica scelte di tipo discrezionale, con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, una volta avveratisi i suddetti presupposti, non incombe alla P.A. un peculiare obbligo di motivazione in ordine alla misura dell’acquisizione. (T.A.R. Roma sez. I, 13/06/2016, n. 6732)
L’ordine demolitorio di interventi abusivi è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendosi nemmeno ammettere l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non potrebbe legittimare. (T.A.R. Roma sez. I, 13/06/2016, n. 6732)
L’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti costituiscono atti vincolati. (T.A.R. Roma sez. I, 13/06/2016, n. 6732)
La realizzazione di una veranda di dimensioni pari a circa mq 180, ancorata al terreno, su due livelli, con tetto a due falde nella parte superiore, costituita da capriate e travature fissate al terreno con staffe in ferro e da un volume tamponato e fisso nella parte sottostante, sostanzia una rilevante e stabile volumetria fuori terra, rientrante nel novero degli “interventi di nuova costruzione”, di cui all’art. 3 comma 1, lett. e), d.P.R. n. 380 del 2001, che il successivo art. 10 subordina al rilascio del permesso a costruire, stante la loro idoneità a modificare l’assetto urbanistico del territorio, pena la sanzionabilità degli stessi con l’ingiunzione di demolizione di cui all’art. 31. (T.A.R. Roma sez. I, 13/06/2016, n. 6744)
L’ordine di demolizione conseguente all’accertamento del carattere abusivo di opere edilizie è misura sanzionatoria che consegue automaticamente all’inosservanza di disposizioni urbanistiche, secondo un procedimento di natura vincolata puntualmente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge; esso, pertanto, quale atto dovuto, sorge in virtù di un presupposto di fatto – l’abuso – di cui il privato deve essere considerato ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo. (T.A.R. Roma sez. I, 13/06/2016, n. 6744)
Il fatto dell’intercorso lungo tempo dalla realizzazione dell’abuso al provvedimento sanzionatorio non elide né aggrava quanto a motivazione il doveroso e imprescrittibile esercizio del potere sanzionatorio da parte della P.A.. Invero, l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare. (T.A.R. Roma sez. I, 13/06/2016, n. 6744)
L’attività richiesta per poter usufruire dell’incentivo per la costruzione in terreni compresi in un piano urbanistico particolareggiato non può essere limitata alla realizzazione delle sole opere di urbanizzazione (anche quando siano oggetto di convenzione di lottizzazione), ma deve concretizzarsi nella realizzazione di una nuova costruzione. (Cassazione civile sez. VI, 13/06/2016, n. 12047)
La realizzazione di parcheggi in costruzioni di nuova realizzazione esula dalle previsioni di cui alla legge n. 122/1989, con la conseguenza che in tal caso il soggetto interessato è tenuto a corrispondere il costo di costruzione. Infatti, l’art. 9 della legge n. 122/1989 riguarda i soli edifici esistenti e non anche gli edifici nuovi, per i quali trova invece applicazione l’art. 41-sexies della legge urbanistica n. 1150/1942, come sostituito dall’art. 2 della legge n. 122/1989; perché si possa beneficiare dell’esonero dal contributo concessorio, deve trattarsi di parcheggi da realizzare, con vincolo di pertinenzialità rispetto alle unità immobiliari dei residenti o comunque ad uso esclusivo dei residenti in tali unità immobiliari, in edifici già esistenti. (T.A.R. Catania sez. II, 10/06/2016, n. 1576)
In tema di permesso di costruire, in ipotesi di stabile collegamento o vicinitas, deve ravvisarsi la legittimazione attiva in capo ai soggetti titolari di immobili frontisti, confinanti o limitrofi, nonché versanti in situazioni differenziate tutelabili, in quanto suscettibili di essere incise dall’adozione di un provvedimento autorizzativo in favore altrui. (T.A.R. Bari sez. III, 09/06/2016, n. 719)
L’art. 33 della legge n° 47 del 1985 stabilisce che il condono non è ammesso quando le opere siano in contrasto con il vincolo idrogeologico. Trattasi nel caso di specie di opere che, in relazione alla proprie caratteristiche, comportanti tra l’altro aumento di superficie e volume, sono in contrasto col vincolo idrogeologico sul sito, che impone al contrario il trasferimento degli abitati. Le particolari caratteristiche idrogeologiche del sito, così come valutate dall’amministrazione col provvedimento impugnato, sono state confermate dal piano per l’assetto idrogeologico e dal piano territoriale di coordinamento provinciale (successivi all’adozione del provvedimento impugnato) che hanno considerato l’area in questione a pericolosità elevata con specifico divieto di opere che comportino aumento di superficie o di volume, quali quelle di cui al presente ricorso per le quali era stato richiesto il condono. (T.A.R. Venezia sez. II, 09/06/2016, n. 596)
Come già rilevato, il termine di 18 mesi per l’esercizio del potere di annullamento deve considerarsi perentorio. L’esercizio del potere di annullamento delle concessioni edilizie illegittime da parte della Regione (nel caso di specie della Provincia in seguito a delega) risulta essere una potestà eccezionale che, in quanto tale, è soggetta a rigorosi limiti, tra cui quello del suo esercizio entro il termine perentorio di 18 mesi decorrente dall’accertamento delle violazioni. Quanto alla decorrenza del termine a quo, per giurisprudenza consolidata, il termine di 18 mesi per l’esercizio del potere di annullamento delle concessioni edilizie illegittime da parte della Regione decorre non dalla mera presa di cognizione da parte della Regione dei necessari elementi di fatto, ma dalla conclusione dello svolgimento, sia pure sommario, dell’esame ragionato dei medesimi e delle pertinenti valutazioni tecnico -giuridiche. (T.A.R. L’Aquila sez. I, 09/06/2016, n. 362)
Il termine di 18 mesi previsto dall’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 per l’esercizio del potere di annullamento straordinario dei titoli edilizi deve considerarsi perentorio e decorre non dalla mera presa di cognizione da parte della Regione dei necessari elementi di fatto, ma dalla conclusione dello svolgimento, sia pure sommario, dell’esame ragionato dei medesimi e delle pertinenti valutazioni tecnico-giuridiche. Per cui, tale termine iniziale coincide con quello di deposito della relazione del funzionario che ha svolto i necessari accertamenti tecnici, posto che è da tale momento che l’amministrazione è in grado di esercitare il potere conferitole dalla legge. (T.A.R. L’Aquila sez. I, 09/06/2016, n. 362)
In ordine alla competenza ad adottare i provvedimenti di annullamento straordinario dei titoli edilizi, precedentemente all’entrata in vigore del d.P.R. n. 380 del 2001, il potere di annullamento delle concessioni edilizie illegittime risultava attribuito dalla legge regionale n. 114 del 2000 alla Regione e da questa delegato alla Provincia secondo quanto indicato nella suddetta legge regionale. L’art. 39 del d.P.R. n. 380 del 2001 non pare avere modificato tale quadro di competenze, essendosi limitato a ribadire la sussistenza in capo alla Regione del potere di annullamento, senza far venire automaticamente meno la delega regionale operata in favore della Provincia. Né è sostenibile che tale potere sarebbe una competenza propria indelegabile della Regione in quanto il conferimento di potere operato dall’art. 39 del d.P.R. n. 380 del 2001 non si pone come limitativo alla possibilità di delegare tale funzione all’ente locale provinciale. A riprova di ciò, la previsione dell’esercizio delegato di tale potere da parte della Provincia ha trovato una espressa conferma normativa nell’art. 9, comma 1, della sopravvenuta l.r. n. 14 del 2010, che non ha portata innovativa, bensì si limita a prendere atto della competenza delegata vigente in materia ed a ribadire, con efficacia interpretativa, in considerazione del mutato quadro normativo, la già esistente delega di competenza alla provincia. (T.A.R. L’Aquila sez. I, 09/06/2016, n. 362)
Ai sensi dell’art. 27, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 deve sempre essere disposta la rimozione delle opere abusive che risultino essere state realizzate in difformità dalle previsioni delle norme e prescrizioni edilizie ed urbanistiche, ancorché, in ipotesi, soggette a mero regime autorizzativo, dovendosi applicare la sola pena pecuniaria alle opere abusivamente realizzate soggette a d.i.a. o s.c.i.a. ma che non siano difformi dallo strumento urbanistico, e per le quali non sia stata tempestivamente presentata istanza per il rilascio di sanatoria ex art. 36, cit. d.P.R. n. 380 del 2001. (T.A.R. Torino sez. II, 09/06/2016, n. 780)
Vincoli preordinati all’espropriazione sono quelli che implicano uno svuotamento incisivo della proprietà, come i vincoli di destinazione imposti dal piano regolatore per attrezzature e servizi realizzabili ad esclusiva iniziativa pubblica, e la verifica della loro natura deve essere fatta avendo riguardo alla concreta disciplina contenuta negli strumenti urbanistici, in quanto, laddove sia consentita, anche ad iniziativa del privato, l’edificazione del suolo e la realizzazione di opere e strutture volte al godimento del bene, il diritto dominicale non potrà dirsi del tutto svuotato di contenuto, rimanendo salva l’utilizzabilità dell’ area rispetto alla sua naturale destinazione, con conseguente natura conformativa del vincolo. (T.A.R. Lecce sez. I, 09/06/2016, n. 940)
La presentazione di una istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/01 ha per effetto legale la sospensione dell’efficacia dell’ordinanza di demolizione, fino a quando l’istanza non sia definita. In particolare, all’esito del procedimento di sanatoria, in caso di accoglimento dell’istanza, l’ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione dell’accertata conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda, con conseguente venir meno dell’originario carattere abusivo dell’opera realizzata. (T.A.R. Bari sez. III, 09/06/2016, n. 748)
In tema di mutamento di destinazione d’uso, nei confronti dell’amministrazione deve essere sempre riconosciuto il potere di verificare la compatibilità del mutamento di destinazione, con le disposizioni urbanistiche locali, oltre che con le condizioni di sicurezza, igiene e salubrità. (T.A.R. Bari sez. III, 09/06/2016, n. 721)
Il negozio di cessione di cubatura è una fattispecie complessa, a formazione progressiva, con effetti diversi per il cedente e per il cessionario, atteso che per il primo sorge l’obbligo di non richiedere il titolo abilitativo per lo sfruttamento (in tutto o in parte) della volumetria espressa dal proprio fondo, nonché l’impegno di non opporsi alle richieste del “cessionario” verso l’ottenimento di un permesso di costruire riferito ad una cubatura maggiorata, mentre a favore del cessionario si costituisce una aspettativa al conseguimento dalla pubblica Amministrazione del titolo abilitativo alla edificazione. Pertanto, l’oggetto del trasferimento, rappresentato dalla cubatura, non assume valenza “reale” e quindi l’atto non è da assoggettare all’imposta proporzionale di registro di cui all’art. 1, parte prima, della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, prevista per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di immobili e di diritti immobiliari. (Comm. trib. reg. Torino sez. XXXI, 08/06/2016, n. 721)
Le controversie involgenti i danni che si assumono derivati dall’inadeguata efficienza del sistema di smaltimento delle acque piovane defluenti da strade comunali, riguardando la violazione del principio del “neminem laedere”, appartengono alla competenza del giudice ordinario. Infatti, anche dopo l’entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo, va ribadito che rientra nella giurisdizione del g.o. la domanda di risarcimento del danno causato dall’inosservanza, da parte della p.a., nella sistemazione, realizzazione e manutenzione di aree o beni pubblici, delle regole tecniche ovvero dei comuni canoni di diligenza e prudenza, integranti il precetto di cui all’art. 2043 c.c., in applicazione dei quali la p.a. è tenuta a far sì che i beni pubblici non costituiscano fonte di danno per il privato; l’inosservanza da parte della P.A. — nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono — delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, va denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia volta a conseguire la condanna della stessa ad un “facere”, giacché la domanda non investe scelte e atti autoritativi dell’amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del “neminem laedere”, senza che sia di ostacolo il disposto di cui all’art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a. — che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di urbanistica ed edilizia — giacché, a seguito della sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, tale giurisdizione esclusiva non è estensibile alle controversie nelle quali la P.A. non eserciti alcun potere autoritativo finalizzato al perseguimento di interessi pubblici alla cui tutela sia preposta. (T.A.R. Catania sez. III, 08/06/2016, n. 1540)
È illegittimo il nuovo testo dell’allegato B del Regolamento edilizio comunale di Bolzano, come modificato dalla deliberazione consiliare n. 51 del 2015, nel punto in cui estende l’estensione dei divieti di localizzazione anche alla « riconfigurazione radioelettrica con aumento del campo elettromagnetico generato », ponendosi in contrasto con la disposizione di cui all’art. 11 del D.P.P. n. 36 del 2013, di rango gerarchicamente superiore. La norma citata distingue la costruzione di nuovi impianti di telecomunicazione dall’adeguamento degli impianti già esistenti e autorizzati, prevedendo per questi ultimi una procedura acceleratoria e semplificata, allo scopo di non ostacolare il tempestivo ammodernamento tecnologico che tali infrastrutture strategiche richiedono. Salvo il rigoroso rispetto dei limiti di esposizione fissati dalla normativa statale, cui spetta di tutelare, in modo unitario, su tutto il territorio nazionale, il diritto alla salute rispetto all’esposizione ai campi elettromagnetici, il potere — di natura urbanistica, poiché teso alla corretta distribuzione territoriale dell’infrastruttura di cui si tratta — attribuito ai comuni, che consente loro di dettare norme per il razionale inserimento degli impianti orientandosi al criterio della minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, non può spingersi sino all’introduzione di criteri rispettivamente divieti di localizzazione che impediscano l’ammodernamento di impianti già esistenti, traducendosi ciò in un impedimento allo sviluppo delle reti esistenti. (T.A.R. Bolzano sez. I, 08/06/2016, n. 185)
Una volta scaduto il termine entro il quale l’amministrazione è legittimata ad esercitare il potere di controllo di conformità della s.c.i.a., residua in capo all’Ente solo un potere di autotutela sui generis, che pur estrinsecandosi in provvedimenti repressivi anziché in atti di secondo grado deve rispettare i canoni dettati dall’art. 21 nonies della legge n. 241/1990 (con obbligo di comunicazione di avvio del procedimento e comparazione tra interesse pubblico pregiudicato dalle opere realizzate e interesse privato assistito dall’affidamento ingenerato dalla inutile scadenza del termine di esercizio del controllo ordinario). (T.A.R. Firenze sez. III, 08/06/2016, n. 960)
E’ legittima l’ordinanza di demolizione di interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti senza la preventiva acquisizione del nulla osta archeologico e paesistico, necessari in ragione dei vincoli gravanti sull’area sulla quale insiste il fabbricato oggetto degli interventi. (T.A.R. Roma sez. I, 08/06/2016, n. 6579)
L’insieme sistematico di opere idonee a modificare la volumetria e il prospetto dell’edificio, unitariamente considerato, sostanzia l’ipotesi della ristrutturazione edilizia. Infatti, ai sensi dell’art. 3, lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, tale tipologia di intervento edilizio richiede che trattasi di interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere, i quali comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. (T.A.R. Roma sez. I, 08/06/2016, n. 6579)
Ai fini dell’insorgenza dell’obbligo di pagamento degli oneri di urbanizzazione occorre l’effettivo aggravio del carico urbanistico, dovuto all’incidenza dell’intervento edilizio, che deve essere considerato non nell’insieme delle superfici di calpestio ma di quelle utili, costituite dalla somma delle aree di pavimento dei singoli vani utilizzati per le attività e le destinazioni d’uso, con esclusione delle aree adibite a cantina, porticati, logge, balconi, terrazzi, soffitte e sottotetti non agibili. (T.A.R. Firenze sez. III, 08/06/2016, n. 948)
La finalità agrituristica di un manufatto progettato non consente di affermare la sua estraneità al novero delle “costruzioni ad uso produttivo” richiamate dalla legge n. 662/’96 e ss.mm.ii., perché proprio l’utilizzo di tipo alberghiero “in via istituzionale” della struttura, e non per lo svolgimento “di un’attività ricettiva meramente episodica”, determina il passaggio dalla categoria residenziale-ricettiva a quella commerciale-produttiva, ex art. 23 ter del Testo Unico dell’edilizia. (T.A.R. Salerno sez. I, 08/06/2016, n. 1389)
Alla stregua delle previsioni della lex specialis della procedura per il riconoscimento delle agevolazioni all’imprenditoria femminile, la concessione edilizia (anche a sanatoria) costituisce un requisito essenziale che le imprese sono tenute a possedere già in sede di accesso alla procedura in questione, atteso che gli effetti sananti del condono possono esplicarsi pienamente sotto il profilo urbanistico ed edilizio e non anche in relazione alla procedura di agevolazione, laddove esigenze di trasparenza, imparzialità e buona amministrazione impongono che i requisiti di ammissibilità debbano essere posseduti entro il termine di scadenza previsto dalla lex specialis. (T.A.R. Napoli sez. III, 08/06/2016, n. 2886)
L’attività di apertura e coltivazione di cava, pur non essendo subordinata al potere di controllo comunale, deve comunque svolgersi nel rispetto della pianificazione del territorio, potendosi configurare, in caso contrario, la contravvenzione di cui all’art. 44 lett. a) d.P.R. n. 380 del 2001. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva affermato la responsabilità dell’imputato per una attività di cava su una superficie superiore a quella autorizzata, tale da determinare un mutamento dell’assetto territoriale, con la conseguente modifica dello stato dei luoghi e della destinazione d’uso). (Cassazione penale sez. III, 07/06/2016, n. 35602)
Nella SCIA il potere di controllo preventivo di tipo ampliativo del Comune è sostituito da un potere successivo di verifica della conformità a legge dell’attività denunciata mediante l’uso degli strumenti inibitori, che vanno esercitati entro il termine di legge (60 giorni), decorso il quale il potere di controllo è da ritenersi consumato, in ragione dell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici. (T.A.R. Napoli sez. II, 07/06/2016, n. 2855)
L’Autorità comunale non può adottare provvedimenti sanzionatori (nella specie, di carattere demolitorio) di abusi edilizi prima di aver definito, con pronuncia espressa e motivata, il procedimento di concessione in sanatoria, in quanto nell’eventuale sussistenza della conformità del manufatto alla disciplina urbanistica la pronuncia positiva sarebbe inutiliter data e gravemente illegittima risulterebbe la demolizione del bene. In definitiva, una volta presentata un’istanza di concessione in sanatoria o di condono edilizio, in assenza di preventiva determinazione su quest’ultima e in pendenza del relativo procedimento, ne consegue l’illegittimità dell’adozione di un provvedimento sanzionatorio repressivo, essendo l’autorità comunale venuta meno all’obbligo su di essa incombente di determinarsi sull’istanza medesima prima di procedere all’irrogazione delle sanzioni definitive; ciò per non correre il rischio che, portata ad esecuzione l’ingiunzione a demolire, risulterebbe vanificato un eventuale provvedimento di accoglimento dell’istanza di concessione in sanatoria per la conseguente impossibilità di restituire alla legalità un’opera non più esistente. (T.A.R. Napoli sez. VIII, 06/06/2016, n. 2794)
In materia di condono edilizio, ai fini della legittimità del provvedimento di diniego di condono, non occorre il preventivo parere della Commissione Edilizia, nemmeno quando l’esame della domanda sia subordinato ad accertamenti di natura tecnica. (T.A.R. Salerno sez. II, 06/06/2016, n. 1338)
L’installazione delle stazioni radio base di telefonia cellulare è subordinata soltanto all’autorizzazione prevista dall’art. 87, T U. 1° agosto 2003 n. 259 ed ai criteri ivi stabiliti, trattandosi di opere di pubblica utilità assimilabili alla categoria delle opere di urbanizzazione primaria e compatibili, in astratto, con ogni tipo di zonizzazione. Per tali opere, quindi, non è necessario il rilascio del titolo edilizio, né è possibile tenere conto, ai fini della loro realizzazione, delle norme dettate in materia edilizia. (T.A.R. Salerno sez. II, 06/06/2016, n. 1331)
In caso di intervento in autotutela ( rectius, nel caso di specie, di intervento “tardivo” sulla s.c.i.a., secondo i presupposti dell’art. 21- nonies, l. n. 241 del 1990), l’ordine di demolizione costituisce un effetto automaticamente conseguente alla rimozione del titolo edilizio che aveva legittimato l’intervento. (T.A.R. Venezia sez. II, 06/06/2016, n. 579)
Le esigenze di trasparenza, certezza e buona amministrazione sancite dalla l. n. 241 del 1990 postulano che l’Amministrazione non possa rimanere inerte a fronte della diffida con cui è chiesta all’Amministrazione Comunale l’adozione di ogni provvedimento necessario al ripristino delle condizioni di legalità e sicurezza della c.d. fascia di rispetto della Via Cristoforo Colombo adiacente al Centro Commerciale Colombo, mediante l’abbattimento dei muretti abusivi ivi realizzati, e debba invece pronunciarsi espressamente su di essa adottando atti amministrativi formali di vigilanza edilizia e/o di autotutela con la necessaria sollecitudine scaturente dalla rilevanza dei profili implicati in termini di sicurezza, fermi restando i doverosi adempimenti procedimentali e le conseguenti valutazioni nel merito dei provvedimenti da adottare, avuto riguardo anche alla globalità dei profili urbanistici ed edilizi coinvolti nella fattispecie. (T.A.R. Roma sez. II, 06/06/2016, n. 6502)
L’abusività costituisce, di per sé, motivazione sufficiente per l’adozione dell’ordine demolitorio (salvi i casi – diversi da quello di specie – in cui sia trascorso un lungo periodo di tempo tra la realizzazione dell’opera abusiva e l’adozione della misura repressiva, in grado di ingenerare uno stato di affidamento in capo al privato). (T.A.R. Roma sez. II, 06/06/2016, n. 6494)
La decorrenza del termine per la formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono non può prescindere dalla presentazione della documentazione completa così come prescritta nelle previsioni di legge (art. 6, l. reg. Lazio n. 12 del 2004). (T.A.R. Roma sez. II, 06/06/2016, n. 6494)
Essendo la formazione del silenzio – assenso sulla domanda di condono subordinata al parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, il termine all’uopo prescritto non può che iniziare a decorrere dalla data di acquisizione del parere, tenuto conto, tra l’altro, del carattere prevalente che rivestono le ragioni di tutela paesaggistica e ambientale. (T.A.R. Roma sez. II, 06/06/2016, n. 6494)
Per gli impianti, attrezzature ed opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli Enti istituzionalmente competenti (nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici) lo sgravio dal contributo di costruzione previsto dall’art. 17 comma 3 lett. c) t.u. 6 giugno 2001 n. 380 richiede che venga dimostrato che l’opera, per le sue oggettive caratteristiche, sia finalizzata esclusivamente ad un utilizzo da parte dell’intera collettività, non essendo sufficiente, quindi, che l’opera sia legata a un interesse generale da un nesso di mera strumentalità. (Consiglio di Stato sez. IV, 06/06/2016, n. 2394)
Legittimato a impugnare il titolo edilizio ad altri rilasciato è chi, lamentando la lesione dell’interesse a godere della veduta e, più in generale, del mantenimento al preesistente assetto dell’area, dimostri la titolarità di una costruzione limitrofa a quella in cui sono eseguiti i lavori, anche se non abbia fornito la prova che questi ultimi abbiano provocato uno specifico danno, costituendo questa una questione di merito irrilevante sulla condizione dell’azione. (Consiglio di Stato sez. IV, 06/06/2016, n. 2395)
Sono soggette all’autorizzazione paesaggistica tutte le opere edilizie, che hanno una visibilità esterna e che perciò sono potenzialmente capaci di deturpare il paesaggio, in quanto, ai sensi dell’art. 149 comma, lett. a), d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42, sono esentati dall’autorizzazione paesaggistica soltanto gli interventi di manutenzione ordinaria e/o straordinaria e di restauro conservativo che non alterano lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici. (T.A.R. Potenza sez. I, 01/06/2016, n. 586)
Nella Regione Basilicata, nei procedimenti di assegnazione, annullamento, revoca e decadenza relativi ad un alloggio di edilizia residenziale pubblica la Commissione provinciale per l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica esprime, ai sensi dell’art. 32 comma 4, l.rg. n. 24 del 2007, un parere obbligatorio e vincolante, per cui tale parere, dovendo essere obbligatoriamente recepito dall’Amministrazione competente (la quale, nei casi di annullamento dell’assegnazione, di decadenza e/o di revoca dall’assegnazione è il Comune, mentre nei casi di occupazione abusiva è l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale provinciale), non può assumere la configurazione di un atto meramente endoprocedimentale, ma al contrario, se negativo, risulta immediatamente lesivo degli interessi del soggetto privato interessato e perciò può senz’altro essere impugnato in via giurisdizionale, anche prima della conclusione del procedimento. (T.A.R. Potenza sez. I, 01/06/2016, n. 583)
Appartiene al giudice amministrativo la definizione della controversia, avente ad oggetto la legittimità della reiezione dell’istanza di assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, a titolo di regolarizzazione, da parte di un terzo, che non vanta alcun diritto al subentro e che lo occupa abusivamente, in quanto tali controversie si riferiscono alla fase iniziale del procedimento riconducibile all’esercizio di pubblici poteri, e non già a quella successiva ricadente nell’ambito di un rapporto paritetico soggetto alle regole del diritto privato. (T.A.R. Potenza sez. I, 01/06/2016, n. 582)
La decisione dell’Amministrazione comunale di realizzare un muro di contenimento a ridosso di un edificio privato, pur costituendo per essa un obbligo, deve essere eseguita nel rispetto del principio di proporzionalità, inteso pure nel senso di arrecare al privato il minor sacrificio possibile, anche se ciò dovesse comportare un aggravio non sproporzionato dei costi di progettazione e realizzazione. (T.A.R. Pescara sez. I, 01/06/2016, n. 206)
E’ inammissibile il ricorso proposto, avverso il diniego di permesso di costruire in sanatoria, da soggetto che non aveva impugnato nei termini di legge l’ordinanza di demolizione del manufatto che gli era stata tempestivamente notificata. (T.A.R. Pescara sez. I, 01/06/2016, n. 204)
L’art. 27, d.P.R. n. 380 del 2001 riconosce al Comune un potere di vigilanza sull’attività edilizia, anche con riguardo agli immobili vincolati, in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici, conferendogli la competenza e imponendogli l’obbligo di provvedere alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Ciò indipendentemente dall’applicazione di altre sanzioni previste dall’ordinamento e dalla riconosciuta concorrente competenza sanzionatoria della Soprintendenza, quale autorità preposta alla vigilanza sul vincolo storico e artistico, in base alle specifiche norme di settore. (T.A.R. Napoli sez. IV, 01/06/2016, n. 2783)
La disciplina introdotta dal d.m. n. 165 del 2002 trova applicazione ai procedimenti successivi alla sua entrata in vigore, con conseguente necessità della comunicazione di avvio del procedimento a carico dell’Amministrazione in base all’espressa previsione del d.m. n. 495 del 1994 solo per gli atti anteriori al 2002. In conseguenza dell’entrata in vigore del regolamento approvato con il d.m. 19 giugno 2002 n. 165, il provvedimento ministeriale che annulla il nulla osta paesaggistico per la realizzazione di una costruzione edilizia in zona protetta non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento. (T.A.R. Roma sez. II, 01/06/2016, n. 6460)
La circostanza della compatibilità del manufatto con la destinazione di zona dal P.R.G. non esime l’intervento edilizio dalla necessità del prescritto titolo abilitativo edilizio, né dall’applicazione della prevista sanzione demolitoria ex art. 27, d.P.R. n. 380 del 2001. (T.A.R. Napoli sez. IV, 01/06/2016, n. 2783)
E’ sufficiente, al fine dell’applicazione della demolizione, evidenziare la mancanza del titolo edilizio e la sussistenza del vincolo paesaggistico. Inoltre, il richiamo alle risultanze dell’istruttorie formulato nel provvedimento gravato costituisce idonea e sufficiente motivazione e non deriva da carenza di istruttoria, in quanto esso non è affermazione isolata, ma si accompagna alla descrizione dell’abuso formulata dalla stessa istante nella sua domanda e al contenuto del parere rilasciato dal responsabile del procedimento, così palesando in modo chiaro ed intellegibile la ragione del diniego, imperniato sulla presenza del vincolo paesaggistico nell’area e dall’esistenza della normativa ostativa. (T.A.R. Napoli sez. IV, 01/06/2016, n. 2783)
Le opere edilizie abusive realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico, si considerano eseguite in totale difformità dalla concessione e, se costituenti pertinenze, non sono suscettibili di autorizzazione in luogo della concessione. (T.A.R. Napoli sez. IV, 01/06/2016, n. 2783)
Il metano contribuisce all’effetto serra e sotto questo profilo e’ considerato pericoloso e inserito in sistema di quote dalla Direttiva 13 ottobre 2003/87/CE. Sara’ il legislatore a stabilire in modo esplicito se anche il metano prodotto dagli impianti a biogas debba concorrere all’obiettivo di riduzione dei gas serra e in quale misura e con quali modalita’ (quote o limiti di emissione). (T.A.R. Brescia, (Lombardia), sez. I, 04/06/2015, n. 795).
In base all’art. 5 comma 3, d.lg. n. 28 del 2011, negli impianti a biogas, le modifiche alla potenza termica installata e al combustibile rinnovabile utilizzato sono qualificate come sostanziali e di conseguenza comportano l’obbligo di rinnovare l’intera procedura di autorizzazione. (T.A.R. Ancona, (Marche), sez. I, 11/07/2013, n. 559).
Il gestore d’impianto per la produzione di energia elettrica da biogas e’ obbligato a smaltire qualsiasi materiale prodotto dall’impianto stesso secondo le norme di legge, con la conseguenza che, se si tratta di rifiuto, andra’ smaltito come tale, mentre se si tratta di materiale suscettibile di commercializzazione potra’ essere immesso sul mercato nel rispetto di eventuali prescrizioni, e cosi’ via. (T.A.R. Bologna, (Emilia-Romagna), sez. II, 09/07/2008, n. 3296).
L’impianto di biogas non deve essere considerato un impianto di produzione di energia bensi’ un impianto di recupero di rifiuti. Ai fini dell’applicazione della normativa in materia ambientale, infatti, non rileva soltanto il prodotto finale costituito dall’energia, bensi’ il processo produttivo utilizzato e la matrice organica di ingresso nell’impianto, oltre che il materiale di risulta, ossia il digestato. (Cassazione penale, sez. III, 04/05/2004, n. 24328).