Nel concordato per cessio bonorum il debitore è tenuto ad assumere un’obbligazione di natura pecuniaria nei confronti dei titolari di un credito chirografario, o di un credito degradato al chirografo. È stata così introdotta una significativa eccezione al principio dell’atipicità dei contenuti del piano (e della proposta) previsto dall’art. 160, comma 1, lett a) l. fall. Il rispetto della norma di cui all’art. 160, comma 4, l. fall. diviene quindi una vera e propria condizione di ammissibilità della proposta di concordato. Ne consegue che, ove dovesse ritenersi certa l’inidoneità del piano concordatario ad assicurare il pagamento del ceto chirografario nella percentuale minima di legge, la conseguenza non potrebbe essere che l’arresto della procedura per l’acclarata mancanza di una condizione di ammissibilità della proposta di concordato. (Tribunale Bergamo sez. II 24 novembre 2016)
Non tutte le condotte fraudolente antecedenti alla presentazione della domanda di concordato sono di per se stesse ostative alla prosecuzione della procedura. I distinguo sono il portato della necessità di armonizzare la norma dell’art. 173, comma 1, l. fall. con la soppressione del requisito della meritevolezza. Tale armonizzazione è stata imposta da una precisa scelta del legislatore, che nel privare il concordato preventivo delle sue caratteristiche di procedura-beneficio alternativa al fallimento ha comunque mantenuto la rilevanza ostativa di fatti quali l’occultamento di parte dell’attivo e l’esposizione di passività inesistenti, o la commissione di “altri atti di frode”. (Tribunale Bergamo sez. II, 24/11/2016)
Nella composizione della crisi da sovraindebitamento, la cui disciplina appare essere in controtendenza rispetto alle scelte operate dal legislatore in tema di concordato preventivo, il tribunale è chiamato a più riprese e sotto diversi profili a verificare la meritevolezza del soggetto sovraindebitato. (Tribunale Milano sez. II, 18/11/2016)
I fatti di frode (che avrebbero dovuto condurre all’apertura di un procedimento ex art. 173 l. fall. ad iniziativa del commissario giudiziale) portati all’attenzione dell’ufficio da un creditore o da un interessato opponente in sede di giudizio di omologa del concordato, costituiscono circostanze ostative all’omologa medesima. (Tribunale Milano sez. II, 10/11/2016)
In tema di concordato preventivo, qualora le uniche “garanzie collaterali” per i creditori privilegiati, declassati a chirografari sono i pegni di proprietà del socio, che non facendo parte del patrimonio della società avranno una sorta loro propria, si reputa opportuno che di essi siano resi edotti gli altri creditori ai fini delle loro valutazioni, anche quando sia evidente (come nel caso di specie), per la totale incapienza del patrimonio sociale che la soluzione concordataria è quella più conveniente. (Tribunale Monza sez. fallimentare, 04/11/2016)
L’art. 178, comma 4, l. fall, come modificato dalla l. n. 132/2015, ha ristretto la platea degli aventi diritto al voto nei venti giorni successivi alla chiusura dell’adunanza, ai soli creditori che non abbiano ancora esercitato la loro facoltà, a prescindere dalla precedente manifestazione di voto. È stata, pertanto, esclusa la possibilità di computare le adesioni di quelli che hanno modificato il voto negativo espresso precedentemente e consentita la possibilità di esprimere, per la prima volta, un voto sfavorevole dopo la chiusura del verbale. La limitazione del novero degli aventi diritto al voto postumo ai soli creditori che non hanno esercitato tale facoltà, evidenzia come di fatto sia stato introdotto il principio della non modificabilità del voto, il quale subisce l’unica eccezione, dettata dall’art. 179, comma 2, l. fall., nell’ipotesi in cui nel lasso di tempo che va dall’approvazione del concordato all’omologa, vengano a mutare le condizioni di fattibilità del piano e quindi di adempimento della proposta. Invero, ogni qual volta il commissario giudiziale rilevi un mutamento delle condizioni di fattibilità del piano ha l’onere di avvisare i creditori. (Tribunale Monza sez. III, 04/11/2016)
L’istanza volta ad ottenere l’ammissione alla procedura di concordato preventivo va accolta qualora sussistono le condizioni richieste dall’art. 160 fall. ed in particolare: la società ricorrente è inquadrabile tra le società assoggettabili al fallimento (in quanto ha i requisiti richiesti dall’art. 1 fall., visto che ha debiti che superano i 15.000 euro); ricorre una situazione di gravissima crisi non altrimenti solubile. (Tribunale Milano sez. fallimentare, 03/11/2016)
In tema di falciabilità dei creditori privilegiati la regola generale di cui all’art. 160, comma 2, l. fall. del rispetto dell’ordine delle prelazioni, che è indefettibile nel concordato liquidatorio, salvo l’apporto di nuova finanza che può essere utilizzata anche in apparente violazione di tale ordine, proprio perché non promana dal patrimonio del debitore e non è vincolata a garantirne le obbligazioni, deve intendersi nel concordato in continuità come operativamente limitata, nel tempo, alla data della presentazione della domanda di concordato e nella”dimensione applicativa” al patrimonio della concordataria esistente a quella data. (Tribunale Milano sez. fallimentare, 03/11/2016)
La crisi finanziaria delle società sorte da un’operazione di leveraged buy out può essere risolta anche con il concordato in continuità aziendale. L’indicazione richiesta dall’art. 161, comma 2, lett. e) l. fall., dell’utilità specificatamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore, deve essere considerata vincolante per consentire al professionista designato ex art. 67 l. fall. in modo chiaro ed attendibile un reale giudizio di strumentalità della prosecuzione dell’attività d’impresa rispetto al miglior soddisfacimento dei creditori. (Tribunale Milano sez. fallimentare, 03/11/2016)
In tema di concordato preventivo, non tutti i pagamenti di debiti anteriormente sorti, anche ove eseguiti in difetto di autorizzazione, comportano senz’altro la non ammissione al concordato essendo, per contro, ben possibile che il pagamento di crediti anteriori si risolva in un accrescimento, anziché, in una diminuzione, della garanzia patrimoniale offerta ai creditori e tenda dunque all’obiettivo del loro miglior soddisfacimento. (Tribunale Taranto, 03/10/2016)
A seguito della pronuncia della Corte di giustizia n. 546/2016, deve ritenersi ammissibile la proposta di concordato preventivo senza transazione fiscale che non preveda dunque l’integrale pagamento dei debiti di natura fiscale, essendo consentita la falcidia dell’IVA, purché un esperto indipendente attesti che il relativo credito non riceverebbe un trattamento migliore in caso di dichiarazione di fallimento del debitore, previa votazione favorevole della maggioranza dei crediti ammessi e dello Stato, che, laddove dissenziente, conserva la possibilità di presentare opposizione all’omologazione. (Corte appello L’Aquila, 30/09/2016, n. 1012)
L’inadempimento del piano concordatario va considerato quale fatto oggettivo conseguente alla mancata esecuzione, nei modi e nei tempi previsti, del piano medesimo, indipendentemente dalla imputabilità o meno all’imprenditore della mancata soddisfazione dei creditori. (Tribunale Milano sez. II, 29/09/2016, n. 10644)
In tema di Concordato Preventivo, la questione dell’accertamento della entità della natura dei crediti, a differenza di quanto avviene nella procedura fallimentare – che prevede agli art. 92 ss. l.f. una procedura di accertamento giurisdizionale e endoprocedimentale dei crediti – esula dalla procedura concordataria ma è semmai rimessa alla cognizione civile ordinaria secondo le regole processuali del codice di rito, cui sola spetta il definitivo accertamento in ordine alla sussistenza, alla quantificazione ed alla qualificazione del diritto di credito. (Nel caso di specie di qui, la infondatezza della eccezione preliminare formulata dall’agente di riscossione secondo cui il Tribunale dovrebbe giudicare in composizione collegiale ai sensi dell’art. 50 bis n. 2 c.p.c., norma dettata nella diversa ipotesi, nella specie non ricorrente, di cui all’art. 99 l.f.). (Tribunale Como sez. I, 28/09/2016)
Spetta al giudice tributario conoscere della controversia circa la mancata accettazione da parte dell’Agenzia delle Entrate di una proposta di transazione fiscale avanzata da una socità nell’ambito di una procedura relativa alla richiesta di concordato. (Consiglio di Stato sez. IV, 28/09/2016, n. 4021)
In tema di concordato preventivo nella cd fase in bianco e scioglimento di contratto di leasing, il parametro di riferimento sulla base del quale deve essere autorizzato o meno lo scioglimento del contratto – rispetto al quale la sospensione si pone quale strumento cautelare proprio della fase in bianco – è il piano concordatario. Pertanto, appare evidente come qualsiasi diverso criterio interpretativo limitativo del sindacato di legittimità sia incoerente con la “ratio” normativa. La necessità di salvaguardare l’impresa, prima che l’imprenditore – suggellata dal favor normativo manifestato in diverse disposizioni della l.fall. per le ipotesi di concordato in continuità anche indiretta – viene perseguita anche a scapito dei terzi. Da ciò discende la constatazione che l’unica verifica che deve operare il Giudice è di compatibilità tra lo scioglimento del contratto e la logica economico-giuridica null’altro. Conseguentemente ne discende la impossibilità logico-giuridica di operare la distinzione tra contratti nei quali sia previsto un diritto di recesso legale o negoziale e le altre ipotesi. (Tribunale Rovigo, 27/09/2016)
L’omesso deposito della somma di cui all’art. 163, comma 3, l.fall., come quantificata nel decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo, innesta, attraverso l’informativa del commissario giudiziale al tribunale, il subprocedimento di revoca dell’ammissione a quella procedura, ex art. 173 l.fall., che si articola in due fasi: la prima, necessaria ed officiosa, nel corso della quale il tribunale verifica la sussistenza dei requisiti per l’adozione del provvedimento; la seconda, eventuale e ad impulso di parte, che può condurre alla dichiarazione di fallimento, ove ne ricorrano i presupposti di cui agli artt. 1 e 5 l.fall. (Cassazione civile sez. I, 23/09/2016, n. 18704)
Il credito i.v.a., per poter essere soggetto a falcidia nell’ipotesi in cui il debitore ricorra al concordato preventivo nella forma della transazione fiscale, deve essere inserito in un’apposita classe di crediti privilegiati i.v.a. che resti al di fuori della transazione stessa. L’esclusione del credito dalla transazione fiscale, infatti, permette la non applicazione dell’art. 182 ter l. fall., in base al quale sarebbe consentito unicamente il pagamento dilazionato del credito. (Cassazione civile sez. I, 22/09/2016, n. 18561)
In tema di concordato preventivo con proposta di transazione fiscale, la certificazione del credito proveniente dal concessionario della riscossione, ovvero dall’Agenzia delle Entrate, ex art. 182 ter, comma 2, l.fall., non può essere contestata dal contribuente, atteso che, da un lato, ai sicuri benefici per il proponente discendenti dalla definitiva determinazione di tutte le pretese fiscali e dall’estinzione delle liti pendenti non può che contrapporsi l’onere, per il medesimo, di prestare adesione alla quantificazione del debito effettuata dall’Amministrazione finanziaria, mentre, dall’altro, il principio di indisponibilità della pretesa tributaria, espressione di quello di legalità che permea l’intera materia, impone di ritenere non negoziabile la pretesa fiscale, salvi i casi espressamente previsti dalla legge. (Cassazione civile sez. I, 22/09/2016, n. 18561)
L’imprenditore che propone una domanda di concordato preventivo e, contestualmente, faccia ricorso alla transazione di cui all’art. 182 ter l.fall. ricomprendendovi anche i crediti IVA, non può offrire il pagamento di tali crediti in misura falcidiata, ancorché debbano essere integralmente degradati a chirografo per mancanza assoluta dei beni su cui possano essere soddisfatti, ostandovi il disposto del comma 1 della norma, che, con previsione già ritenuta costituzionalmente legittima perché configurante il limite massimo di espansione della procedura transattiva compatibile con il principio di indisponibilità del tributo, ne consente la sola dilazione. (Cassazione civile sez. I, 22/09/2016, n. 18561)
La pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, impedisce la dichiarazione di fallimento solo temporaneamente, sino al verificarsi degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 l.fall., ma non determina l’improcedibilità del procedimento prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del P.M., sicché il decreto, con cui il tribunale abbia ciononostante dichiarato improcedibile il ricorso ex art. 15 l.fall. quale mera conseguenza dell’ammissione del debitore al concordato preventivo, non implica di per sé alcuna definizione negativa, nel merito, dell’istruttoria prefallimentare, ma si limita ad attuare il necessario coordinamento organizzativo tra le procedure, e, una volta rimossa la condizione preclusiva alla pronuncia della sentenza di fallimento per effetto della revoca dell’ammissione ex art. 173 l.fall., i ricorrenti conservano la pienezza dei loro poteri di impulso per la prosecuzione del procedimento, senza che sia a tal fine necessario il rilascio di un ulteriore mandato difensivo. (Cassazione civile sez. I, 08/09/2016, n. 17764)
In tema di concordato preventivo con particolare riferimento alla differenza tra lo stato di crisi e di insolvenza, qualora, a seguito di una verifica “a posteriori”, venga accertato, con la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore, che lo stato di crisi in base al quale ha chiesto l’ammissione al concordato preventivo era in realtà uno stato di insolvenza, l’efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento, intervenuta a seguito della declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, deve essere retrodatata alla data di presentazione di tale domanda, atteso che la ritenuta definitività anche dell’insolvenza che è alla base della procedura minore, come comprovata, “ex post”, dalla sopravvenienza del fallimento, e, quindi, l’identità del presupposto, porta a escludere la possibilità di ammettere, in tal caso, l’autonomia delle due procedure. (Tribunale Monza sez. III, 19/08/2016, n. 2322)
La domanda di concordato preventivo proposta dopo la decisione sull’istanza di fallimento, ma prima della pubblicazione della relativa sentenza dichiarativa, è inammissibile, atteso che il momento della pronuncia di quest’ultima va identificato con quello della deliberazione della decisione, mentre la successiva stesura della motivazione, la sottoscrizione e la conseguente pubblicazione (da cui decorrono gli effetti della sentenza) non incidono sulla sua sostanza, né il fallendo può pretendere la revoca di una decisione già assunta e la retrocessione del processo alla fase istruttoria a seguito della tardiva presentazione di una domanda concordataria su cui il collegio non è più tenuto a statuire. (Cassazione civile sez. VI, 17/08/2016, n. 17156)
In assenza di una delibera assembleare che attribuisca al liquidatore lo specifico potere di esercitare l’azione di responsabilità sociale, esso è privo di legittimità ad agire in tal senso verso gli amministratori di società in concordato preventivo. Infatti, considerato che la delibera assembleare è condizione sostanziale dell’azione di responsabilità sociale, che l’art. 2394-bis c.c. trattando di legittimazione degli organi delle procedure concorsuali all’esercizio delle azioni di responsabilità omette di fare cenno al liquidatore giudiziale, che l’imprenditore nel concordato preventivo non perde né la capacità processuale né la legittimazione attiva o passiva, l’esercizio da parte del liquidatore di tale azione, senza previa delibera, è da considerare esorbitante rispetto ai poteri ad esso attribuiti. (Tribunale Bologna, 16/08/2016, n. 2121)
La possibilità per un’impresa di partecipare a gare pubbliche, nella pendenza della domanda di concordato preventivo con continuità aziendale, è stata riconosciuta solo con il d.l. n. 145 del 2013, che ha introdotto il comma 4 dell’art. 186 bis l. fall.: la nuova disciplina, però, non trova applicazione quando la domanda di concordato con continuità sia stata depositata in epoca anteriore all’entrata in vigore di tale decreto. In questa ipotesi, pertanto, la candidatura alla gara pubblica non potrà ritenersi valida. (Consiglio di Stato sez. V, 16/08/2016, n. 3639)
Nel concordato preventivo il giudice deve controllare esclusivamente la legittimità del giudizio di fattibilità della proposta concordataria, competendo ai creditori la valutazione sulla probabilità di successo del piano economico e dei relativi rischi. Il controllo proprio del giudice si attua verificando l’effettiva realizzabilità dell’obiettivo, ossia il superamento della situazione di crisi e la soddisfazione, seppur parziale, dei creditori. (Cassazione civile sez. I, 12/08/2016, n. 17079)
L’inammissibilità della compensazione per crediti sorti o acquistati dopo la dichiarazione di fallimento, di cui all’art. 56, comma 2, l. fall. (e vigente anche nelle procedure di concordato preventivo, in virtù del richiamo operato dall’art. 169 l. fall.) trova fondamento nell’effetto di pignoramento generale prodotto dal fallimento e specificamente nell’art. 2917 c.c., che rende insensibile il credito del fallito a cause estintive sopravvenute. Tale principio trova applicazione sia con riferimento a crediti non scaduti alla data del concorso, che a quelli scaduti, nonostante il tenore letterale dell’art. 56. Anche se testualmente riferita al solo “credito non scaduto”, la disposizione di cui all’art. 56, comma 2, l. fall., deve essere estesa per coerenza sistematica anche al credito scaduto. (Tribunale Torino sez. VI, 05/08/2016)
Nel caso di revoca dell’ammissione al concordato preventivo e di successiva dichiarazione di fallimento dell’imprenditore, la domanda di liquidazione del compenso del commissario giudiziale proposta nel corso del procedimento di concordato diviene improcedibile e deve essere riproposta, esaminata e decisa in sede di accertamento del passivo fallimentare. (Cassazione civile sez. VI, 03/08/2016, n. 16269)
L’art. 160 l.f. come novellato dal d.l. n. 83 del 2015 (convertito in legge con modificazioni dalla l. n. 132/2015), impone all’imprenditore di garantire la soddisfazione (garanzia che non è stata espressamente assunta dalla società), ma che non può più coincidere con una mera prospettazione, ma deve – se non assumere una formula vincolante di garanzia giuridica o deposito delle relative somme di denaro – quanto meno integrare una proposta idonea, con ragionevole certezza, ad assicurare l’adempimento della obbligazione. (Tribunale Rovigo, 01/08/2016)
In tema di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, in caso di controversia avente ad oggetto l’accertamento dei crediti, la legittimazione passiva compete al debitore, non agli organi della esecuzione del concordato omologato, sia perché la titolarità attiva e passiva del rapporto contestato rimane in capo a lui soltanto e non è trasferita al commissario liquidatore, sia perché essa azione ha un effetto soltanto indiretto sul riparto. (Tribunale Lucca, 08/07/2016, n. 1491)
In tema di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, in caso di controversia avente ad oggetto l’accertamento dei crediti, la legittimazione passiva compete al debitore, non agli organi della esecuzione del concordato omologato, sia perché la titolarità attiva e passiva del rapporto contestato rimane in capo a lui soltanto e non è trasferita al commissario liquidatore, sia perché essa azione ha un effetto soltanto indiretto sul riparto. (Tribunale Lucca, 08/07/2016, n. 1490)
In tema di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, in caso di controversia avente ad oggetto l’accertamento dei crediti, la legittimazione passiva compete al debitore, non agli organi della esecuzione del concordato omologato, sia perché la titolarità attiva e passiva del rapporto contestato rimane in capo a lui soltanto e non è trasferita al commissario liquidatore, sia perché essa azione ha un effetto soltanto indiretto sul riparto. (Tribunale Lucca, 08/07/2016, n. 1477)
In tema di procedure concorsuali, può essere impugnata con reclamo solo la sentenza dichiarativa di fallimento. In detta impugnazione, quando il fallimento sia conseguito al rigetto della domanda di Concordato Preventivo, possono essere, tuttavia, formulate contestazioni anche con riguardo alla non ammissione della domanda a Procedura (nel caso di specie, le cause ostative alla ammissione sono state desunte da fatti e profili giuridici non tutti riconducibili alla sfera di ostensione del debitore e si è, pertanto, ravvisato una violazione del contraddittorio). (Corte appello Torino sez. IV, 30/06/2016, n. 1116)
La suddivisione dei creditori in classi prevista dal piano concordatario presentato dal debitore può individuare anche classi monosoggettive laddove si tratti di creditori non riconducibili ad altre classi, non costituendo tale struttura ragione di inammissibilità della proposta. Né è ravvisabile un’alterazione delle cause legittime di prelazione, in quanto nell’ambito del concordato preventivo il trattamento dei crediti privilegiati incapienti è previsto dal disposto di cui agli artt. 160, comma 2 e 177, comma 3, l. fall. (Corte appello Torino sez. IV, 30/06/2016, n. 1116)
Il d.l. n. 83/2015, conv. in l. n. 132/2015, prevede che i nuovi e più stringenti requisiti di ammissibilità della domanda di concordato con riserva di cui agli artt. 160 e 161 l. fall. si applichino solo ai procedimenti introdotti successivamente all’entrata in vigore della legge di conversione, non potendo considerare espressione di una nuova e distinta domanda le modifiche apportate al piano originario in assenza di un’espressa dichiarazione in tal senso. (Corte appello Torino sez. IV, 30/06/2016, n. 1116)
In ambito concordatario, ove l’istanza di pagamento diretto formulata dalla stazione appaltante riguardi crediti concorsualizzati ed anteriori al deposito del ricorso ex art. 161, comma 6, l. fall., non trova applicazione l’art. 118, comma 3 bis codice appalti (peraltro ormai abrogato per effetto del nuovo t.u. Appalti), bensì l’art. 182 quinquies l. fall. che costituisce norma speciale e consente al solo debitore in concordato con continuità di chiedere l’autorizzazione ad eseguire il suddetto pagamento, purché sia presentata un’attestazione “rafforzata” relativa a due concorrenti requisiti: a) che il pagamento attiene a prestazioni di beni o servizi essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa; b) e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. (Tribunale Ravenna, 30/06/2016)
La richiesta, da parte di una società sub-appaltante in concordato, di autorizzazione al pagamento di un credito in favore di un fornitore, deve essere qualificata come richiesta di pagamento di crediti anteriori e strategici, ex art. 182 quinquies l. fall., e non può essere ricondotta all’art. 118, comma 3 bis d.lg. n. 163/2006. Qualora il debitore concordatario, dopo aver richiesto l’autorizzazione di cui all’art. 182 quinquies l. fall., non adempie al relativo pagamento, il creditore non può chiedere la risoluzione del concordato: il pregiudizio rilevante quale causa di risoluzione deve, infatti, riguardare non il singolo creditore, bensì la generalità dei creditori o comunque quelli appartenenti alla classe dei chirografari. (Tribunale Ravenna, 29/06/2016)
In tema di concordato preventivo con riserva, gli obblighi informativi, funzionali al controllo da parte del Tribunale e del Commissario giudiziale durante la cd. fase in bianco, sono essenziali, per non dire connaturati alla struttura della procedura perché rappresentano il contraltare degli effetti protettivi di cui all’art. 168 l.f. Ne deriva che la omissione degli adempimenti imposti dal Tribunale implica “ex se” la dichiarazione di inammissibilità della procedura concordataria, senza alcuna possibilità di surroga o sanatoria tardiva, come evidenziato anche dalla dottrina che si è occupata “ex professo” del tema. (Tribunale Rovigo, 23/06/2016)
Ove sia stata presentata una proposta di concordato preventivo cd. in bianco ai sensi dell’art. 161, comma 6, l.fall., va rispettato l’obbligo di audizione del debitore ex art. 162, comma 2, l.fall. per consentire allo stesso di svolgere le proprie difese prima della pronuncia di inammissibilità, salvo che, inserendosi la proposta nell’ambito della procedura prefallimentare, il debitore sia stato comunque sentito in relazione alla proposta ed abbia avuto modo di svolgere le sue difese. (Cassazione civile sez. I, 22/06/2016, n. 12957)
Lo statuto legale dei liquidatori delle società di capitali (e delle società cooperative) non è identico a quello degli amministratori, atteso che i poteri di questi ultimi si presumono in base alla legge mentre quelli dei secondi devono risultare dalla deliberazione dell’assemblea che li ha nominati. Ne consegue che il potere dei liquidatori di deliberare la proposta e le condizioni di un concordato preventivo ai sensi dell’art. 152, comma 2, lett. b), l.fall., non può ritenersi compreso nell’atto di nomina degli stessi, né può rientrare tra gli atti utili per la liquidazione della società di cui all’art. 2489, comma 1, c.c., ma deve essere loro specificamente attribuito dall’assemblea ex art. 2487, comma 1, lett. c), c.c. (Cassazione civile sez. I, 14/06/2016, n. 12273)
Il principio dell’apparenza del diritto e dell’affidamento, traendo origine dalla legittima e quindi incolpevole aspettativa del terzo di fronte ad una situazione ragionevolmente attendibile, ancorché non conforme alla realtà, non altrimenti accertabile se non attraverso le sue esteriori manifestazioni, non è invocabile nei casi in cui la legge prescrive speciali mezzi di pubblicità mediante i quali sia possibile controllare con l’ordinaria diligenza la consistenza effettiva dell’altrui potere, come accade nel caso di organi di società di capitali regolarmente costituiti; tuttavia, anche in tale ipotesi, il principio dell’affidamento può essere invocato, qualora il potere sulla cui esistenza si assume di aver fatto incolpevolmente affidamento possa sussistere indipendentemente dalla sua regolamentazione statutaria e possa essere conferito per determinati atti e senza particolari formalità. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto il difetto di buona fede del difensore del liquidatore di una società poi fallita che, dopo avere presentato una proposta di concordato preventivo su incarico dello stesso liquidatore, aveva insinuato al passivo il proprio credito professionale facendo erroneo affidamento sull’esistenza di specifici poteri ex art. 152, comma 2, lett. b), l.fall., mai attribuiti a quest’ultimo dall’assemblea in sede di nomina). (Cassazione civile sez. I, 14/06/2016, n. 12273)
Una volta esauritasi, con la sentenza di omologazione, la procedura di concordato preventivo, tutte le questioni che hanno ad oggetto diritti pretesi da singoli creditori o dal debitore, e che attengono all’esecuzione del concordato, danno luogo a controversie che sono sottratte al potere decisionale del giudice delegato e costituiscono materia di un ordinario giudizio di cognizione, da promuoversi, da parte del creditore o di ogni altro interessato, dinanzi al giudice competente; ne deriva l’inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. avverso il decreto con cui il tribunale, in sede di reclamo, abbia confermato il decreto del giudice delegato reiettivo della domanda di restituzione delle somme accantonate e destinate all’eventuale soddisfacimento dei crediti in contestazione, trattandosi di atto giudiziale esecutivo di funzioni di mera sorveglianza e controllo, privo dei connotati della decisorietà e della definitività. (Cassazione civile sez. I, 14/06/2016, n. 12265)
Nella determinazione del periodo sospetto ai fini dell’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare occorre considerare unitariamente la procedura di fallimento che sia succeduta a quella di concordato preventivo quale conseguenza del medesimo stato di insolvenza. (Tribunale Roma sez. fallimentare, 14/06/2016, n. 11982)
Ai fini della prededuzione dei crediti professionali sorti dalla continuazione dell’attività aziendale, conseguente dapprima all’amministrazione controllata e poi al concordato preventivo, accanto all’adeguatezza funzionale della prestazione alle necessità risanatorie dell’impresa, occorre il soddisfacimento dei creditori nei limiti consentiti dalle circostanze, in quanto le prestazioni siano state nel concreto utili per i medesimi avendo consentito una sia pur minima realizzazione dei crediti. La prededuzione può essere riconosciuta solo nella misura corrispondente all’utilità concretamente derivata ai creditori, secondo una valutazione ex post. (Cassazione civile sez. I, 13/06/2016, n. 12119)
In ordine all’ammissibilità dell’azione sociale di responsabilità nell’ambito di un concordato preventivo, nonché all’individuazione del soggetto legittimato ad esercitarla, la legittimazione del commissario giudiziale si presenta non compatibile con le funzioni di mera vigilanza sull’esecuzione del concordato, nonché di informazione e consultive, demandate a tale organo della procedura dall’art. 185 l. fall. (Tribunale Trento, 10/06/2016)
Nel vigente ordinamento processuale, il giudizio d’appello non può più dirsi, come un tempo, un riesame pieno nel merito della decisione impugnata (“novum judicium”), ma ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata (“revisio prioris instantiae”), assumendo l’appellante sempre la veste di attore rispetto al giudizio d’appello e con essa l’onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale di attore o convenuto assunta nel giudizio di primo grado, sicché ove si dolga dell’erronea valutazione, da parte del primo giudice, di documenti prodotti dalla controparte e da questi non depositati in appello, ha l’onere di estrarne copia ai sensi dell’art. 76 disp. att. c.p.c. e di produrli in sede di gravame. (Cassazione civile sez. III, 09/06/2016, n. 11797)
L’ammissione alla procedura concordataria può essere revocata ai sensi dell’art. 138 l. fall. laddove venga accertata la sottrazione o la dissimulazione di una parte rilevante dell’attivo, inducendo i creditori a votare nell’erroneo convincimento della sua insussistenza, a nulla rilevando il fatto che la somma sottratta o dissimulata possa eventualmente essere recuperata al di fuori della procedura concordataria dai singoli creditori (nel caso di specie il patrimonio della società avrebbe potuto essere incrementato a seguito dell’esperimento dell’azione sociale di responsabilità degli amministratori, le cui condotte illecite erano state occultate). (Cassazione civile, sez. I, 01/06/2016, n. 11395)