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Sia che si tratti di separazione che di divorzio, l’affidamento dei figli è un argomento spinoso da trattare e non privo di problematiche.
Nel momento in cui si verifica una disgregazione familiare, diventa importante saper gestire la situazione che potrebbe rivelarsi assai difficoltosa e, senza ombra di dubbio, delicata per la prole. L’intervento di un avvocato è utile a garantire il rispetto dei diritti e degli interessi soprattutto di quest’ultima e per definire a chi spetti la responsabilità genitoriale sui figli minorenni, anche quando a separarsi sono coppie di fatto o conviventi.
Nel momento in cui viene stabilito a chi spetti l’affidamento vengono quindi decise le sorti dei figli, e il diritto/dovere di visita e frequentazione del genitore che non ottiene la potestà.
In fase di divorzio invece, generalmente viene confermato l’assetto stabilito in fase di separazione. Non sono da escludere, però, delle inversioni di rotta da parte del giudice: nel caso in cui vi dovessero essere ad esempio dei cambiamenti significativi su questo tema il giudice potrebbe prendere decisioni differenti rispetto a quelle previste fino a quel momento.
Grazie alla legge Paniz del 2006, è stato istituito, anche in Italia, l’affido condiviso dei figli. L’affidamento condiviso è diventato in seguito “la regola” e non più “l’eccezione”. Prima di questa legge, infatti, l’affidamento era quasi sempre a carico di un solo coniuge (il cosiddetto “affidamento esclusivo”).
Dopo un’attenta analisi in fase preliminare, il giudice può determinare se i genitori sono in grado di garantire ai figli una crescita serena e priva di particolari problematiche, contribuendo anche economicamente alla sua formazione. Se la scelta verterà sull’affidamento condiviso sia il padre che la madre deterranno la responsabilità genitoriale decidendo negli interessi dei propri figli e contribuendo economicamente alle spese nella misura del 50% ciascuno.
Quando, per uno dei genitori, non dovesse essere possibile contribuire economicamente al mantenimento del figlio, questo spetterà al genitore più abbiente.
L’affidamento non dev’essere però confuso con il collocamento del minore. Il giudice, solitamente, stabilisce che il figlio continui a vivere nella casa che i genitori hanno condiviso sino al momento della separazione.
Nel caso in cui uno dei due genitori non dovesse essere considerato idoneo, da parte del giudice, e si dovesse arrivare alla conclusione che l’affidamento congiunto rischierebbe di provocare danni alla personalità del figlio, potrebbe essere richiesto l’affidamento esclusivo, quindi soltanto a un genitore.
Tale decisione andrà poi confermata in fase di sentenza di divorzio o potrà essere soggetta a mutamenti. Se il genitore che non è stato ritenuto “adatto” alla custodia del figlio, dovesse, ad esempio, cambiare radicalmente stile di vita mostrandosi adeguato a detenere la potestà genitoriale, l’affidamento esclusivo potrebbe non essere confermato.
L’affidamento esclusivo diventa invece essenziale in caso di separazioni che nascondono gravi problematiche. Il genitore può perdere la custodia del figlio quando versa in situazioni che compromettono la sua integrità: un genitore violento e pericoloso che si trova in una situazione disagiata dal punto di vista psichico non potrà essere definito idoneo a provvede alla sana educazione della propria prole. Lo stesso vale nel caso in cui il genitore non dovesse assicurare la giusta assistenza, non dovesse pagare l’assegno di mantenimento disposto dal giudice, o dovesse impedire al figlio di passare del tempo con l’altro genitore.
Quando passa in capo ad uno solo dei due genitori, la potestà genitoriale acquisisce l’amministrazione e l’usufrutto legale sui beni destinati al figlio.
In caso di separazione ma anche di divorzio, il ruolo dell’avvocato è estremamente importante. La sua attività, prescindendo dall’assistenza della parte in causa, consiste anche in nella conciliazione tra le parti, cercando di fare in tutti i casi gli interessi della prole.
L’avvocato dovrà avere quindi la sensibilità adatta per gestire una situazione che genera caos tra i coniugi in questa fase. Deve aiutare la famiglia a ripristinare la normalità, garantendo ai figli di crescere in serenità, evitando così gravi traumi futuri, arginando quelli già in corso.
È bene quindi, affidarsi ad un avvocato esperto in diritto di famiglia, che possa aiutare i coniugi ormai separati ad affrontare una nuova vita, sostenendoli nelle scelte per i propri figli.
Come sappiamo, è compito dei genitori quello di mantenere i propri figli fino a quando non saranno autosufficienti, obbligo che permane anche in caso di separazione o divorzio dei coniugi. Al verificarsi di queste ultime ipotesi, al fine di garantire al figlio il medesimo tenore di vita del quale godeva convivendo con i genitori, è necessario introdurre l’assegno di mantenimento.
L’assegno di mantenimento per i figli è una prestazione economica alla quale il genitore è chiamato a rispondere in misura proporzionale al suo reddito. Con il sopraggiungere della separazione fra i due genitori, se i due non sono giunti ad un accordo legale, sarà un giudice a disporre l’importo dell’assegno che il genitore obbligato dovrà versare mensilmente al coniuge meno abbiente, al fine di coprire le spese ordinarie per soddisfare i bisogni e le esigenze del figlio (spesa alimentare, acquisti di materiale scolastico, abbigliamento ecc.).
Nel disporre l’importo dell’assegno di mantenimento la legge prevede che si tenga conto di una serie di elementi, quali:
Il reddito dichiarato dai singoli genitori ha un peso notevole nella decisione che il giudice è chiamato a prendere, ma come vediamo non è l’unico fattore che incide: anche la tipologia di affidamento e l’assegnazione della casa coniugale hanno un peso rilevante.
Nel caso in cui i figli a carico siano più di uno, il giudice può disporre affinché venga stipulato un assegno differenziato per ciascun figlio tenendo conto delle esigenze specifiche dettate dall’età.
Seppur in linea molto generica è possibile affermare che il genitore obbligato è solitamente chiamato a versare un assegno di mantenimento il cui importo è pari ad un quarto del proprio reddito. A seconda del numero di figli da mantenere l’importo potrà ovviamente essere più alto.
Ad essere spesso oggetto di contenzioso fra i genitori sono quelle spese che esulano dall’assegno di mantenimento. Tali spese sono definite straordinarie e vi è l’obbligo per entrambi di prenderne parte al 50%.
Si tratta di casi eccezionali ed imprevedibili, per questo motivo non possono rientrare nel calcolo dell’assegno di mantenimento. Un esempio di spesa straordinaria può essere quella legata ad un viaggio, si tratta di un evento occasionale e per tanto il costo dovrà esser spartito equamente tra i genitori, se d’accordo.
Il fatto che l’assegno di mantenimento venga stabilito per mezzo di una sentenza definitiva, non significa che questo non possa subire nel tempo delle modifiche. Entrambe le parti possono richiedere infatti la revisione dell’assegno di mantenimento al verificarsi di determinati eventi che ne richiedono un aumento o una diminuzione.
Il più delle volte si tratta di un cambiamento della situazione economica di una delle due parti, nel caso in cui il genitore percipiente abbia iniziato a svolgere un’attività lavorativa che gli procuri un aumento del proprio reddito è nelle facoltà dell’altro genitore richiedere la revisione del mantenimento. Nel caso in cui il beneficiario perda il proprio lavoro è suo diritto chiedere un aumento del mantenimento; se invece a perderlo è il genitore pagante questi potrà richiederne la diminuzione.
Altro caso per il quale è possibile ottenere una revisione dell’assegno di mantenimento è la formazione di un nuovo nucleo familiare, sia che questa avvenga da parte dell’obbligato sia dal percipiente. Di fatto il sopraggiungere di un nuovo partner e/o nuovi figli possono portare ad un aumento o una diminuzione delle possibilità economiche da ambo le parti.
A rendere sicuramente necessaria la revisione del mantenimento è il mutamento delle esigenze del figlio, le quali sono strettamente legate alla crescita e allo sviluppo della sua personalità. Il genitore obbligato è tenuto a pagare l’incremento del contributo di mantenimento, a condizione che l’ammontare sia nelle sue disponibilità economiche.
L’assegno di mantenimento vede la sua cessazione con l’ottenimento dell’indipendenza da parte del figlio.
Quando si parla di figli nati fuori dal matrimonio, è importante comprendere la regolamentazione che li riguarda. In passato, i figli nati al di fuori di un matrimonio legale non avevano gli stessi diritti e protezioni di quelli nati all’interno di un matrimonio. Tuttavia, nel corso degli anni, le leggi sono cambiate per garantire che tutti i figli abbiano pari diritti, indipendentemente dallo status matrimoniale dei genitori. Questo articolo esplorerà la regolamentazione dei figli nati fuori dal matrimonio e fornirà una panoramica completa della situazione attuale.
Il primo aspetto da considerare riguarda il riconoscimento della paternità per i figli nati fuori dal matrimonio. Secondo le leggi italiane, un padre può riconoscere legalmente il proprio figlio anche se non è sposato con la madre. Il riconoscimento della paternità può avvenire in diversi modi, inclusa la dichiarazione di paternità presso l’ufficio di stato civile o tramite un atto notarile. È importante sottolineare che il riconoscimento della paternità garantisce al bambino gli stessi diritti e doveri di un figlio nato all’interno di un matrimonio.
Un altro aspetto cruciale riguarda l’autorità genitoriale per i figli nati fuori dal matrimonio. L’autorità genitoriale è il diritto e il dovere di prendersi cura del bambino, comprese le decisioni riguardanti la sua educazione, salute e benessere. In base alle leggi italiane, i genitori non sposati hanno gli stessi diritti e doveri di quelli sposati riguardo all’autorità genitoriale. Ciò significa che entrambi i genitori hanno il diritto di prendere decisioni importanti per il figlio e di partecipare alla sua crescita e sviluppo.
Un altro aspetto che merita attenzione è la questione degli alimenti per i figli nati fuori dal matrimonio. Gli alimenti sono i contributi finanziari che un genitore deve fornire per il sostentamento del figlio. Secondo la legge italiana, sia la madre che il padre hanno l’obbligo di fornire gli alimenti per il figlio, indipendentemente dallo status matrimoniale. Il contributo finanziario viene determinato sulla base delle esigenze del bambino e delle possibilità economiche dei genitori.
Lo Studio di consulenza legale Tosi si occupa delle materie dell’affidamento figli ed in genere del diritto di famiglia.
L’esperienza in materia di affidamento figli è più che ventennale.
Per qualsiasi altra domanda l’avvocato Chiara Tosi e il suo studio legale rimangono a disposizione. Clicca sul bottone qui vicino per scriverci un messaggio.
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